27 novembre 2024

La Gola, melodramma epistolare tra piacere e dolore: intervista a Diego Marcon

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Piacere, dolore, cibo e morte, sul filo del linguaggio: Diego Marcon ci parla del suo ultimo film, La Gola, a margine della mostra alla Kunsthalle Wien

Ausstellungsansicht: Diego Marcon. La Gola, Kunsthalle Wien 2024 © Diego Marcon. Courtesy der Künstler; Sadie Coles HQ, London; Galerie Buchholz, Berlin/Köln/New York; Centre d’Art Contemporain Genève für BIM’24, Kunsthalle Wien und Kunstverein in Hamburg, Foto: Iris Ranzinger

La Gola, opera del 2024 di Diego Marcon, consiste in una serie di lettere tra due corrispondenti, Gianni e Rossana. Nel corso di otto lettere, Gianni descrive le corse consecutive di uno squisito banchetto, mentre Rossana racconta il progressivo decadimento della salute di sua madre. I due personaggi sono interpretati da pupazzi iperrealistici che appaiono immobili, mentre i loro occhi sono modellati e animati con CGI. Le loro voci sono accompagnate da una composizione originale di Federico Chiari. La musica è stata registrata su un organo di Pietro Corna nella Cattedrale di Sant’Alessandro Martire a Bergamo. Marcon attinge a soggetti familiari della storia dell’arte e combina giocosamente descrizioni dettagliate della cucina e della malattia con una partitura elaborata ed energica. Utilizza il linguaggio e la musica per creare una tensione drammatica. Il film è stato prodotto in collaborazione con il Centre d’Art Contemporain Genève e il Kunstverein di Amburgo ed è in esposizione alla Kunsthalle Wien, fino al 2 febbraio 2025, per la prima mostra personale di Marcon in Austria.

Ausstellungsansicht: Diego Marcon. La Gola, Kunsthalle Wien 2024 © Diego Marcon. Courtesy der Künstler; Sadie Coles HQ, London; Galerie Buchholz, Berlin/Köln/New York; Centre d’Art Contemporain Genève für BIM’24, Kunsthalle Wien und Kunstverein in Hamburg, Foto: Iris Ranzinger

Diego Marcon utilizza nel suo lavoro il vocabolario cinematografico di diversi generi, tra cui musical, melodrammi, horror e commedie slapstick. I suoi mondi visivi inquietanti e unici utilizzano vari mezzi tecnici, come la robotica, la protesi e la CGI. Parole, suoni e gesti contribuiscono all’inquietante incertezza o ambiguità che caratterizza il lavoro di Marcon. I suoi film si basano su colonne sonore o dialoghi sceneggiati appositamente commissionati, per cui il linguaggio e la sua mutevolezza sono di grande importanza.

La mostra è accompagnata da un libro pubblicato dal Centre d’Art Contemporain Genève, Kunsthalle Wien e Kunstverein di Amburgo con saggi di Charlie Fox, Gianni Revello e Sofia Silva. La musica da film de La Gola (2024) è disponibile in edizione limitata come disco rosso da 12″ nel negozio della Kunsthalle di Vienna. Tutti i proventi vanno a beneficio del programma della Kunsthalle Wien.

Ausstellungsansicht: Diego Marcon. La Gola, Kunsthalle Wien 2024 © Diego Marcon. Courtesy der Künstler; Sadie Coles HQ, London; Galerie Buchholz, Berlin/Köln/New York; Centre d’Art Contemporain Genève für BIM’24, Kunsthalle Wien und Kunstverein in Hamburg, Foto: Iris Ranzinger

Buongiorno, Diego. La prima domanda riguarda il titolo del film: perché La Gola?

«Il titolo, in italiano, ha due significati. Da un lato, “gola” è una parte del corpo umano, dall’altro si riferisce al peccato di gola, ovvero quando si mangia per puro piacere, senza necessità. In inglese credo si traduca con gluttony, ma non c’è un equivalente preciso in tedesco, francese o altre lingue europee, per quanto ne so. Per questo motivo il titolo è rimasto in italiano. In inglese è stato tradotto con The Belly (“la pancia”), che può evocare sia un malessere fisico sia il cibo stesso, in un certo senso».

Un elemento particolare del film è la musica, composta da Federico Chiari. Ha un richiamo alla musica barocca, somiglia quasi a una sonata di Bach. È una scelta tua?

«Sì. Lavoro con Federico da molto tempo; lui cura l’intera parte sonora dei miei progetti. La nostra è una collaborazione consolidata, basata su un dialogo naturale e spontaneo. Per questo film, volevamo una struttura musicale elastica, che consentisse maggiore libertà nel montaggio. Per questo, abbiamo sviluppato un tema principale, presentato nell’ouverture, e numerose variazioni che permettessero di adattarlo alle esigenze del film. Il riferimento alla musica barocca, a Bach in particolare, è sicuramente presente».

Come è nata l’idea di La Gola, con i suoi doppi monologhi tra Gianni e Rossana, tra cibo e malattia, tra cena e madre?

«L’idea iniziale era quella di lavorare sul linguaggio e sui generi cinematografici codificati. Da tempo desideravo fare un melodramma epistolare, e così è nato La Gola, un melodramma costruito su tre livelli. C’è il livello culinario, che culmina con la torta Fedora, un dessert elaborato; il livello patologico, che ruota attorno alla malattia di Rossana e culmina nella demenza; infine, c’è il livello cinematografico, che lega tutto attraverso primi piani intensi, un uso emotivo e spregiudicato della musica, e il crescendo tipico del melodramma».

Ausstellungsansicht: Diego Marcon. La Gola, Kunsthalle Wien 2024 © Diego Marcon. Courtesy der Künstler; Sadie Coles HQ, London; Galerie Buchholz, Berlin/Köln/New York; Centre d’Art Contemporain Genève für BIM’24, Kunsthalle Wien und Kunstverein in Hamburg, Foto: Iris Ranzinger

Gli occhi, il guardare e l’essere guardati sembrano essere centrali nel film. Possono essere una metafora visiva?

«Non direi che si tratta di una “metafora”, non è una forma che mi appartiene molto. Però sicuramente il tema dello sguardo è centrale. Per esempio, entrando in mostra, la prima cosa che lo spettatore vede non è il film, ma gli altri spettatori. Mi interessava creare un continuo gioco di specchi tra chi guarda, chi è guardato e ciò che viene proiettato. È per questo che, al centro della sala, c’è un piccolo palco con delle sedute: entrando, lo spettatore si trova subito di fronte a se stesso».

Il film oscilla tra teatro e cinema. È corretto?

«Direi di no. Per me i riferimenti principali restano sempre cinematografici. Tuttavia, l’uso di marionette o pupazzi è un elemento ricorrente nei miei lavori. Nasce da un desiderio molto semplice: non voglio lavorare con attori. Non mi interessa confrontarmi con la recitazione tradizionale. Così, ho iniziato a usare protesi e a creare personaggi artificiali, prima attraverso l’animazione, poi con maschere e pupazzi. Questi elementi sono presenti in La Gola, ma anche in altri miei lavori, come Dolle o le mie animazioni digitali, Fritz Ludwig».

Possiamo definire La Gola un melodramma?

«Sì, La Gola è sicuramente un melodramma, un melodramma epistolare».

Qual è il primo film che ricordi di aver visto?

«Ricordo di aver visto Batman di Tim Burton al cinema con mio padre. Ero molto piccolo, ma è un’esperienza che mi è rimasta impressa».

Il film affronta anche il tema della sessualità?

«Più che di sessualità, parlerei di pornografia. Il modo in cui Gianni e Rossana parlano è, a mio avviso, pornografico: parlano per il puro piacere di parlare, senza un reale contenuto. Questo è, in un certo senso, una forma di pornografia del linguaggio».

Diego Marcon, La Gola, 2024, Filmstill, © Diego Marcon. Courtesy der Künstler; Sadie Coles HQ, London; Galerie Buchholz, Berlin/Köln/New York; Centre d’Art Contemporain Genève für BIM’24, Kunsthalle Wien und Kunstverein in Hamburg

Hai realizzato anche una serie di sculture con cani morti. Come si collega questo lavoro al cinema?

«Non c’è una vera e propria connessione. Continuo a portare avanti sia il lavoro cinematografico che quello legato agli oggetti, come le sculture. Sono due pratiche parallele: il cinema è il mio medium principale, ma mi piace presentare i miei film in mostre piuttosto che al cinema, e le sculture fanno parte di questa pratica espositiva».

Quali sono gli artisti che hanno influenzato il tuo percorso?

«Ce ne sono molti, quindi è difficile fare nomi. In letteratura, ad esempio, sono molto legato ai romanzi e al teatro di Thomas Bernhard, ma anche alla poesia di Sandro Penna. Nella musica, Bach è una costante, soprattutto nell’interpretazione di Glenn Gould, il cui approccio mi affascina. Per quanto riguarda il cinema, mi ispirano sia il mainstream, con registi come Adrian Lyne o Paul Verhoeven, sia il cinema strutturalista di Peter Kubelka».

Diego Marcon, La Gola, 2024, Filmstill, © Diego Marcon. Courtesy der Künstler; Sadie Coles HQ, London; Galerie Buchholz, Berlin/Köln/New York; Centre d’Art Contemporain Genève für BIM’24, Kunsthalle Wien und Kunstverein in Hamburg

Quanto sono importanti i premi per un artista?

«Sono importanti se sono accompagnati da un premio in denaro, perché aiutano a vivere e a lavorare. Ovviamente, avere una stabilità economica cambia un po’ la prospettiva».

Quali sono i temi principali di La Gola?

«Piacere, dolore, cibo e morte. Questi quattro elementi sono legati dal filo conduttore più importante: il linguaggio».

Che cos’è la morte?

«È semplicemente la fine della vita biologica».

Che cos’è l’amore?

«Non saprei proprio».

Diego Marcon. La Gola, Edition 2024, Foto: Kunsthalle Wien

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

«Sto lavorando a un breve film musicale, un balletto che verrà presentato nell’autunno del 2025».

Hai un museo nel quale ti piacerebbe esporre?

«Mi piacerebbe molto esporre alla Specola di Firenze. Sono affascinato dalle cere anatomiche di Clemente Susini: le ho viste nel 2018, prima del restauro, e ne sono rimasto colpito. Un altro luogo che trovo interessante è il Museo della Frutta di Torino».

Che consiglio daresti ai giovani artisti?

«Di concentrarsi su ciò che li interessa e li diverte, liberando la mente da tutto il resto. È difficile, ma riuscire a dedicarsi solo a ciò che davvero importa è fondamentale».

Che colore ha la tua vita?

«Direi antracite, un grigio scuro».

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