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Roma, la materia vibrante di Jonathan Vivacqua da Contemporary Cluster
Mostre
Fino al 13 dicembre 2024, nella nuova sede del Contemporary Cluster di Roma, sarà visitabile OIL VOID, la personale di Jonathan Vivacqua (Erba, 1986), curata da Angelica Gatto. La mostra rappresenta un nuovo tassello nella ricerca artistica di Vivacqua, il cui background industriale permea ogni aspetto delle opere esposte, a partire dai materiali scelti: cemento, travi in acciaio, olio motore, tutto rimanda alla realtà edilizia che l’artista ha avuto modo di conoscere e di cui ha saputo estrarre l’essenza, che oggi ci restituisce sotto forma di opera d’arte.
A introdurre il percorso espositivo, al piano superiore della galleria, veniamo accolti da due quadri in cemento e ossido di ferro, della serie Polvere cosmica (2024), che trova ulteriore sviluppo all’interno della rassegna, e da due disegni astratti, ombre della prima opera scultorea che si delineerà davanti allo spettatore, scendendo nel cuore della mostra.
Stillness (2024) è un’enorme installazione dalla forma a spirale, costituita di montanti in acciaio, che svetta per dimensioni e geometrie in mezzo alla sala che la ospita, ergendosi con moto ascensionale. Con quest’opera site specific, Vivacqua riempie l’ambiente e, ricostituendone i confini, attua un’operazione meta-scultorea, in totale antitesi con la concezione più classica della scultura di stampo monumentale.
Per Vivacqua, lo spazio non è un semplice contenitore ma un elemento attivo del processo artistico. Così, la scultura perde la sua accezione commemorativa e diviene parte di un’immagine più ampia, di una realtà allargata, in un rapporto di continuità tra l’oggetto e l’ambiente circostante.
Nella profondità dello spazio del Cluster, osserviamo le grandi sculture della serie Turmoil (2024): Pettine, Ingranaggio, Fulmine. Le tre opere-totem si stagliano sullo sfondo bianco della galleria, con le loro forme ultra geometriche, strizzando l’occhio all’architettura brutalista. Nere e all’apparenza pesanti, sembra quasi che siano state calate dall’alto, come pietre in un cantiere, quando sono in realtà leggerissime, realizzate in polistirolo e resina, seguendo la logica della ripetizione modulare.
In questa sala si respira a pieni polmoni il tema della contemporaneità, di cui Vivacqua indaga le connotazioni più superficiali ed effimere, la fugacità, la velocità di mutamento che la caratterizza. Così, sfruttando un nuovo lessico formale, il marmo viene sostituito dal polistirolo, i quadri vengono realizzati con olio motore e ossidi di ferro, le tele lasciano spazio alla carta da pacchi, innescando una riflessione sulle continue trasformazioni del nostro tempo.
In contrapposizione alla rigidità formale delle opere scultoree, e a creare con esse una tensione vibrante nello spazio che li distanzia, troviamo i quadri della serie Soundless (2024), le cui immagini cangianti richiamano l’irregolarità organica di scenari naturali. L’olio motore esausto, il polistirolo e le vernici danzano sulle tavole in modo scomposto, creando una miscela disomogenea, dove si alternano disordinatamente coaguli di materia a fluide distese ipnotiche e dove gli ossidi di ferro fendono la base nera e oleosa con vampate di colore inaspettate.
Vivacqua continua a esplorare nuovi orizzonti creativi, spingendo la sua ricerca verso un astrattismo sempre più intimo. Con OIL VOID, supera i confini del paesaggio industriale per immergersi in una dimensione rinnovata, dove la materia diventa il veicolo di un dialogo tra spirito e forma. Le sue opere, che oscillano tra il durevole e l’effimero, invitano lo spettatore a scoprire la poesia nell’impermanenza, ricordandoci che anche nel caos e nella transitorietà si può trovare un senso profondo e universale.
Avremo modo di esplorare ulteriormente l’opera di Vivacqua, nei mesi di dicembre e gennaio, presso il MARec – Museo dell’arte recuperata di San Severino Marche, dove esporrà nella collettiva Il peso del vuoto, a cura di Giacomo Guidi e Barbara Mastrocola.