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Simone Forti e Yael Bartana, spiriti del nostro tempo: due mostre da Raffaella Cortese a Milano
Mostre
Mentre la 60ma Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia volge al termine, a Milano la Galleria Raffaella Cortese ha da poco inaugurato due nuove mostre personali dedicate a due importanti artiste che hanno partecipato alla rassegna lagunare. Si tratta di Yael Bartana e Simone Forti, rispettivamente presenti nel padiglione tedesco e nella sezione Italiani Ovunque alle Corderie dell’Arsenale. Le due artiste tornano nel capoluogo lombardo dopo diversi anni, presentando una selezione di opere, tra cui alcuni lavori inediti, che approfondiscono e ampliano le tematiche esplorate in Biennale.
Utopia Now: una galassia lontana, dentro di noi
Utopia Now!, questo il titolo della prima mostra, raccoglie alcuni degli ultimi lavori di Yael Bartana, a partire dall’opera Mir Zaynen Do! (We Are Here!), presentata in anteprima. L’installazione audiovisiva, che accoglie gli spettatori negli spazi sotterranei di via Stradella 7, riassume in maniera chiara e concisa quelli che sono gli interessi dell’artista nata a Kfar Yehezkel, in Israele. Il pubblico è invitato a intraprendere un autentico viaggio utopico in cui si supera la rigidità delle etichette identitarie.
Commissionato dal centro artistico ebraico-brasiliano Casa do Povo, il video mette in dialogo due gruppi umani diversi. Il primo è Coral Tradição, un coro originario dell’Europa orientale, proveniente dello Yiddishland, territorio ebraico transnazionale oggi scomparso. Il secondo è Ilú Obá De Min, un collettivo di musica di strada afro-brasiliana, profondamente legato alla cultura Candomblé e alle comunità dei Cimarroni. Quello che accomuna questi due gruppi è l’esperienza condivisa della diaspora che diventa il filo conduttore del suo lavoro.
L’opera si sviluppa attraverso l’interazione tra coreografia e canto, creando un ponte tra passato e presente, unendo le storie di queste due distinte comunità. Il canto e la danza recuperano il loro valore originario, trasformandosi in strumenti primordiali di espressione e dialogo; essi diventano il mezzo attraverso cui queste comunità riescono a stabilire legami solidi e duraturi, capaci di preservarsi nel tempo e proiettarsi nel futuro. Un dialogo completamente originale, capace di svelare nuove storie e, soprattutto, di tramandarle alle generazioni del domani.
I riferimenti al futuro ritornano nell’opera Generation Ship (2024), un vero e proprio modello dell’astronave Light to the Nations, presentata all’interno del padiglione tedesco Thresholds. La navicella è pensata come un luogo di salvezza per trasportare gli esseri umani verso nuove galassie e pianeti, lontano dalla distruzione ambientale e politica provocata dal genere umano sul pianeta terra. Nella visione di Bartana, questo progetto non soltanto sostiene l’esistenza degli uomini, salvaguardando la specie, ma ne preserva la propria cultura proiettandola verso nuovi scenari futuristici.
Questo utopico progetto risente degli influssi della mistica ebraica, in particolare della Kabbalah, ed è stata progettato sulla base delle “Dieci Sefirot”, un diagramma costruito sulle dieci sfaccettature di Dio. Di fronte a essa, sul muro, una scritta al neon recita “utopia now!”: è l’invito che Bartana rivolge ad ognuno di noi, un appello diretto a meditare su cosa oggi intendiamo per utopia, argomento caro all’artista, nonché chiave di lettura dell’intero progetto espositivo.
Framing Movement: la forma dell’energia
Continuando, nei restanti spazi della galleria meneghina è ospitata Framing Movement, personale di Simone Forti. Nata a Firenze nel 1935 e trasferitasi poco dopo con la famiglia a Los Angeles, dove vive e lavora tuttora, Forti è stata una delle figure più influenti della performance contemporanea degli ultimi 50 anni, tanto da essere insignita del Leone d’oro alla carriera alla Biennale Danza 2023. La mostra raccoglie una serie di opere, sia storiche che più recenti, che riflettono l’attenzione di Simone Forti per il movimento, inteso non solo come atto performativo. Il gesto, la sua intensità e la centralità del corpo, umano e soprattutto animale, emergono come temi ricorrenti.
In Animal Study – Oxen, Turkey, Ostrich del 1982, si può osservare come, nel tradurre graficamente gli animali, il tratto di Forti sia rapido, nervoso e quasi frenetico. La spontaneità del gesto è evidente, trasmettendo una sensazione di movimento e vitalità, come se il disegno fosse in continua evoluzione. Lo spettatore percepisce l’energia del processo creativo, il ritmo accelerato che ha guidato la mano dell’artista, donando all’opera una qualità effimera e vibrante. Allo stesso modo Hand and Rope (2011) si focalizza sul dettaglio di una mano intenta a stringere e tirare una corda. Anche in questo caso il tratto espressivo dell’artista permette di cristallizzare quelle che sono le tensioni insite nel gesto.
L’interesse nutrito verso il mondo animale si manifesta nuovamente in un’opera video che denuncia le condizioni in cui sono costretti a vivere gli animali all’interno degli zoo. Three Grizzlies, registrato nel 1974, segue i movimenti di tre orsi all’interno della loro gabbia nello zoo di Brooklyn. Ciò che emerge da questo lavoro è il senso di angoscia e disperazione fisica che questi animali subiscono, spesso costretti ad una vita di sofferenze all’interno di vere e proprie prigioni.
Il corpo umano è il protagonista della serie Anatomy Maps (1985) in cui alcune parti anatomiche sono poste in relazione a mappe geografiche raffiguranti penisole, isole, continenti o nazioni, creando una sovrapposizione suggestiva. Così, le vertebre si contrappongono al Corno d’Africa, lo scheletro umano viene proiettato tra gli arcipelaghi del sud-est asiatico e l’utero viene accostato al bacino del Mediterraneo. Questi lavori nascono da un approfondito studio del corpo umano, in particolare della muscolatura e dello scheletro.
Accanto a essi, è esposta una serie di fotografie che documentano una sequenza di performance tenute nel 1969 presso la galleria L’Attico di Roma. Qui, il corpo di Simone Forti si contorce e si muove nello spazio, entrando in dialogo diretto con i resti di un’opera di Mario Merz, anch’egli figura di spicco della galleria romana. Le foto sono una testimonianza diretta di quei processi performativi che l’hanno resa una delle figure chiave della performance contemporanea.
Due mostre intense, per esplorare il nostro tempo
Utopia Now! e Framing Movement, entrambe visitabili fino al 23 dicembre, offrono l’opportunità di immergersi nel mondo di due artiste straordinarie, molto diverse tra loro per stile e tematiche, ma accomunate da una straordinaria maestria nell’utilizzo dei linguaggi espressivi. Yael Bartana e Simone Forti, ciascuna a modo suo, riescono a esplorare in profondità questioni sociali e culturali, utilizzando mezzi espressivi che spaziano dalla videoarte alla performance, dalla scultura alla narrazione visiva, con un’intensità capace di coinvolgere e far riflettere il pubblico affrontando temi mai come oggi attuali quali il nazionalismo, l’esilio, i traumi sociali e la centralità del corpo umano come mezzo espressivo.