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Cosa significa verde urbano, realmente? Sembrerebbe un ossimoro e in effetti lo è e questa figura retorica ambigua agisce nella profondità della nostra concezione degli spazi e delle specie animate e inanimate che li popolano e li attraversano. Su questo ambito scivoloso del linguaggio, che determina molte prospettive della nostra esistenza, è incentrata Il paesaggio non è verde, mostra collettiva in apertura il 9 novembre al SAC – Spazio Arte Contemporanea di Livorno. Visitabile fino al 23 novembre, l’esposizione presenta le opere delle quattro artiste vincitrici del Premio SAC, uno dei riconoscimenti speciali del Combat Prize 2024: Melissa Arena, Asya Dell’Omodarme, Teresa Satta, Giulia Vanelli. Il progetto, a cura di Bianca Basile, è organizzato dall’Associazione Blob Art ETS, in collaborazione con il Comune di Livorno, Fondazione Livorno e la Regione Toscana, nell’ambito di Toscanaincontemporanea2024.
Il titolo della mostra propone una riflessione sulla complessità del termine “verde urbano”, sfidando l’idea che i paesaggi cittadini possano essere ridotti a una sola tinta. Come rileva Annalisa Metta nel suo saggio Il paesaggio è un mostro, l’espressione “verde urbano” si è affermata in tempi relativamente recenti, omologando una pluralità di elementi vitali e non, come animali, vegetali, minerali e corpi d’acqua, che insieme definiscono i luoghi in cui viviamo. Ogni paesaggio è un universo di relazioni, una trama fatta di soggettività e memorie individuali.
La collettiva mira a esplorare proprio questa complessità, mettendo in dialogo le opere delle quattro artiste. Attraverso una molteplicità di linguaggi visivi e concettuali, la mostra ci invita a oltrepassare l’idea del paesaggio come sfondo “naturale” e ad abbracciare la sua natura ibrida e profondamente umana.
Il progetto coinvolge, inoltre, il pubblico più giovane in due workshop, pensati come esperienze laboratoriali che mettono al centro l’interazione tra l’essere umano e il paesaggio. Nel primo incontro, Tracce – Ossidazioni tra pittura e fotografia, programmato nella mattina del 15 novembre, le artiste Melissa Arena e Asya Dell’Omodarme guideranno i partecipanti in un’esperienza di creazione in cui i materiali del paesaggio urbano diventano gli strumenti dell’opera. Attraverso l’ossidazione, una tecnica off-camera che impiega gli acidi di sviluppo su carta fotografica, ogni elemento naturale o artificiale porterà tracce uniche. Come una metamorfosi, il processo crea immagini che non sono né pura pittura né fotografia, ma qualcosa di ambiguo e sfumato, esattamente come i paesaggi che popolano le nostre città.
Nel secondo workshop, Attraversare il paesaggio, che si terrà la mattina del 22 novembre, Giulia Vanelli e Teresa Satta accompagneranno i partecipanti in una riflessione collettiva sulle piante che caratterizzano i percorsi quotidiani urbani. Ognuno porterà una parte di pianta scelta per il proprio significato personale e affettivo, un modo per riconnettersi con i luoghi vissuti e intrecciare le proprie storie con quelle degli altri. Attraverso collage, disegni e brevi testi, questo incontro culminerà in una fanzine collettiva, una sorta di “erbario urbano” dove ogni esemplare botanico racconta, insieme, la storia di chi lo ha scelto e del paesaggio che abita.
Il paesaggio non è verde ci apre una dimensione polifonica, dove le sfumature del paesaggio urbano riflettono la ricchezza delle nostre percezioni e delle nostre esperienze emotive. È un invito a riconoscere il paesaggio come uno specchio in cui convivono storia personale e cultura collettiva, una fusione in continuo divenire tra natura e urbanità.