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Come hai scoperto la tua passione per l’arte?
A dieci anni ho ricevuto in regalo la mia prima macchina fotografica, una Olympus XA, ed è proprio tramite la fotografia che mi sono avvicinato all’arte. Da fotografo amatore, dopo aver conseguito alcuni premi nei classici concorsi organizzati da circoli fotografici, ho sentito la necessità di andare oltre nello studio della materia fotografica. Per l’interpretazione che volevo dare alla fotografia, ovvero un medium artistico, ho optato di seguire la via accademica. Così è giunto il momento di materializzare idee e sensazioni con la possibilità di esprimermi, al posto della parola che non è il mio forte, attraverso l’arte visiva. Da lì in poi è stata una continua evoluzione dell’uso della tecnica fotografica, influenzata stilisticamente da movimenti artistici quali dadaismo, futurismo e surrealismo e contaminata dalle varie tecniche studiate che, nel mio eclettismo, mi ha portato ad elaborare quelle intersezioni tra il mondo digitale e l’eredità tecnica del passato sino a giungere al “Digital Reverse”, argomento di tesi, tecnica tramite la quale un’immagine fotografica digitale ripercorre a ritroso la storia della fotografia. Nel frattempo la mia ricerca è approdata al pitto-transfer-foto-collage coadiuvato anche dall’I.A., a mio avviso ho finalmente trovato il perfetto equilibrio tra impulso e pensiero.
Ci sono stati momenti o persone particolari che hanno influenzato il tuo percorso?
Certamente, dalle esperienze e dal vissuto quotidiano, dall’aver potuto conoscere e frequentare varie persone appartenenti a diversi ceti sociali, culturali ed etnici, a certi viaggi, all’interazione con alcune persone a me care, mia moglie in primis, oltre che al rapporto con alcuni insegnanti e artisti.. Tengo a precisare che ho avuto una pausa di dieci anni dal 2011 al 2021, causata in parte da una sorta di delusione dal mondo dell’arte in parte da impegni familiari oltre alla sensazione di non aver più niente da dire ma poi è riscattato in me quell’impulso necessario, per rientrare nel giro, dando ragione a chi mi conosce bene e non ha mai creduto al mio abbandono.
Ci sono temi o concetti ricorrenti che esplori attraverso la tua arte?
La natura e il rapporto con essa, anche se talvolta non esplicitamente visibile nelle mie opere, è sicuramente un tema a me caro. Una natura talvolta celata graficamente dal concetto di farne parte, con le sue regole, i suoi rapporti e la sua maestosità, vivendola come punto di riferimento e una difesa personale contro tutto ciò che non ne fa parte. Nelle opere più recenti sto raccontando la mia visione sulla società del presente e prossimo futuro, con una sorta di disagio dando una soluzione appunto naturale. Nel mio “primo periodo” ero più esploratore di concetti spirituali o rapporti tra essere e materia un’arte forse più introspettiva, attualmente invece “rivesto” più gli abiti dell’artista critico che basa il suo lavoro sugli eventi della comune quotidianità, un’arte più da manifesto socio-politico inserendomi ultimamente anche se marginalmente nella street art. Mi piace fare ciò che sento di fare, quello che voglio fare, perché per me l’arte è questo: essere liberi nell’espressione e divertirsi nell’esserlo e nel farlo.
Cosa ti ispira maggiormente?
Come detto l’ispirazione varia a seconda dei tempi e degli stati d’animo ma attualmente gli eventi che stiamo vivendo nel mezzo della “quarta rivoluzione industriale” sono al centro del mio lavoro. Nella prima fase ero ispirato più dal ruolo spirituale dell’arte ora sono più concentrato sul ruolo critico dell’arte stessa sulla proposizione di un’alternativa socio-politica. Da qui l’idea di portare il mio lavoro anche per strada come manifesti e manifestazioni, abbracciando l’idea di arte per tutti, popolare e fuori dagli spazi canonici.
Come pensi che il contesto culturale e sociale in cui vivi influenzi il tuo lavoro artistico?
Il fatto di lavorare in un contesto completamente in antitesi con quello dell’arte ha sicuramente una forte influenza non tanto sulle tematiche quanto piuttosto sul tempo e sulla modalità da dedicare all’arte. Essere impegnato otto ore al giorno in altra attività e riuscire a fare quello che faccio non è per niente facile, vivo due vite parallele e questo è possibile solamente grazie alla passione e alla disciplina, nell’andare oltre al sacrificio, consapevole che mi fa stare bene e mi appaga con la speranza di trasmettere anche allo spettatore qualcosa di utile.
Puoi raccontarci di un progetto o di un’opera a cui tieni particolarmente e spiegarci il motivo?
Il progetto a cui tengo molto e che ho sviluppato in parte è basato sull’intervento artistico sul riciclo del marmo di scarto. Nel 2005 partecipai a dei festival d’arte, con delle fotografie stampate su marmo, a Carrara e a Torano, adesso sarei interessato a poter tornare sul territorio ma utilizzando i blocchi di marmo abbandonati. L’opera a cui tengo particolarmente è invece quella nel cassetto, anzi nell’armadio!!! E’ l’ultima del primo periodo quella la cui mancata esposizione ha sancito la fine della mia prima fase, 600 polaroid 600 raffigurante il “supremo” ovvero il cielo… non ho ancora avuto la giusta occasione per esporla al momento ma dopo 10 anni da quando la terminai, il lavoro è durato circa 4 anni (2006-2010), direi che ora più di prima sarebbe davvero importante mostrarla poiché nel frattempo il cielo è cambiato e le persone mi sembrano sempre più orientate a guardare per terra.
In che modo l’interazione con il pubblico influisce sulla tua pratica artistica?
Mi motiva ad andare avanti e fare sempre meglio, mi fa individuare dove e come devo crescere. Mi fa piacere il confronto, la spiegazione dell’opera e la visione dello spettatore che talvolta spazia oltre la mia, arricchendo talvolta di significato il lavoro stesso. Ma è normale che ogni spettatore sia influenzato dalla propria cultura quando osserva un’opera. Mi piacciono molto le mostre perché’ si respira sempre un’aria che definirei di crescita.
Ti capita di modificare il tuo lavoro in risposta ai feedback che ricevi?
Modificare no ma ascolto sempre consigli da chi ritengo competente per migliorarmi.
Cosa pensi della commercializzazione dell’arte contemporanea?
Penso che ci sono vari modi e vari mondi. Per l’artista o per alcuni è diventata l’attività principale alla quale dedicarsi per promuovere il proprio lavoro. Io purtroppo o per fortuna sono più portato per fare e comunque ho sempre sostenuto che se i complimenti fossero monetizzabili sarei milionario!! Bisogna trovare il canale giusto e oggi le possibilità sono sicuramente maggiori rispetto al passato ma niente è garantito. Il mio obiettivo è arrivare ad essere seguito da qualcuno competente che creda fortemente nel mio lavoro.
Pensi che possa compromettere l’integrità dell’opera o la sua funzione critica?
Sì per lo spettatore, no per l’artista che è comunque il solo a conoscere l’opera nella sua integrità.