15 novembre 2000

Dal 21.IX.2000 al 16.XII.2000 I Dandolo e il loro ambiente. Dall’epopea rivoluzionaria allo stato unitario Adro, Palazzo Bargnani Dandolo

 
La mostra si presenta come l'ideale chiusura delle manifestazioni organizzate nel corso del 1999 per celebrare il 150° anniversario della morte di Enrico Dandolo - caduto il 3 giugno 1849, durante la difesa della Repubblica Romana...

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L’esposizione ripercorre in ordine cronologico, attraverso dipinti, disegni, miniature, sculture, incisioni, fotografie e volumi a stampa, le vicende della patriottica famiglia in un arco temporale di circa un secolo: dall’età rivoluzionaria e napoleonica, che vide protagonisti gli avi di Enrico, Vincenzo Dandolo e Cesare Bargnani, agli inizi del ‘900, quando la contessa Ermellina Maselli Dandolo legò al Comune di Adro l’avito palazzo, oggi sede municipale, con la clausola che vi fossero conservati i ritratti di famiglia.
Le opere ancor oggi conservate ad Adro sono state integrate principalmente con materiali legati dalla contessa Ermellina al Museo del Risorgimento di Milano ed al Comune di Brescia, ma anche con molte altre opere conservate in collezioni pubbliche e private.
La mostra, introdotta dalla quadreria Bargnani, consistente in 24 ritratti, datati tra la fine del Cinquecento ed il primo Settecento, si articola in quattro sezioni che si succedono negli ambienti del piano nobile del restaurato palazzo Bargnani Dandolo:
L’età rivoluzionaria e napoleonica
Cesare Bargnani e Vincenzo Dandolo
Cesare Bargnani (Brescia, 1757 – 1825) e Vincenzo Dandolo (Venezia, 1758 – Varese, 1819), vissero tra Sette e Ottocento esperienze politiche molto simili: dalle vicende rivoluzionarie del Triennio giacobino (1797-99) – che li videro partecipare ai governi provvisori delle rispettive città, Brescia e Venezia, e quindi, assieme, a Milano, al Consiglio degli Juniori della Repubblica Cisalpina – agli importanti incarichi ufficiali negli anni del Regno Italico (1805-1814) ricevuti da Napoleone (Vincenzo Dandolo fu nominato Provveditore Generale della Dalmazia, Cesare Bargnani, invece, Direttore Generale delle Dogane), che in riconoscimento dei loro servigi li insignì del titolo di Conte dell’Impero. Il rapporto d’amicizia e di stima che legava i due uomini, cementato, oltre che dalle comuni scelte politiche, anche dall’interesse per il progresso dell’agricoltura, dell’enologia e della bachicoltura, sarà coronato, dopo la loro morte, dal matrimonio dei figli, Giulietta Bargnani e Tullio Dandolo.
Restaurazione e fermenti insurrezionali
Tullio Dandolo e Giulietta Bargnani
Tullio Dandolo (Varese, 1801 – Urbino, 1870), e Giulietta Pagani (Adro, 1806 – Padova, 1835), figlia adottiva ed erede universale del conte Cesare Bargnani, si unirono in matrimonio a Brescia nel 1826. Tullio e Giulietta trascorsero nove anni felici di vita comune tra Adro, Varese e Padova, intessendo rapporti d’amicizia con personalità del mondo della cultura e dell’arte quali i pittori Giuseppe ed Ernesta Bisi, l’architetto Giuseppe Jappelli, gli scrittori Luigi Carrer, Vincenzo De Castro, Giambattista e Giunio Bazzoni, lo storico Lodovico Menin, il pedagogista Giuseppe Bernardi, i chirurghi Giacomo Andrea Giacomini e Bartolomeo Signoroni, il cantante Ignazio Marini etc. Tornato alla fede con l’aiuto della moglie, e fervente patriota, Tullio adottò il motto “Anzitutto sono cattolico ed italiano”, dedicandosi ad un’intensa attività letteraria. Morta nel 1835, a soli ventinove anni, la moglie Giulietta, Tullio seguì con attenzione l’educazione dei figli Enrico ed Emilio, coi quali soggiornò a Roma nel biennio 1838-39, legandosi a due dei maggiori pittori dell’epoca orientati su posizioni puriste, il bergamasco Francesco Coghetti ed il modenese Adeodato Malatesta. In questi anni affiancò Tullio Dandolo, come precettore dei figli, l’amico Angelo Fava, che nel 1848 guiderà i giovanissimi allievi sulle barricate durante le Cinque Giornate di Milano.
Vincenzo Vela, Spartaco si libera dalle catene della schiavitù. (Adro, Palazzo Bargnani Dandolo)
L’epopea risorgimentale
Enrico ed Emilio Dandolo
Enrico (Varese, 1827 – Roma, 1849) ed Emilio (Varese, 1830 – Milano, 1859) Dandolo nel marzo del 1848 presero parte da protagonisti, con gli amici fraterni Emilio Morosini e Luciano Manara, alle Cinque Giornate di Milano, combattendo poi, coi volontari lombardi della Legione Manara, nella campagna del Bresciano e del Trentino. L’anno seguente parteciparono con il Battaglione Bersaglieri Lombardi, al comando di Luciano Manara, alla campagna del Piemonte e quindi alla difesa della Repubblica Romana, nel corso della quale, il 3 giugno, a Villa Corsini, Enrico fu colpito a morte, ed Emilio ferito. Nei giorni seguenti caddero sotto il fuoco francese anche Morosini e Manara. Emilio, duramente provato dagli eventi, visse ancora dieci anni, adoperandosi senza sosta per preparare la ripresa delle ostilità contro l’Austria. Minato dalla tisi, si spense nel febbraio del 1859, quattro mesi prima della liberazione della Lombardia. I suoi funerali, a Milano, e la successiva tumulazione nel camposanto di Adro, si trasformarono in grandi manifestazioni antiaustriache.
Dalla liberazione della Lombardia allo stato unitario
Tullio Dandolo ed Ermellina Maselli
Tullio aveva sposato nel 1844, in seconde nozze, la sedicenne Ermellina Maselli di Figino (Casoro, Canton Ticino, 1827 – Adro, 1908), che condivise con lui il fervente patriottismo e gli interessi culturali, animando i “salotti” delle loro abitazioni di Milano e di Adro, frequentati, tra gli altri, da Alessandro Manzoni, Massimo d’Azeglio, Giuseppe Verdi, Arrigo Boito, Emilio Praga, Giuseppe Giusti, Giuseppe Zanardelli.
Dopo l’improvvisa morte di Tullio nel 1870, dei due figli nati dal matrimonio, Maria (Varese, 1848 – Algeri, 1871) ed Enrico detto Gin (Adro, 1850 – 1904), nonché dell’unico nipote Emilio (Adro, 1870 – Casoro, 1903), nato dal matrimonio di Maria con lo zio Costantino Maselli, Ermellina, ultima della famiglia, beneficò con le proprie disposizioni testamentarie diverse istituzioni pubbliche, tra cui il Comune di Adro. Nel 1908, alla sua morte, l’antico palazzo Bargnani Dandolo divenne così di proprietà comunale e destinato a sede municipale. Come aveva espressamente disposto la contessa Ermellina, quale estremo omaggio alla memoria dei congiunti, i ritratti Dandolo, Bargnani e Maselli furono “riuniti e appesi in apposita sala del palazzo medesimo, per essere ivi convenientemente custoditi”.



Dal 21.IX.2000 al 16.XII.2000. I Dandolo e il loro ambiente. Dall’epopea rivoluzionaria allo stato unitario. Adro, Palazzo Bargnani Dandolo, Via Tullio Dandolo, 55. Orario: mercoledì, giovedì, venerdì 10.00 – 12.00
sabato e domenica 10.00-12.00 / 15.00-18.00
Informazioni: 030 – 74 54 344 / 030 – 74 54 328
Catalogo: Skira



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