28 ottobre 2024

Cindy Sherman, travestirsi per smascherare la realtà: la mostra al FOMU

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Nell’ambito delle celebrazioni di Ensor 2024, il FOMU di Anversa presenta un’ampia mostra dedicata a Cindy Sherman e ai suoi travestimenti, contro le convenzioni e gli stereotipi

Cindy Sherman mostra fOMU
Untitled #462, 2007/2008, Chromogenic color print © Cindy Sherman, Courtesy the artist and Hauser & Wirth

Da una parte, un maestro della pittura della fine del XIX secolo, universalmente noto per le sue composizioni bizzarre e satiriche, dove i volti delle persone sono spesso coperti da maschere carnevalesche e inquietanti. Dall’altra, una fotografa attiva dagli anni ’70 del Novecento a oggi e diventata essa stessa un’icona attraverso le sue opere in cui, abilmente camuffata, arriva a incarnare gli stereotipi della società contemporanea. È dunque una linea di travestimenti allucinati e incredibilmente realistici, in cui il sorriso può facilmente diventare un ghigno, quella che va da James Ensor a Cindy Sherman, un parallelismo inedito che potrà essere approfondito ad Anversa. Mentre in città continuano le celebrazioni dedicate ai 75 anni dalla morte del grande pittore, con le mostre al KMSKA e al Plantin Moretus che esplorano i vari aspetti della sua folgorante ricerca artistica, come il rapporto con l’Impressionismo o la produzione grafica, al FOMU è visitabile Anti-Fashion, la prima grande personale belga dell’artista americana.

Con oltre 100 opere dagli anni ’70 a oggi esposte su più piani, la mostra al FOMU offre un’ampia panoramica del lavoro di Cindy Sherman, includendo anche la serie Untitled Film Stills, una delle più conosciute, realizzata tra il 1977 e il 1980. In decine di fotografie in bianco e nero, l’artista assume le sembianze di personaggi femminili del cinema, dalla vampira alla casalinga solitaria, in messe in scena accuratamente preparate. Facendo riferimento ai film di Hollywood degli anni ’50 e ’60, a generi noir e di Serie B ma anche al cinema d’essai europeo, Sherman imita le foto di scena utilizzate per la promozione pubblicitaria. E proprio come un trailer, gli Untitled Film Stills non si rivelano pienamente ma giocano con la costruzione della suspense e del mistero.

Untitled Film Still #17, 1978, Gelatin silver print © Cindy Sherman, Courtesy the artist and Hauser & Wirth

Anche se Sherman usa solo se stessa come modella, non considera le sue fotografie come autoritratti. I personaggi sono basati sugli stereotipi della femminilità profondamente radicati nella cultura visiva e sono una fonte costante di aspettative e standard di bellezza soffocanti.

Le prime opere in mostra risalgono al 1975, quando Sherman inizia i suoi primissimi lavori artistici come studentessa alla Buffalo State Università. Lì, Sherman fa parte di un gruppo vivace di artisti che sperimentano liberamente tra performance, video e installazioni. Insieme fondano il centro per artisti Hallwalls, dove Sherman inizia a creare film e serie fotografiche.

A quel periodo risale il film Doll Clothes, in cui vediamo una piccola “bambola” ritagliata da pezzi di altre fotografie e modellata sulla stessa Sherman. Nell’opera, la bambola sceglie un vestito per sé, desiderosa di costruirsi un’identità ma una mano umana mette fine a questo tentativo, riponendo il vestito e la bambola in una confezione. Quindi, nell’estate del 1977, il trasferimento a New York, dove avviò la serie Untitled Film Stills, che l’avrebbe resa conosciutissima.

Untitled #414, 2003, Chromogenic color print © Cindy Sherman, Courtesy the artist and Hauser & Wirth

La mostra al FOMU si focalizza in particolare sullo stretto dialogo tra Cindy Sherman e il settore della moda, un tema ricorrente nella sua ricerca e sempre più approfondito nel corso del tempo. Negli anni ’80 iniziano le collaborazioni con i brand e le riviste di settore, con immagini che sembrano andare oltre i canoni di bellezza costruiti a tavolino. Le sue fotografie non sono glamour o eleganti, sfidando invece le aspettative sociali e culturali riguardo il genere, la bellezza e l’età.

Trasformandosi ogni volta, Sherman sottopone i modelli visivi dominanti a un’indagine critica, sempre al passo con lo zeitgeist e sorprendendo continuamente l’osservatore con i suoi personaggi che, in fondo, non sono altro che il nostro riflesso.

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