11 gennaio 2025

Raffigurare il desiderio: il “passo a due” di Beatrice Favaretto in mostra a Venezia

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Negli spazi di Mare Karina è in corso la prima personale di Beatrice Favaretto. Il progetto Multiple Maniacs è un viaggio alla scoperta del corpo, del desiderio e della sessualità come diritto essenziale e atto di liberazione

Beatrice Favaretto, Multiple Maniacs, Mare Karina. Ph. Clelia Cadamuro

Fino all’1 febbraio 2025 è possibile visitare Multiple Maniacs, la mostra personale di Beatrice Favaretto (Venezia, 1992) ospitata nel nuovo spazio veneziano Mare Karina. L’opera video che dà il nome al progetto, titolo a sua volta tratto dall’omonimo film di John Waters del 1970, viene presentata integralmente per la prima volta dopo essere stata parzialmente proiettata in anteprima lo scorso ottobre al PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano, in occasione della Giornata del Contemporaneo.

Beatrice Favaretto, Multiple Maniacs, Mare Karina. Ph. Clelia Cadamuro

Nel progetto realizzato da Favaretto confluiscono le tematiche principali che la giovane artista ha sviluppato sin dai primi anni della sua pratica e ampliato ulteriormente a partire dal 2019. La sua ricerca, che vede l’utilizzo del video come medium principale, mira a indagare l’esperienza della sessualità e la sua rappresentazione nella società contemporanea, oltre all’uso del corpo come strumento di attivismo in cui coesistono elementi privati e pubblici. Le sue opere narrano gli aspetti più intimi legati al corpo, all’erotismo, alle riflessioni post-porno e ai tabù che li accompagnano, soprattutto nel caso di individualità raramente esplorate.

Beatrice Favaretto, Multiple Maniacs, Mare Karina. Ph. Clelia Cadamuro

Il progetto Multiple Maniacs consiste in un’installazione video a tre canali ed è frutto dell’incontro avvenuto fra l’artista e Maximiliano Ulivieri, attivista e fondatore dell’associazione LoveGiver che promuove i diritti sessuali e affettivi delle persone con disabilità. Lo spazio di Mare Karina appare diviso in due sezioni, ognuna contenente una delle fasi di gestazione dell’opera. Entrando in galleria, sulla sinistra, in posizione apparentemente defilata ma in parte visibile anche dall’esterno, è presente la prima parte del lavoro di Favaretto: un piccolo schermo al centro della parete nel quale Ulivieri, in dialogo con l’artista, comunica l’importanza di riconoscimento del diritto alla sessualità e al desiderio nelle persone affette da disabilità e non.

Beatrice Favaretto, Multiple Maniacs

Una tenda di colore scuro separa questa prima sezione dal resto del progetto di cui sentiamo l’audio ma non scorgiamo le immagini. Prima di varcare la soglia, sulla parete leggiamo un testo scritto dall’artista nel 2022 dal titolo Carezze, sostantivo femminile: una riflessione che vede il contatto tra corpi come atto di conoscenza e scoperta. Nonostante sia precedente alla gestazione del progetto in mostra, questo testo funge da chiave di lettura per comprendere le immagini che seguono. «La pelle è il nostro confine», così inizia il testo di Favaretto ed è proprio questo il primo organo che, attraverso la propria videocamera, l’artista esplora sul corpo di Ulivieri, che nello schermo giace nudo su un tavolo. È una vera e propria scoperta che Maximiliano consente a Beatrice di fare sul proprio corpo, «depositario di una memoria fisica» e di una parte della propria identità. Come in qualsiasi atto di conoscenza, però, questa scoperta è reciproca. Il video principale dialoga con un piccolo schermo sulla destra, dove sono visibili le riprese che Ulivieri ha effettuato a sua volta sul corpo nudo dell’artista: per Favaretto, infatti, l’atto creativo è sempre un atto condiviso, in cui lascia che l’altro agisca come se fosse un’estensione del suo stesso corpo.

Beatrice Favaretto, Multiple Maniacs, Mare Karina. Ph. Clelia Cadamuro

Il colore rosso acceso che caratterizza le immagini video – ripreso anche nell’allestimento della galleria e visibile anche dalle vetrate esterne dello spazio – risalta ancora di più l’aspetto intimo e a tratti violento di questo viaggio visivo, soprattutto quando le riprese si spostano dall’epidermide alle cavità orali. Questi aspetti strizzano l’occhio all’immaginario di riferimento di Favaretto, come l’estetica radicale del cinema trash americano e sperimentale degli anni ’70, in cui si enfatizzavano aspetti grotteschi e perversi con intenzioni volutamente provocatorie. Multiple Maniacs diventa così un viaggio in un’intimità individuale ma che diviene anche espressione di un’esigenza collettiva e che sfida le comuni concezioni di vergogna e desiderio, portando lo spettatore a confrontarsi con i diversi aspetti della vulnerabilità e della corporeità.

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