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Vito Chiarello – Antiche memorie
Ammirevole il lavoro di documentazione fotografica presentata dal fotografo salentino, ha rintracciato le architetture contadine, le pajare, nei luoghi in cui vive, nel Capo di Leuca, nell’ultima propaggine del Salento, in quelle terre-campagne che si affacciano tra due mari.
Comunicato stampa
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“Scenari” si campiona ad essere, in una città come Firenze, lo specchio di un’arte di frontiera, assolutamente in movimento, ipermoderna, ipertesa, ipercolta, mente e cuore, ma anche progetto e destino della comunicazione estetica. E’ con questo progetto, ideato e diretto dall’illustre Storico dell’Arte Moderna e Contemporanea Prof. Carlo Franza, figura di piano internazionale, che si vuole indicare e sorreggere l’arte nuova e, dunque, protagonisti e bandiere, bandendo ogni culto del transitorio per porgere a tutti il culto dell'eterno. Il terzo millennio che fa vivere i processi creativi in un clima di saccheggiamento della realtà, perchè il futuro è ora, fra rappresentazioni e interpretazioni, ci porta a cogliere il nuovo destino della bellezza. Con l'arte vogliamo aprire finestre sul mondo, con l'arte vogliamo aprire stagioni eroiche, con l'arte vogliamo inaugurare una nuova civiltà. Finestre sul mondo è un punto di partenza. Con “Scenari” si troveranno ad essere coinvolti, ogni volta, sei artisti con sei mostre personali. I sei di questo capitolo sono Biagio Battaglia, Andy Ceausu, Vito Chiarello, Alessandro Di Vicino Gaudio, Sergio Gimelli, Linda Grittini.
Scrive Carlo Franza nel testo: “Quando si percorrono le lunghe e calde strade del Sud Salento, contornate da ulivi secolari, è impossibile non accorgersi delle costruzioni di pietra curiosamente disseminate nelle campagne salentine. Si tratta delle pajare, conosciute anche con altri nomi quali furni, furnieddhri, chipuri, caseddhe, turri, liame e calavaci. Uno degli aspetti più affascinanti delle pajare è il loro perfetto inserimento nel paesaggio salentino. Queste costruzioni sembrano quasi emergere spontaneamente dalla terra, come se fossero state create dalla natura stessa. I contadini, infatti, utilizzavano le pietre raccolte durante la pulizia dei campi per edificare le pajare, contribuendo così a modellare il territorio in modo sostenibile e armonioso. La storia di questo tipo di abitazione è abbastanza incerta ed in alcuni casi controversa; la loro origine è sicuramente molto antica e sarebbe databile al 1.000 d.C. pur se altri spinge ancora più indietro nel tempo la datazione, arrivando ad ipotizzare la presenza nel Salento delle pajare sin dal 2.000 a.C. Una cosa è certa, che le pajare sono delle abitazioni che sono a pieno titolo parte del paesaggio, e costituiscono un’ulteriore nota architettonica del territorio. I contadini salentini le usavano come un luogo in cui trascorrere dei periodi di riposo dopo aver lavorato nei campi, oppure come un rifugio in caso di temporali od acquazzoni improvvisi. In altri casi, specialmente in estate, le pajare potevano anche fungere da abitazione proprio per poter restare vicino ai campi e agli allevamenti di bestiame da controllare. Le pajare sono caratterizzate da una pianta circolare o quadrangolare e da muri spessi completamente in pietra, che permettono di mantenere una temperatura fresca all’interno durante i caldi mesi estivi e di offrire un riparo sicuro in caso di pioggia. Quelle costruite più recentemente dispongono anche di scale a chiocciola, lungo tutta la
circonferenza della pajara per arrivare fin sopra il tetto; in questo modo, i contadini potevano controllare dall’alto tutto il campo circostante. La maggior parte delle pajare erano infatti costruite e posizionate al centro del terreno. Le strutture, seppur antiche, erano state progettate per resistere al tempo e agli agenti atmosferici, rendendo queste costruzioni quasi indistruttibili. Oltre a servire da rifugio, le pajare venivano spesso utilizzate per la conservazione degli attrezzi agricoli, come deposito di raccolti, paglia o come stalle per gli animali. Il loro nome, “pajare”, deriva dal termine in dialetto salentino “paja”, che significa “paglia”; esse infatti erano originariamente utilizzate come depositi per la paglia. Negli ultimi anni, le pajare sono state oggetto di un rinnovato interesse. Molti proprietari terrieri e appassionati di architettura rurale hanno iniziato a restaurarle e a valorizzarle, riconoscendone il valore storico e culturale. Le pajare salentine rappresentano un patrimonio unico e prezioso, simbolo di una tradizione millenaria che merita di essere conosciuta e preservata. Ogni pietra, ogni curva di queste costruzioni racconta una storia di fatica, ingegno e amore per la propria terra. Visitare il Salento significa anche riscoprire queste meraviglie architettoniche, lasciarsi affascinare dalla loro semplicità e dalla loro straordinaria capacità di raccontare un passato che ancora oggi vive tra gli ulivi e i muretti a secco. Ammirevole il lavoro di documentazione fotografica fatta da Vito Chiarello, ha rintracciato queste architetture contadine, le pajare, nei luoghi in cui vive, nel Capo di Leuca, nell’ultima propaggine del Salento, in quelle terre-campagne che si affacciano tra due mari; architetture contadine che ha ritratto tra Novaglie e Ponte Ciolo, tra Ponte Ciolo e Santa Maria di Leuca, tra Alessano e Specchia-Chiesa del Crocifisso, tra Novaglie e Santa Maria di Leuca, tra Gagliano e Novaglie, a Salve, a Patù località Pozzo Volito. Scatti fotografici capaci di svelarci appieno la civiltà contadina che quelle terre hanno vissuto, una geografia dell’arte unica, preziosa, indimenticabile, memoriale.”
Biografia dell’artista
Vito Chiarello è nato a Corsano (Le) nel 1957, dove qui vive e lavora. Dopo aver conseguito il diploma all’Istituto Professionale di Casarano, parallelamente al lavoro artigiano porta avanti la sua passione per la fotografia, arricchendo il suo archivio personale con immagini che documentano fatti ed eventi corsanesi. E’ stato anche guida turistica specie nell’esplorazione degli ipogei corsanesi. Ha sempre avuto interesse per i paesaggi salentini del Capo di Leuca, che ha ritratto con scatti indimenticabili e che toccano anche spunti interessanti per la geografia dell’arte. Suo il libro con foto storiche che ha titolato “Corsanesi a scuola 1900-1970”. Nel 2022 ancora due testi fotografici, il primo volume dal titolo “Costruzioni rurali nell’agro gaglianese”, e successivamente un secondo titolo “Corsanesi nelle terre del tabacco 1950-1980”. La ricerca fotografica, come da lui stesso affermato, “porta il timbro della sua grande passione per la fotografia”. Nel 2024 è l’illustre Storico dell’Arte Contemporanea Prof. Carlo Franza ad invitarlo nel Progetto “Scenari” con una mostra personale dal titolo “Antiche memorie” al Plus Florence di Firenze. Di lui ha scritto il Prof. Carlo Franza, storico dell’arte, critico e opinionista de “Il Giornale”.
Biografia del curatore
Carlo Franza è uno Storico dell’Arte Moderna e Contemporanea, italiano. E’ vissuto dal 1959 al 1980 a Roma dove ha studiato e conseguito tre lauree all’Università Statale La Sapienza (Lettere, Sociologia e Filosofia); dal 1980 è a Milano dove tuttora risiede. Allievo e Assistente Ordinario di Giulio Carlo Argan all’Università La Sapienza di Roma. Professore Straordinario di Storia dell’Arte Moderna e Contemporanea, Ordinario di Lingua e Letteratura Italiana. Visiting Professor nell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, nell’Università della Slesia e in altre numerose Università Estere (Università della Slesia, Università di New York). Docente nell’ Executive Master “Diplomatic, Economic and Strategic Perspectives in Global Scenarios” alla School of Management dell’Università LUM nella Villa Clerici sede del Campus di Milano, Docente nel Master di Fotografia (ARD&NT Institute di Milano - Accademia di Belle Arti di Brera e Politecnico di Milano) dell’Accademia di Brera e Politecnico di Milano e nel Master Universitario in Management dei Beni Culturali allo Ied di Milano. E' Consulente Tecnico del Tribunale di Milano per l'Arte Moderna e Contemporanea. E’ stato indicato dal “Times” fra i dieci critici d’arte più importanti d’Europa. Giornalista, Critico d’Arte dal 1974 a “Il Giornale” di Indro Montanelli, poi a “Libero” fondato da Vittorio Feltri. Nel 2012 riprende sul quotidiano “Il Giornale” la collaborazione giornalistica come opinionista, unitamente alla sua Rubrica “Scenari dell'arte”, divenendone una delle Firme più lette. Ha al suo attivo decine di libri fondamentali e migliaia di pubblicazioni e cataloghi con presentazioni di mostre. Si è interessato dei più importanti artisti del mondo dei quali ne ha curato prestigiosissime mostre. Dal 2001 al 2007 è stato Consulente del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. E’ fondatore e direttore del Mimac della Fondazione Don Tonino Bello. Fa parte del Comitato Scientifico di importanti Archivi per l’Arte (Archivio Arturo Vermi- Milano, ecc.). Dal 2022 è nel Comitato di indirizzo della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi presso l’Università di Milano. Ha vinto per il Giornalismo e la Critica d’Arte il Premio Cortina nel 1994, il Premio Saint Vincent nel 1995, il Premio Bormio nel 1996, il Premio Milano nel 1998, il Premio delle Arti Premio della Cultura nel 2000 (del quale è oggi Presidente di Giuria) e il Premio Città di Tricase nel 2008. Nel 2013 ha vinto il Premio “Berlino” per il Giornalismo e la Critica d'Arte. Nel 2016 ha vinto a Roma-Sala Vanvitelliana il Premio ARTECOM-onlus per il Giornalismo, la Docenza Universitaria e la Critica d’Arte. Nell’ottobre 2020 gli viene assegnato a Roma nella Biblioteca Vallicelliana il Premio Artecom-onlus come Protagonista della Cultura 2020.
Scrive Carlo Franza nel testo: “Quando si percorrono le lunghe e calde strade del Sud Salento, contornate da ulivi secolari, è impossibile non accorgersi delle costruzioni di pietra curiosamente disseminate nelle campagne salentine. Si tratta delle pajare, conosciute anche con altri nomi quali furni, furnieddhri, chipuri, caseddhe, turri, liame e calavaci. Uno degli aspetti più affascinanti delle pajare è il loro perfetto inserimento nel paesaggio salentino. Queste costruzioni sembrano quasi emergere spontaneamente dalla terra, come se fossero state create dalla natura stessa. I contadini, infatti, utilizzavano le pietre raccolte durante la pulizia dei campi per edificare le pajare, contribuendo così a modellare il territorio in modo sostenibile e armonioso. La storia di questo tipo di abitazione è abbastanza incerta ed in alcuni casi controversa; la loro origine è sicuramente molto antica e sarebbe databile al 1.000 d.C. pur se altri spinge ancora più indietro nel tempo la datazione, arrivando ad ipotizzare la presenza nel Salento delle pajare sin dal 2.000 a.C. Una cosa è certa, che le pajare sono delle abitazioni che sono a pieno titolo parte del paesaggio, e costituiscono un’ulteriore nota architettonica del territorio. I contadini salentini le usavano come un luogo in cui trascorrere dei periodi di riposo dopo aver lavorato nei campi, oppure come un rifugio in caso di temporali od acquazzoni improvvisi. In altri casi, specialmente in estate, le pajare potevano anche fungere da abitazione proprio per poter restare vicino ai campi e agli allevamenti di bestiame da controllare. Le pajare sono caratterizzate da una pianta circolare o quadrangolare e da muri spessi completamente in pietra, che permettono di mantenere una temperatura fresca all’interno durante i caldi mesi estivi e di offrire un riparo sicuro in caso di pioggia. Quelle costruite più recentemente dispongono anche di scale a chiocciola, lungo tutta la
circonferenza della pajara per arrivare fin sopra il tetto; in questo modo, i contadini potevano controllare dall’alto tutto il campo circostante. La maggior parte delle pajare erano infatti costruite e posizionate al centro del terreno. Le strutture, seppur antiche, erano state progettate per resistere al tempo e agli agenti atmosferici, rendendo queste costruzioni quasi indistruttibili. Oltre a servire da rifugio, le pajare venivano spesso utilizzate per la conservazione degli attrezzi agricoli, come deposito di raccolti, paglia o come stalle per gli animali. Il loro nome, “pajare”, deriva dal termine in dialetto salentino “paja”, che significa “paglia”; esse infatti erano originariamente utilizzate come depositi per la paglia. Negli ultimi anni, le pajare sono state oggetto di un rinnovato interesse. Molti proprietari terrieri e appassionati di architettura rurale hanno iniziato a restaurarle e a valorizzarle, riconoscendone il valore storico e culturale. Le pajare salentine rappresentano un patrimonio unico e prezioso, simbolo di una tradizione millenaria che merita di essere conosciuta e preservata. Ogni pietra, ogni curva di queste costruzioni racconta una storia di fatica, ingegno e amore per la propria terra. Visitare il Salento significa anche riscoprire queste meraviglie architettoniche, lasciarsi affascinare dalla loro semplicità e dalla loro straordinaria capacità di raccontare un passato che ancora oggi vive tra gli ulivi e i muretti a secco. Ammirevole il lavoro di documentazione fotografica fatta da Vito Chiarello, ha rintracciato queste architetture contadine, le pajare, nei luoghi in cui vive, nel Capo di Leuca, nell’ultima propaggine del Salento, in quelle terre-campagne che si affacciano tra due mari; architetture contadine che ha ritratto tra Novaglie e Ponte Ciolo, tra Ponte Ciolo e Santa Maria di Leuca, tra Alessano e Specchia-Chiesa del Crocifisso, tra Novaglie e Santa Maria di Leuca, tra Gagliano e Novaglie, a Salve, a Patù località Pozzo Volito. Scatti fotografici capaci di svelarci appieno la civiltà contadina che quelle terre hanno vissuto, una geografia dell’arte unica, preziosa, indimenticabile, memoriale.”
Biografia dell’artista
Vito Chiarello è nato a Corsano (Le) nel 1957, dove qui vive e lavora. Dopo aver conseguito il diploma all’Istituto Professionale di Casarano, parallelamente al lavoro artigiano porta avanti la sua passione per la fotografia, arricchendo il suo archivio personale con immagini che documentano fatti ed eventi corsanesi. E’ stato anche guida turistica specie nell’esplorazione degli ipogei corsanesi. Ha sempre avuto interesse per i paesaggi salentini del Capo di Leuca, che ha ritratto con scatti indimenticabili e che toccano anche spunti interessanti per la geografia dell’arte. Suo il libro con foto storiche che ha titolato “Corsanesi a scuola 1900-1970”. Nel 2022 ancora due testi fotografici, il primo volume dal titolo “Costruzioni rurali nell’agro gaglianese”, e successivamente un secondo titolo “Corsanesi nelle terre del tabacco 1950-1980”. La ricerca fotografica, come da lui stesso affermato, “porta il timbro della sua grande passione per la fotografia”. Nel 2024 è l’illustre Storico dell’Arte Contemporanea Prof. Carlo Franza ad invitarlo nel Progetto “Scenari” con una mostra personale dal titolo “Antiche memorie” al Plus Florence di Firenze. Di lui ha scritto il Prof. Carlo Franza, storico dell’arte, critico e opinionista de “Il Giornale”.
Biografia del curatore
Carlo Franza è uno Storico dell’Arte Moderna e Contemporanea, italiano. E’ vissuto dal 1959 al 1980 a Roma dove ha studiato e conseguito tre lauree all’Università Statale La Sapienza (Lettere, Sociologia e Filosofia); dal 1980 è a Milano dove tuttora risiede. Allievo e Assistente Ordinario di Giulio Carlo Argan all’Università La Sapienza di Roma. Professore Straordinario di Storia dell’Arte Moderna e Contemporanea, Ordinario di Lingua e Letteratura Italiana. Visiting Professor nell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, nell’Università della Slesia e in altre numerose Università Estere (Università della Slesia, Università di New York). Docente nell’ Executive Master “Diplomatic, Economic and Strategic Perspectives in Global Scenarios” alla School of Management dell’Università LUM nella Villa Clerici sede del Campus di Milano, Docente nel Master di Fotografia (ARD&NT Institute di Milano - Accademia di Belle Arti di Brera e Politecnico di Milano) dell’Accademia di Brera e Politecnico di Milano e nel Master Universitario in Management dei Beni Culturali allo Ied di Milano. E' Consulente Tecnico del Tribunale di Milano per l'Arte Moderna e Contemporanea. E’ stato indicato dal “Times” fra i dieci critici d’arte più importanti d’Europa. Giornalista, Critico d’Arte dal 1974 a “Il Giornale” di Indro Montanelli, poi a “Libero” fondato da Vittorio Feltri. Nel 2012 riprende sul quotidiano “Il Giornale” la collaborazione giornalistica come opinionista, unitamente alla sua Rubrica “Scenari dell'arte”, divenendone una delle Firme più lette. Ha al suo attivo decine di libri fondamentali e migliaia di pubblicazioni e cataloghi con presentazioni di mostre. Si è interessato dei più importanti artisti del mondo dei quali ne ha curato prestigiosissime mostre. Dal 2001 al 2007 è stato Consulente del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. E’ fondatore e direttore del Mimac della Fondazione Don Tonino Bello. Fa parte del Comitato Scientifico di importanti Archivi per l’Arte (Archivio Arturo Vermi- Milano, ecc.). Dal 2022 è nel Comitato di indirizzo della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi presso l’Università di Milano. Ha vinto per il Giornalismo e la Critica d’Arte il Premio Cortina nel 1994, il Premio Saint Vincent nel 1995, il Premio Bormio nel 1996, il Premio Milano nel 1998, il Premio delle Arti Premio della Cultura nel 2000 (del quale è oggi Presidente di Giuria) e il Premio Città di Tricase nel 2008. Nel 2013 ha vinto il Premio “Berlino” per il Giornalismo e la Critica d'Arte. Nel 2016 ha vinto a Roma-Sala Vanvitelliana il Premio ARTECOM-onlus per il Giornalismo, la Docenza Universitaria e la Critica d’Arte. Nell’ottobre 2020 gli viene assegnato a Roma nella Biblioteca Vallicelliana il Premio Artecom-onlus come Protagonista della Cultura 2020.
23
novembre 2024
Vito Chiarello – Antiche memorie
Dal 23 novembre 2024 al 10 aprile 2025
fotografia
Location
PLUS FLORENCE
Firenze, Via Santa Caterina D'alessandria, 15, (Firenze)
Firenze, Via Santa Caterina D'alessandria, 15, (Firenze)
Orario di apertura
Da lunedì a domenica su appuntamento
Vernissage
23 Novembre 2024, Ore 18.00
Autore
Curatore
Autore testo critico
Progetto grafico
Patrocini
Incantevole paesaggio salentino!