28 dicembre 2024

Other Identity #140, altre forme di identità culturali e pubbliche: Rachele Gabrielli

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Other Identity è la rubrica dedicata al racconto delle nuove identità visive e culturali e della loro rappresentazione nel terzo millennio: la parola a Rachele Gabrielli

Rachele Gabrielli, Secret room, 2022

Tratta dall’omonima rassegna ideata dall’artista e curatore indipendente Francesco Arena, la rubrica “OTHER IDENTITY – Altre forme di identità culturali e pubbliche” vuole essere una cartina al tornasole capace di misurare lo stato di una nuova e più attuale grammatica visiva, presentando il lavoro di autori e artisti che operano con i linguaggi della fotografia, del video e della performance, per indagare i temi dell’identità e dell’autorappresentazione. Questa settimana intervistiamo Rachele Gabrielli.

Rachele Gabrielli, RITRATTO

Other Identity: Rachele Gabrielli

Il nostro privato è pubblico e la rappresentazione di noi stessi si modifica e si spettacolarizza continuamente in ogni nostro agire. Qual è la tua rappresentazione di arte?

«L’arte ci dà la grande opportunità di oltrepassare il muro del convenzionale, dell’ordinario, del socialmente accettato, di scoprire nuove realtà invisibili, di guardare il mondo con occhi meno stanchi e di comprendere meglio ciò che ci attraversa. Quindi la mia arte è alla ricerca di tutte queste possibilità altrimenti negate e di una verità profonda che viene rappresentata nelle immagini in una chiave simbolica e sublimata».

Quello che resta, 2022

Creiamo delle vere e proprie identità di genere che ognuno di noi sceglie in corrispondenza delle caratteristiche che vuole evidenziare, così forniamo tracce. Qual è la tua “identità” nell’arte contemporanea?

«Onestamente non ho mai pensato di creare un’identità artistica in particolare. In ogni lavoro che faccio mi impegno nel restare fedele a me stessa, in particolare a ciò che provo. Credo che ogni stato d’animo porti con sé un modello rappresentativo diverso, quindi non mi impongo l’utilizzo di un unico linguaggio fotografico bensì assecondo le mie necessità creative ed emotive. Nei miei lavori parto sempre da una mia urgenza personale e la sfida ovviamente è rendere condivisibile una parte della propria storia».

Non sum dea_ – chiamami per nome, 2023

Quanto conta per te l’importanza dell’apparenza sociale e pubblica?

«Direi poco. Sono una persona piuttosto timida anche se tendo a nasconderlo ma anche piuttosto strafottente da preferire il mio benestare a quello degli altri. Credo invece che per un artista sia importante la condivisione, contribuendo anche ad uno sviluppo del sentimento di empatia».

Il richiamo, il plagio, la riedizione, il ready made dell’iconografia di un’identità legata al passato, al presente e al contemporaneo sono messi costantemente in discussione in una ricerca affannosa di una nuova identificazione del sé, di un nuovo valore di rappresentazione. Qual è il tuo valore di rappresentazione oggi?

«Credo che nolente o volente tutti noi abbiamo delle contaminazioni artistiche, delle referenze da cui attingiamo ma non troppo. Oggi siamo talmente bombardati da immagini che è inevitabile commettere l’errore involontario di produrre delle immagini simili ad altri oppure scoprire che qualcun’altro abbia realizzato un’immagine simile alla tua. Se si inizia un lavoro mossi dal pensiero di essere il più originale o esclusivo di sempre si è già falliti in partenza! Dovremmo distaccarci dall’idea che un’immagine è solo nostra. Quando si decide di condividere una foto sui social ma anche in una mostra, automaticamente quell’immagine smette di essere solo tua».

Velvet & Violet, 2024

ll nostro “agire” pubblico, anche con un’opera d’arte, travolge il nostro quotidiano, la nostra vita intima, i nostri sentimenti o, meglio, la riproduzione di tutto ciò che siamo e proviamo ad apparire nei confronti del mondo. Tu ti definisci un’artista agli occhi del mondo?

«Onestamente non ho la presunzione di definirmi un artista. Credo di essere una persona che per stare bene e percepire un senso di pienezza e di appagamento nella vita, ha bisogno di creare e tradurre il proprio pensiero ed emozioni in immagini».

Quale “identità culturale e pubblica” avresti voluto essere oltre a quella che ti appartiene?

«Per molti anni ho studiato canto e musica jazz, ambivo a diventare una cantante soul di successo ma ero molto giovane ed insicura e questa insicurezza mi generava una grande frustrazione».

Velvet & Violet, 2023

Biografia

Nata a Roma nel 1987, da sempre appassionata al mondo dell’arte, si diploma presso il Liceo Artistico di Roma, proseguendo parallelamente gli studi di musica e canto jazz. Laureanda in psicologia si avvicina alla fotografia solo nel 2018 frequentando corsi e master sul linguaggio fotografico presso le associazioni di Roma OF e CSFAdams. Quest’anno partecipa al laboratorio per autori emergenti curato da Yogurt Magazine.

Nel 2020 inizia a ricevere i primi riconoscimenti in concorsi internazionali, tra i quali, Minimalist photography awards, ND Awards, International Color awards e nel 2022 viene selezionata da Gup Magazine tra i 100 talenti nel FreshTalent Eyes 2022. Le sue opere sono state esposte in mostre collettive e pubblicazioni nazionali ed internazionali, in ultimo per Imagination Paris, Liquida Festival e Paratissima di Torino.

Velvet & Violet, 2023

La sua ricerca fotografica si basa principalmente sulla messa in scena, attraverso un linguaggio simbolico e metaforico e spesso servendosi dell’autoritratto come mezzo di introspezione e proiezione.

Utilizza la fotografia come strumento di indagine, grazie alla sua immediatezza rappresentativa di ciò che vediamo ma ancor più di ciò che sentiamo e che suggerisce, nella totale soggettività, l’unicità dell’essere umano. Il suo linguaggio fotografico principalmente simbolico e metaforico abbraccia la sfera dell’inconscio restituendo immagini sublimate in cui prevale l’ambiguità, l’oblio, l’inafferrabilità, la rottura tra reale e immaginario.

 

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