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Comedian Cyberpunk: la banana di Maurizio Cattelan vale quello che meritiamo
Arte contemporanea
La bizzarra e sorprendente economia dell’arte contemporanea è il sottotitolo al volume di Donald Thompson intitolato, per l’appunto, Lo squalo da 12 milioni di dollari. Ovviamente abbiamo tutti in mente l’immagine di The Impossibility of Death in the Mind of Someone Living (1991), l’opera che non solo ha consacrato Damien Hirst ma ha definitivamente spalancato le porte ad un nuovo modo di concepire il mercato dell’arte.
Thompson si chiede che cosa effettivamente possa spingere un collezionista ad acquistare un’opera di un artista contemporaneo vivente a un certo livello di cifre. E certo, l’opera di Hirst è stata un passaggio imprescindibile per definire ciò che è oggi davvero contemporaneo. Mercoledì, 20 novembre 2024, il mondo è stato più o meno sconvolto da un altro record d’asta: Comedian di Maurizio Cattelan. Con una stima tra il milione e il milione e mezzo di USD, la banana appesa a parete con dello scotch argentato ha visto il martelletto del banditore scoccare per la cifra di 5.200.000 USD – che, considerato il famoso Buyer’s Premium (che Sotheby’s ha notevolmente ridotto, e anche qui ci sarebbe da analizzarne le motivazioni), raggiunge la cifra di 6.200.000 USD.
Analizziamo, brevemente, la Now and Contemporary Evening Auction di Sotheby’s. Louis Fratino, reduce della sua partecipazione in Biennale (in cui gli è dedicato uno spazio notevole) e della mostra antologica al Centro Pecci di Prato, raddoppia la stima arrivando oltre i 300 mila; Suzanne Jackson segue la stessa onda con Double, stimato tra gli 80 ed i 120 mila e aggiudicato per 288 mila; Adam Pendleton, classe 1984, con Black Dada, super il milione contro una stima tra i 150 ed i 250 mila. E questi sono solo gli artisti viventi.
Per i trapassati: Sunbather di Miyoko Ito sfiora i 500 mila, con una stima tra i 150 ed i 200 mila; Oval Office di Lichtenstein, stimato tra il milione e il milione e mezzo, raggiunge i 4 milioni e 200 mila USD, forse reduce della vittoria di Trump.
In generale: pochi invenduti, nessun lavoro sotto stima, pezzi importanti con lunghe storie espositive o collezioni certamente prestigiose.
Ora, la banana. Una performance, presentata da Cattelan per l’edizione del 2019 di Art Basel Miami. Venduta da Perrotin per 120mila dollari; tre copie più due prove d’artista che, probabilmente, avrà mangiato, come ha fatto nel secondo giorno di Basel Miami nella performance The Hungry Artist, anche se tutti ricordano David Datuna. Effimera, divertente, assurdamente anarchica…intelligente.
Tanti i riferimenti starnazzanti: Duchamp, Rauschenberg, Manzoni, Klein, Warhol, Koons, Gonzales-Torres, Banksy. Più o meno costruiti, più che paventati, perché effettivamente la banana di Cattelan non vuole essere un’opera d’arte. Vuole essere un monito all’assurdo dell’esistenza che è testimoniato dal suo seguito: è venduta come arte ma chiede di essere mangiata, di scomparire. Che è, dopotutto, quello che farà il nuovo proprietario: Justin Sun, fondatore della piattaforma di criptovalute Tron.
Lo stesso Sun, estremamente sagace, l’ha definita «Un fenomeno culturale». Di culturale, che cos’ha? Anzi, meglio, è fenomeno di quale cultura? Appartiene a quell’imponderabile immaginario cibernetico che popola con così tanta capillarità le nostre vite straziate dalla loro, completa, irrealtà. Riporta quell’anarchia degli NFT – oggi più o meno scomparsi -; celebra quell’irrispettosa libertà nell’associare un valore a un oggetto in maniera, fondamentalmente, arbitraria; gioca con le stesse dinamiche che hanno portato a incrementarne il valore per svincolarsi dalla stessa perversione per il controllo che certifica la sua autenticità.
È Cyberpunk: anarchia visiva, satira concettuale. Fantascientifica sul modello di Guida intergalattica per autostoppisti, fumettistica quanto Sin City, manieristica quanto Matrix. L’opera certifica un glitch, un cortocircuito di significato che rende l’assurdo altrettanto assurdamente reale.
Dunque, in questi 6 milioni – escludendo quel milione per Sotheby’s su cui, come menzionavo sopra, ci sarebbe da aprire un ulteriore parentesi – si racchiude la definizione stessa del concetto di valore: letteralmente, la “quantità di moneta pagabile o ottenibile per un bene”, oppure la “stima soggettiva attribuita o attribuibile ad un bene”. Il valore, così fugace, effimero quanto la banana. La sua crisi è lo specchio della crisi, tanto analizzata, dei mercati del lusso – di cui, non me ne vogliate, l’arte fa naturalmente parte.
Sarebbe curioso cercare di osservarsi all’interno di quello specchio mistico del valore che permette anche alle feci di trasformarsi in oro. Attenzione, non mi sto riferendo a Comedian, che trovo senza alcun dubbio una delle opere che meglio possono esprimere il nostro fragile tempo, ma a una domanda ben più radicata: che cos’è, realmente, il valore in un contesto sociale ed economico in cui il valore non può che essere esclusivamente arbitrario e così inspiegabilmente volubile da perdere qualsiasi possibilità di collegamento diretto alla realtà ma essere così inspiegabilmente correlato al suo stesso concetto? La risposta alla domanda sta, ancora, in Guida intergalattica per autostoppisti ed è estremamente semplice: 42.
La cosa più deprimente è il binomio che ha partorito questo degrado, un tycoon che si è arricchito con le cripto valute ha il potere di dare un valore di 6,2 milioni ad una banana. Sono due espressioni notevoli dei limiti del pensiero umano, entrambe nascono dalla stessa matrice assurda. Ci meritiamo tutti i disastri che circondano perché siamo stupidi.