16 novembre 2000

Fino al 31.I.2001 Tempio dell’Arte Bologna, Galleria Fondatico

 
Continua il ciclo di mostre “Incontro con la Pittura” presso la Galleria Fondatico di Bologna. Un’esposizione di venticinque opere di artisti romagnoli vissuti tra il ‘500 e il ‘700.

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Fino al 31 gennaio la Galleria Fondatico sarà, per i suoi visitatori, un “tempio dell’Arte”, un luogo di sacra reverenza, dove riscoprire le tendenze pittoriche della zona romagnola tra il XVI e il XVIII secolo e conoscere l’attività e l’importanza di questo spazio espositivo. Questa galleria si occupa da anni di opere d’arte e d’antiquariato, trattando con un occhio di riguardo il rapporto tra collezionismo privato, istituzioni d’arte e musei pubblici.
In questa circostanza, l’attenzione è all’Emilia Romagna durante un periodo di notevole fervore ed evoluzione negli stili e nelle tecniche pittoriche. Possiamo riconoscere la mano di artistici conosciuti, dei quali quasi tutti abbiamo sentito parlare. Guido Reni, allievo dei Carracci e figlio del loro Classicismo, è presente con “La Madonna con bambino e san Giovannino” (olio su rame), di cui ne esistono vari esemplari: uno è conservato al Louvré. Molte sono le arte opere celebri di questo artista, soprattutto per i Bolognesi (“Strage degli Innocenti” alla Pinacoteca Nazionale di Bologna).
san SebastianoSpostandoci di un secolo, ancora potrei anticiparvi l’”Adorazione dei Magi” di Donato Creti. Artista che si distacca dal Classicismo dei Carracci e di Guido Reni, per raggiungere un più puro Neoclassicismo, passa molti degli anni della sua vita ad esercitarsi nella tecnica pittorica, nei giochi di luce e nella cura dei panneggi, spesso riprendendo quadri degli artisti precedenti. Il “Tempio dell’
Arte” ci offre uno studio di un’opera di Paolo Veronese, oggi conservata alla National Gallery, che il Creti aveva avuto l’opportunità di conoscere durante il suo soggiorno Veneziano.
Altri artisti sono ospitati dal Fondatico: Marco Palmezzano, Niccolò Pisano, Amico Aspertini, Luca Longhi, Giovanni Lanfranco, Giuseppe Maria Crespi (detto lo Spagnolo), Antonio Gionima e altri ancora. Alcuni ci possono sembrare nomi meno conosciuti e laterali, ma forniscono allo spettatore una via per riconoscere all’interno delle loro opere le influenze di grandi maestri.
Un esempio può essere il “San Sebastiano” di Marco Palmezzano. Tale pittore, che agisce tra la fine del ‘400 e l’inizio del ‘500, è allievo di Melozzo da Forlì, a sua volta influenzato dalla chiarezza prospettica di Piero della Francesca.
In più, possiamo osservare, in alcuni casi, maestro e allievo a confronto. Giuseppe Maria Crespi con la “Primavera” e l’ “Estate” e Antonio Giomina, nato a Venezia ma cresciuto artisticamente a Bologna. Varie opere sono raccolte nel capoluogo Emiliano: la “Vita di San Domenico” nel refettorio della chiesa della Mascarella, gli stendardi dei “Misteri della Madonna” per la chiesa dei Servi, la “Cattura di Sansone” e “Susanna discolpata da Daniele” alla Pinacoteca Nazionale. La sua massima perizia si dispiega in soggetti storici e biblici, come è evidente dal quadro esposto al Fondatico “Muzio Scevola davanti a Porsenna”.
Infine, si può sottolineare che il ricavato del catalogo verrà utilizzato per il restauro di un’opera della Pinacoteca Nazionale di Bologna.




PrimaveraIl Tempio dell’Arte. Dipinti Emiliani e Romagnoli dal XVI al XVIII secolo. Fondatico, Galleria Cavour 2a, Bologna. Dal 12 novembre 2000 al 30 gennaio 2001. Orario: 10.00-12.30; 16.00-19.30 giovedì pomeriggio chiuso. Ingresso gratuito.
Catalogo a cura di a cura di Daniele Benati con saggi di Giada Damen, Andrea Emiliani, Milena Naldi, Mariangela Novelli, Lucia Peruzzi, Elisabetta Sambo e Erich Schleier.
Ediz. Grafiche Zanini – Bologna.
Ufficio stampa: Studio Pesci Bologna tel. e fax 051-269267, Email: gio@mailbox.dsnet.it.




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Giuseppe Vermiglio (1582 ca – post 1635)

Per saperne di più:
Guido Reni
Pinacoteca Nazionale di Bologna



Marta Severo


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1 commento

  1. Mostra bellissima. La cura del catalogo da parte di Daniele Benati e le schede di Andrea Emiliani una garanzia. Ad Emiliani dobbiamo la grande riscoperta del ‘600 emiliano agli inizi degli anni ’60. Imperdibile, se non altro perché le opere sono in vendita. Probabilmente non le rivedremo più.

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