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Ma come si diventa artisti in Italia? Il caso “Extra Ordinario”: dove l’arte contemporanea trova libera espressione
Mostre
In un panorama artistico italiano spesso messo alla prova dalla precarietà e dalla competizione, Extra Ordinario rappresenta un esempio rilevante di come l’arte contemporanea possa trovare libera espressione. Organizzato in collaborazione con Vulcano Agency, il workshop estivo dell’Atelier F dell’Accademia di Belle Arti di Venezia giunge alla sua quinta edizione. Nata come risposta alla chiusura degli spazi di lavoro per gli artisti durante la pandemia, l’iniziativa si è evoluta in un progetto istituzionale che ha riqualificato il complesso industriale del Padiglione Antares a Marghera, offrendo ai giovani artisti una dimensione entro cui poter sviluppare la propria poetica creativa.
Sotto la curatela di Daniele Capra, Nico Covre e dei docenti Carlo Di Raco e Martino Scavezzon, il laboratorio si è distinto negli anni come trampolino di lancio per le nuove promesse dell’arte contemporanea italiana, creando un dialogo tra artisti emergenti e affermati. La presenza di ex allievi che tornano ogni anno per affiancare i più giovani ha facilitato un turbinio continuo di idee e tecniche, in una dinamica di crescita condivisa.
Nel corso delle edizioni, Extra Ordinario si è dimostrato una vera fucina di talenti. Artisti come Chiara Calore, Francesco Cima, Daria Dmytrenko, Jingge Dong, Giulio Malinverni, Chiara Peručh, Paolo Pretolani, Adelisa Selimbašić e Marta Spagnoli, oggi stanno ottenendo importanti riconoscimenti grazie al metodo di lavoro e agli stimoli appresi durante questa esperienza.
Ma cosa significa davvero partecipare a Extra Ordinario? «Il progetto è importante perché spinge gli artisti a lavorare su loro stessi in maniera quasi ossessiva, ricercando i propri soggetti o il proprio approccio, il proprio linguaggio e i propri temi», spiega il curatore Daniele Capra. «È attraverso il metodo di lavoro e il confronto coi colleghi che viene portata avanti una pratica di scavo interiore che fa passare in secondo luogo ogni distrazione o rumore del mondo».
L’Atelier F è noto per essere un ambiente di sperimentazione libero da vincoli accademici tradizionali. Qui, i partecipanti hanno la possibilità di esplorare formati monumentali, come tele di grandi dimensioni che difficilmente trovano spazio nei percorsi accademici. Gli artisti sono esortati a re-immaginare il proprio metodo di lavoro, modificando gestualità, tempi e prospettive. Questo aspetto del laboratorio consente agli studenti di sfidare i propri limiti tecnici e concettuali, scoprendo nuove modalità espressive, come l’approccio scultoreo che quest’anno si affianca alla pratica pittorica.
Non si parla di scuola stilistica, ma di un vero e proprio campionario, frutto della contaminazione su un piano orizzontale. I partecipanti sviluppano così un senso di responsabilità rispetto al proprio lavoro. «Tutto quello che viviamo durante l’anno in Accademia trova la sua dimensione reale dove riusciamo a prenderci il giusto spazio e il giusto stimolo», afferma Jacopo Zambello, uno degli artisti di questa edizione, il quale sottolinea come l’Accademia rappresenti uno spazio intimo per prepararsi al reale confronto del workshop, dove la propria ricerca si espande anche attraverso la condivisione.
Le opere presentate quest’anno rispecchiano una maggiore presenza di pratiche figurative e processuali: indagano l’identità, il corpo e le sue rappresentazioni, un fenomeno che secondo il curatore Daniele Capra è «dovuto alla presenza dei social network, che hanno in parte cambiato le percezioni della nostra identità corporea, rendendola più consapevole ma anche manipolabile». Utilizzando materiali e tecniche che ampliano i confini della pittura e della scultura tradizionale, questo brulicare di opere d’arte offre uno spaccato della complessità della contemporaneità.
Guardando al futuro, le sfide per questi giovani artisti includono la necessità di sviluppare «un lavoro serio, strutturato e realmente personale, lontano dalle mode e attento invece alle proprie istanze personali», dichiara Capra, sottolineando l’importanza di sapersi amministrare rispetto alle lusinghe del mercato e alle seduzioni della visibilità, senza perdere la propria autenticità. Il curatoreconclude con una metafora eloquente: «Essere un artista è come essere un maratoneta: è nel tempo che si misura il suo valore. Per un giovane artista Extra Ordinario è, come ha raccontato un giorno Thomas Braida, partecipare a una olimpiade. La prima tra tante».
Extra Ordinario non è solo una mostra, ma un perpetuo divenire creativo che evidenzia la rilevanza di spazi d’espressione per artisti emergenti nel panorama italiano. Iniziative come questa sono essenziali per garantire che le voci delle nuove generazioni vengano ascoltate e valorizzate, rafforzando così una comunità artistica dinamica. Una pubblicazione in programma racconterà questo percorso, consolidandone il valore come un punto di riferimento per l’arte contemporanea.