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Mutual Aid: al Castello di Rivoli, arte e prospettive di collaborazione interspecie
Mostre
Coloro che fossero già avvezzi alla letteratura speculativa di Donna Haraway indubbiamente conosceranno il gioco della matassa, per chi vi è nuovo non c’è nulla di cui temere. Il ludus citato più volte dalla pioniera del pensiero post-umano nei suoi scritti, per descrivere l’interconnessione presente e necessaria tra specie compagne diverse, tiene conto della possibile inconsapevolezza dei soggetti coinvolti. Nel gioco, prendendo un filo chiuso e con l’ausilio delle proprie mani, si costruiscono tramite la tensione della matassa figure che si trasformano e si rinnovano a ogni movimento, in una sequenza di forme mutevoli. Lungo il percorso curato da Francesco Manacorda e Marianna Vecellio al Castello di Rivoli, in occasione della mostra Mutual Aid – Arte in collaborazione con la natura, i legami presentati tra i 21 artisti antropici, animali, vegetali e non-umani, disegnano schemi complessi in ogni lavoro esposto.
La solida infrastruttura filosofica del progetto ha un legame indissolubile con la Haraway e affonda le radici nel pensiero di Pëtr Kropotkin. Autore nel 1902 de Il mutuo appoggio. Un fattore dell’evoluzione, fu il naturalista russo per primo a contraddire la teoria darwiniana secondo cui, nei momenti chiave dell’evoluzione, sarebbe la competizione tra specie a promuoverne il progresso.
La linea retta non esiste in natura
L’allestimento si dipana in tutta la lunghezza della Manica Lunga del Castello di Rivoli, con una successione di lavori capaci, singolarmente, di suscitare ognuno interesse per i meccanismi coautoriali coinvolti nella loro realizzazione e i luoghi in cui sono stati creati. Tuttavia, nel suo insieme, l’esposizione risulta in una sequenza eccessivamente lineare, sostanzialmente a tappe. La mostra incarna le caratteristiche del pensiero tentacolare ed è più capace di generarne a sua volta, laddove i lavori formano grovigli tra loro.
Un esempio si ha all’altezza dell’esposizione in cui si incontrano i dieci tricotteri vestiti d’oro e perle di Hubert Duprat. La serie Tube de Trichoptère nasce dall’interazione fra l’artista e questa specie di insetti acquatici, capaci di costruire un astuccio protettivo con ciò che trovano – solitamente sabbia, pietre, alghe e foglie, in questo caso il materiale fornito da Duprat – per ripararsi dai predatori e dalle condizioni ambientali.
Le larve ricoperte dal loro prezioso astuccio fronteggiano i lavori di Maria Thereza Alves, tra i quali spiccano due ripari per animali di piccola taglia in porcellana, senza titolo, uno dei quali pensato come un “hotel per insetti”, e sono preceduti da tre opere inedite dalla collezione privata di Thomas Saraceno. L’artista argentino ha evidenziato tramite la polvere di grafite e conservato le ragnatele di ragni Argiope, Cyrtophora citricola e Lyniphiidae. In questo groviglio la silenziosa coesistenza fra specie non comunicanti della nostra biosfera risuona limpidamente.
Più avanti la presenza umana è questionata dalle piante. L’ultima commissione di Henrik Håkansson, Untitled (Green Corridor), ricalca gli stretti corridoi di Bruce Nauman, lasciando lo stretto spazio fra due specchi – oggetto tipico dell’artista svedese – alle piante che attivano l’installazione. Riflesse negli specchi le fotografie della serie Overgrown Structure, nucleo di un focus su Robert Smithson, dialogano con il lavoro di Håkansson, raccontandoci la storia di uno spazio liminale ceduto alla natura e di un altro liminoide – quello delle coltivazioni in Florida – in cui essa è sempre stata presente ma oggi rischia di scomparire.
L’interrogativo con cui si rischia di uscire dalla mostra riguarda la reale codipendenza tra le specie coinvolte. È ambiguo quanto e come le specie non umane abbiano effettivamente trovato supporto in questo contesto; fatta eccezione per quelle pratiche mirate a non aggravare la crisi climatica in corso, come l’attenzione alla sostenibilità nel trasporto delle opere.
L’edizione italiana di Chthulucene, saggio del 2016 di Donna Haraway – nel quale è possibile approfondire i vocaboli del suo dizionario utilizzati in questo articolo –, sottotitolava Sopravvivere su un pianeta infetto, ma quella inglese titolava Staying with the Trouble, “rimanere in mezzo ai problemi”. A Mutual Aid, quantomeno, si può riconoscere il merito di riuscirci, portando in mostra una serie di modelli bio-relazionali da importare in altri campi.
La mostra Mutual Aid sarà visitabile al Castello di Rivoli fino al 23 marzo 2025.