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La libera maniera – Arte astratta e informale nelle collezioni Intesa Sanpaolo
L’esposizione attinge alle prestigiose collezioni di Intesa Sanpaolo e affronta il vitale periodo tra la fine della Seconda guerra mondiale e l’inizio dei favolosi anni Sessanta in Italia
Comunicato stampa
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La Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi presenta la mostra “La libera maniera - Arte astratta e informale nelle collezioni Intesa Sanpaolo”, promossa in sinergia con Gallerie d’Italia e Fondazione Casa Museo Ivan Bruschi di Arezzo e con il patrocinio del Ministero della Cultura e della Regione Marche.
L’esposizione - a cura di Marco Bazzini, uno dei più noti studiosi dell’odierna cultura figurativa e con il coordinamento di Mauro Tarantino, direttore della Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi - attinge alle prestigiose collezioni di Intesa Sanpaolo, nel quadro di un’efficace collaborazione che da alcuni anni è stata attivata con la Fondazione marchigiana. Quest’anno la piena sintonia e condivisione di obiettivi ha dato origine a questa nuova esposizione che ha visto coinvolta anche la Fondazione Ivan Bruschi di Arezzo nelle cui sale è stata presentata dal 2 marzo al 21 luglio 2024.
Rispetto al precedente appuntamento aretino la mostra, che sarà visibile nei più ampi spazi espositivi di Palazzo Bisaccioni, presenta un maggior numero di opere, oltre una quarantina, sempre attentamente selezionate dalla ricca collezione di Intesa Sanpaolo.
La mostra affronta il vitale periodo tra la fine della Seconda guerra mondiale e l'inizio dei favolosi anni Sessanta in Italia. Un decennio o poco più in cui il Paese viene ricostruito per lasciarsi alle spalle le rovine materiali delle città, dell’economia e della società civile. Allo stesso tempo, in quello che può essere immaginato come un abbandonato e incolto territorio, inizia anche la ricostruzione di una coscienza culturale che aveva pesantemente sofferto le restrizioni durante gli anni del Fascismo e che dopo la tragedia della guerra non rispondeva più a una domanda di “modernità”.
Gli anni Cinquanta sono gli anni della rinascita del Paese, della formazione della Repubblica, di nuove geografie produttive e sociali, del risvegliarsi delle arti attraverso molteplici esperienze che non risparmiano accese polemiche. Il dibattito, guidato da fronti opposti che non ignorano differenti orientamenti poetici, è la prova di una vera vitalità e ripresa anche nell’arte italiana.
Come scrive il curatore Marco Bazzini “è difficile pensare agli anni Cinquanta come a un tempo in cui tutto si svolge con un progresso lineare perché sono anni in cui il divenire è caotico, soprattutto nell’arte che ne è lo specchio; anni in cui si seguono più direzioni, dove tutto sgorga da una dialettica tra più fuochi tra loro talvolta prossimi altre volte molto lontani. Una massa eterogenea di opinioni e pratiche contrastanti che dà origine a un lascito di valori ed esperienze che, come api, impollinano il decennio successivo”.
L’esposizione ha inizio con quelle personalità come Alberto Magnelli e il marchigiano Corrado Cagli che ebbero già una prima esperienza astratta tra le due guerre e che in quegli anni rientrarono in Italia dopo l’esilio, portando con loro le più attuali esperienze artistiche.
Sono anni in cui gli artisti si aprono a una libertà espressiva fatta di tante e differenti maniere - da qui il titolo della mostra che riprende il più tipico termine utilizzato a metà del Cinquecento da Giorgio Vasari di cui quest’anno cadono i 450 anni dalla morte - a partire dalla sensibilità polimaterica di Alberto Burri o dalle nuove dimensioni spaziali indagate da Lucio Fontana e con lui da un nutrito gruppo di giovani tra cui presenti in mostra Edmondo Bacci, Gino Morandis, Tancredi Parmeggiani, Cesare Peverelli e Gianni Dova.
Le nuove generazioni che dalla fine degli anni Quaranta possono iniziare ad affermare la loro proposta pittorica si indirizzano verso esperienze che scoprono il segno, Carla Accardi, Achille Perilli e Antonio Sanfilippo (esponenti del Gruppo Forma di Roma) ma anche il gesto che può assumere caratteri rivoluzionari come in Emilio Vedova. Colore e cromie decantano nella preziosa pittura di Afro Basaldella e Mario Nanni, mentre altri loro coetanei sono interessati a costruire una realtà tangibile, oggettiva che supera ogni estrazione o riferimento al reale come, tra i presenti in mostra, Gillo Dorfles, Bruno Munari, Atanasio Soldati, Gianni Monnet (appartenenti al Movimento Arte Concreta formatosi a Milano). E ancora c’è chi come Renato Birolli, Ennio Morlotti e Antonio Corpora continuano a guardare alla natura proponendo dense superfici pittoriche o, al contrario, chi scruta l’universo atomico che in quel momento ha una non poca influenza nelle arti, come avviene in Enrico Baj, Guido Biasi e Mario Persico. Anche le artiste prendono parte a questa nuova dimensione con una sensibilità fortemente autonoma, oltre ad Accardi sono esposte opere di Carol Rama, Renata Boero, Regina, Paola Levi Montalcini e una giovanissima Grazia Varisco.
Infine, un nucleo di artisti che si forma in questi anni ma che da tali premesse salta oltre l’Informale per guidare le ricerche del decennio successivo in cui si conquistano nuove dimensioni pittoriche: Toti Scialoja, Gastone Novelli, Mario Nigro, Enrico Castellani, Gianni Colombo e Agostino Bonalumi.
In mostra anche opere di Piero Dorazio, Plinio Mesciulam, Alberto Moretti, Cesare Peverelli, Giulio Turcato e Arnaldo Pomodoro alla sue prime esperienze pittoriche di metà anni cinquanta.
“La libera maniera” vuole proprio evidenziare la diversificata e multiforme azione che gli artisti, durante gli anni del “miracolo economico” portano avanti. Un periodo fondamentale per gli sviluppi dell’arte italiana che le collezioni di Intesa Sanpaolo riconoscono per la sua importanza fin dai tempi della Banca Commerciale e di cui conservano una ricca raccolta, tra cui queste opere pregiate in mostra a Palazzo Bisaccioni a Jesi con inaugurazione venerdì 6 dicembre.
L’esposizione - a cura di Marco Bazzini, uno dei più noti studiosi dell’odierna cultura figurativa e con il coordinamento di Mauro Tarantino, direttore della Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi - attinge alle prestigiose collezioni di Intesa Sanpaolo, nel quadro di un’efficace collaborazione che da alcuni anni è stata attivata con la Fondazione marchigiana. Quest’anno la piena sintonia e condivisione di obiettivi ha dato origine a questa nuova esposizione che ha visto coinvolta anche la Fondazione Ivan Bruschi di Arezzo nelle cui sale è stata presentata dal 2 marzo al 21 luglio 2024.
Rispetto al precedente appuntamento aretino la mostra, che sarà visibile nei più ampi spazi espositivi di Palazzo Bisaccioni, presenta un maggior numero di opere, oltre una quarantina, sempre attentamente selezionate dalla ricca collezione di Intesa Sanpaolo.
La mostra affronta il vitale periodo tra la fine della Seconda guerra mondiale e l'inizio dei favolosi anni Sessanta in Italia. Un decennio o poco più in cui il Paese viene ricostruito per lasciarsi alle spalle le rovine materiali delle città, dell’economia e della società civile. Allo stesso tempo, in quello che può essere immaginato come un abbandonato e incolto territorio, inizia anche la ricostruzione di una coscienza culturale che aveva pesantemente sofferto le restrizioni durante gli anni del Fascismo e che dopo la tragedia della guerra non rispondeva più a una domanda di “modernità”.
Gli anni Cinquanta sono gli anni della rinascita del Paese, della formazione della Repubblica, di nuove geografie produttive e sociali, del risvegliarsi delle arti attraverso molteplici esperienze che non risparmiano accese polemiche. Il dibattito, guidato da fronti opposti che non ignorano differenti orientamenti poetici, è la prova di una vera vitalità e ripresa anche nell’arte italiana.
Come scrive il curatore Marco Bazzini “è difficile pensare agli anni Cinquanta come a un tempo in cui tutto si svolge con un progresso lineare perché sono anni in cui il divenire è caotico, soprattutto nell’arte che ne è lo specchio; anni in cui si seguono più direzioni, dove tutto sgorga da una dialettica tra più fuochi tra loro talvolta prossimi altre volte molto lontani. Una massa eterogenea di opinioni e pratiche contrastanti che dà origine a un lascito di valori ed esperienze che, come api, impollinano il decennio successivo”.
L’esposizione ha inizio con quelle personalità come Alberto Magnelli e il marchigiano Corrado Cagli che ebbero già una prima esperienza astratta tra le due guerre e che in quegli anni rientrarono in Italia dopo l’esilio, portando con loro le più attuali esperienze artistiche.
Sono anni in cui gli artisti si aprono a una libertà espressiva fatta di tante e differenti maniere - da qui il titolo della mostra che riprende il più tipico termine utilizzato a metà del Cinquecento da Giorgio Vasari di cui quest’anno cadono i 450 anni dalla morte - a partire dalla sensibilità polimaterica di Alberto Burri o dalle nuove dimensioni spaziali indagate da Lucio Fontana e con lui da un nutrito gruppo di giovani tra cui presenti in mostra Edmondo Bacci, Gino Morandis, Tancredi Parmeggiani, Cesare Peverelli e Gianni Dova.
Le nuove generazioni che dalla fine degli anni Quaranta possono iniziare ad affermare la loro proposta pittorica si indirizzano verso esperienze che scoprono il segno, Carla Accardi, Achille Perilli e Antonio Sanfilippo (esponenti del Gruppo Forma di Roma) ma anche il gesto che può assumere caratteri rivoluzionari come in Emilio Vedova. Colore e cromie decantano nella preziosa pittura di Afro Basaldella e Mario Nanni, mentre altri loro coetanei sono interessati a costruire una realtà tangibile, oggettiva che supera ogni estrazione o riferimento al reale come, tra i presenti in mostra, Gillo Dorfles, Bruno Munari, Atanasio Soldati, Gianni Monnet (appartenenti al Movimento Arte Concreta formatosi a Milano). E ancora c’è chi come Renato Birolli, Ennio Morlotti e Antonio Corpora continuano a guardare alla natura proponendo dense superfici pittoriche o, al contrario, chi scruta l’universo atomico che in quel momento ha una non poca influenza nelle arti, come avviene in Enrico Baj, Guido Biasi e Mario Persico. Anche le artiste prendono parte a questa nuova dimensione con una sensibilità fortemente autonoma, oltre ad Accardi sono esposte opere di Carol Rama, Renata Boero, Regina, Paola Levi Montalcini e una giovanissima Grazia Varisco.
Infine, un nucleo di artisti che si forma in questi anni ma che da tali premesse salta oltre l’Informale per guidare le ricerche del decennio successivo in cui si conquistano nuove dimensioni pittoriche: Toti Scialoja, Gastone Novelli, Mario Nigro, Enrico Castellani, Gianni Colombo e Agostino Bonalumi.
In mostra anche opere di Piero Dorazio, Plinio Mesciulam, Alberto Moretti, Cesare Peverelli, Giulio Turcato e Arnaldo Pomodoro alla sue prime esperienze pittoriche di metà anni cinquanta.
“La libera maniera” vuole proprio evidenziare la diversificata e multiforme azione che gli artisti, durante gli anni del “miracolo economico” portano avanti. Un periodo fondamentale per gli sviluppi dell’arte italiana che le collezioni di Intesa Sanpaolo riconoscono per la sua importanza fin dai tempi della Banca Commerciale e di cui conservano una ricca raccolta, tra cui queste opere pregiate in mostra a Palazzo Bisaccioni a Jesi con inaugurazione venerdì 6 dicembre.
07
dicembre 2024
La libera maniera – Arte astratta e informale nelle collezioni Intesa Sanpaolo
Dal 07 dicembre 2024 al 04 maggio 2025
arte contemporanea
Location
Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi | Palazzo Bisaccioni
Jesi, Piazza Angelo Colocci, 4, (AN)
Jesi, Piazza Angelo Colocci, 4, (AN)
Orario di apertura
lunedì - domenica 9:30-13:00 / 15:30-19:30
Chiuso: 25 dicembre 2024 – 1 gennaio 2025
Sito web
Ufficio stampa
Maria Chiara Salvanelli Press Office & Communication
Autore
Curatore
Produzione organizzazione
Patrocini