18 aprile 2005

fino al 9.V.2005 Dionysiac Parigi, Centre George Pompidou

 
Il dionisiaco nell’arte e l’arte come incontenibile follia. Esplode l’energia dirompente di un branco di artisti-satiri. Impegnati a raccontare il teatro della contemporaneità più irriverente. Dall’erotismo di Geers, alla sartoria impazzita di Farrel...

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Il Centre George Pompidou mette a nudo l’anima anarchica dell’arte contemporanea, il suo cuore desiderante e trasgressivo. Spericolati slalom tra filosofia nietzschana ed estetiche post-post moderniste, provocazioni intellettuali eccentriche, tra ironia ed esprit sauvage, teatralità e vocazione ludica: Dionysiac ridefinisce il “tragico contemporaneo” attraverso lo sguardo di quattordici artisti che rispecchiano un’attitudine diffusa dell’arte del nostro tempo.
Il contatto con le forze primigenie della Natura, l’oblio/destituzione del sé razionale, il parricidio e la germinazione del pensiero irriverente, l’esaltazione della vita come flusso incontenibile, l’epifania nomadica di una divinità senza territorio, tempo, lingua, aspetto costanti: Dioniso è il dio di carne e sangue, nato due volte, aperto all’eterno farsi e disfarsi dell’esistenza. Ogni artista ha a disposizione una sala del museo, un ambiente in cui allestire la sua visione complessa, tra ordine e disordine, armonia e dismisura.
Thomas Hirschhorn costruisce un enorme laboratorio-officina: utensili da lavoro o da cucina, scotch da imballaggio, secchi di plastica, fotografie, libri, fotocopie, monitor… Nel grande blob delle utopie contemporanee affondano cucchiai giganti di carta stagnola, uno per ogni ideale o simbolo della modernità. E’ il crepuscolo degli dèi, ridotti a ombre o feticci impropri.
Christoph Büchel, Minus, 2002-Courtesy Migros Museum, Zürich
Spirito giocoso, leggerezza e ironia esplosiva per i megaorsi in vetroresina di Richard Jackson, una pompa aspira-vernice infilata nel sedere e poi tutti in fila davanti agli orinatoi in un pissing ipercromatico.
Un nuovo intervento a quattro mani per Paul Mc Carthy e Jason Rohades; la loro opera Shit Pug (recipienti di forma fallica in cui erano conservati i rifiuti dei visitatori di Documenta XI) diventa qui Sheep Pug: i calchi in sapone dei contenitori sono esposti in una caotica sala del non sense, teatro degli exploit carnevaleschi di satiri-scimmia in preda a bizzarri rituali. Malachi Farrel ricostruisce una schizo-sartoria animata, in cui si innescano meccanismi sonori e cinetici fuori controllo; l’Atelier Clandestino si trasforma in una caverna del potere e dell’orrore, a metà tra giostra grottesca, campo di battaglia, aereo in picchiata, rifugio antiatomico: le sedie oscillano in mezzo ai mucchi di abiti, le macchine da cucire vibrano come mitragliatrici, esplodono sibili e grida, pianti, voci minacciose, mentre la stanza si riempie di fumo come gas letale.
Atmosfera gelida invece per l’installazione di Christoph Büchel che dopo aver organizzato in un minuscolo abitacolo un concerto di Los chicros e I love UFO, ha congelato i resti della festa mantenendo il locale a una temperatura di circa 15 gradi sottozero.
Kendell Geers, LaSainte Vierge, 2005
Maurizio Cattelan, giullare dispettoso, preferisce “defilarsi” e attirare l’attenzione con una strategica “assenza”: nessuna vera opera ma un saltimbanco che si aggira per le sale del museo – ogni volta con addosso un personaggio diverso – divertendosi a importunare gli ignari visitatori.
In una stessa sala interagiscono la scultura di Martin Kersels, enorme culla o nido rotante in cui si accatastano frammenti di mobilio e materiali da recupero, e le due opere di Keith Tyson, i quindici pannelli di Primordial Soup – pittura cosmogonica, big-bang e materia in espansione – e il monocromatico ziqqurat, torre bianchissima su cui si dispiegano oggetti superstiti, emersi da chissà quale origine sacra.
E poi ancora le sculture cupe di Jonathan Messe, cariche di simbologie mitologiche o sessuali; l’incombente scultura di peluche dei Gelatin; i cocci di bottiglia taglienti di Kendell Geers, sparsi lungo il perimetro delle pareti su cui si spalmano, in un icastico bianco e nero, i corpi nudi di donne lascive; i raffinati disegni animati di Fabrice Hyber, che esplorano il movimento di evoluzione e dilatazione di organismi e microsistemi; e a chiudere il tour, infine, il video-flusso di John Bock (realizzato insieme all’attrice Anne Brochet), erotismo dissimulato in deliranti visioni, candide e violente, sovversive e surreali.

helga marsala


Dionysiac – Parigi, Centre George Pompidou – Place Georges Pompidou – métro : Rambuteau, Hôtel de Ville, Châtelet- orari: tutti i giorni, escluso il martedì e il primo maggio – h. 11.00/22.00 -info: +33 (0)1 44 78 12 33
www.cnac-gp.fr


[exibart]

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