13 ottobre 2005

libri_interviste Luciano Pistoi – Il mercante d’arte è il consigliere del principe (allemandi 2005)

 
Qual è il ruolo del gallerista nel sistema dell’arte? E quello del mercante? Per avere qualche idea in più, un’intervista a Pistoi (in un libro uscito per Allemandi) è quel che ci vuole. Per la schiettezza con la quale dichiara che “il mercante viene prima di ogni altra figura nel sistema dell’arte, perché il primo atto di critica è l’acquisto”…

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Sarà che il ruolo del gallerista ha subìto una costante evoluzione (o involuzione?) nel corso degli ultimi anni. Sarà che, almeno in Italia, paiono sempre più scarseggiare, almeno a intenderli in una certa maniera. Ma è un fatto che, nel volgere di pochi mesi, due fra gli editori più importanti del settore hanno dedicato un testo in cui far parlare figure storiche del mestiere. Così, se Skira ha dato voce al decano Beyeler, Allemandi decide di pubblicare in forma estesa una conversazione che il compianto Luciano Pistoi (Roma, 1927 –Siena, 1995) ebbe con Franco Fanelli dieci anni fa, già pubblicata in parte su “Il Giornale dell’Arte”. Le vicende umana e professionale di Pistoi, che spesso erano tutt’uno, è fortunatamente nota, anche se assai di rado imitata. Ma dalle sue parole, com’è naturale, ne emergono sfumature inedite, una passione calmierata si potrebbe dire, che non ha nulla di romantico ma nemmeno di cinico.
Si parte dunque dagli esordi a Torino sulle colonne dell’Unità, in qualità di critico, per giungere alla decisione di aprire la Galleria Notizie nel 1958, sempre nel capoluogo piemontese. Una decisione, quella di occuparsi d’arte contemporanea, che in un certo modo matura in un ambiente affatto inusuale, il carcere. Quando il diciottenne Pistoi trascorre lunghe ore insieme a Mario Merz, entrambi partigiani. E mentre Merz disegna senza sosta, Pistoi legge il saggio di Brandi su Morandi. Lo spirito ribelle sarà una delle cifre distintive della critica di Pistoi, critica militante in una Torino del dopoguerra segnata a fondo, quasi tiranneggiata dalla figura di Casorati, con “quei nudi mortificati e tristi”. Allora il sostegno andava alla contropartita rappresentata da un Moreni, da uno Spazzapan.Luciano Pistoi con Carla Lonzi e Mario Nigro alla mostra di Luciano Fabro da Toselli a Milano nel 1970
Il giudizio tagliente di Pistoi non si esaurisce però con l’affilarsi delle armi del mestiere. Lo testimoniano le parole ancora nette nei confronti di Pistoletto, quando ritiene che i suoi specchi rappresentino “lo stesso raggelante mondo casoratiano” e vi ravvede “la sottile presunzione di chi si accinge a ‘fare il capolavoro’”. Ma non si tratta di sentenze senza appello, di livori ciechi, poiché poco dopo lo stesso Pistoi riconosce che Pistoletto è “con Paolini e Fabro tra gli italiani che negli anni Sessanta hanno cambiato il modo di fare arte”. La medesima franchezza è riservata ai “colleghi” di quegli anni, Arcangeli e Carluccio in particolare, che in un certo qual modo erano i corrispettivi di Casorati nel dominio della critica d’arte.
Tornando alla svolta in qualità di gallerista, Pistoi rammenta l’occasione di fare una mostra di Wols, alla quale segue una seconda personale che inaugura la galleria Notizie. In quelle sale dovevano passare artisti del calibro di Merz e Burri, ma anche provenienze straniere che Pistoi sottoponeva al gusto stupito dei torinesi, da Rothko a Frank Stella, quest’ultimo nel 1962 con una prima europea. Con a fianco Michel Tapié, organizzava nel 1959 la storica mostra “Arte Nuova”, con l’esordio nel Vecchio continente del gruppo Gutai, oltre a una sfilza incredibile di nomi. E con un manifesto firmato da Armando Testa e il finanziamento di Pinin Farina.
C’è appena il tempo per definizioni strabilianti in pochissime pennellate (Fontana come “ballerino argentino” e Burri “cacciatore umbro”) per giungere, a metà dei Settanta, all’esigenza di cambiare nuovamente, dopo una breve pausa. Come amava fare, per non riproporre all’infinito un’esperienza che annoiava il suo spirito intraprendente. Allora fu la volta del sodalizio romano con Sperone e Laureati, la celeberrima Galleria dell’Oca che inaugurò con un accostamento impensabile all’epoca, Merz e De Pisis.
Giusto qualche anno, dal 1977 al 1981, quando comincia un’altra avventura. Tornato nella terra toscana, si insedia a Volpaia, una commenda sconsacrata, dando vita a un percorso d’arte fuori dai luoghi deputati che doveva avere mille seguaci negli anni seguenti, anche e soprattutto in quella zona, con l’associazione Artecontinua e le dieci edizioni di Arte all’Arte. Proprio nei furiosi anni Ottanta il controcorrente Pistoi decideva così di trasferirisi a Radda in Chianti, per dislocare l’arte contemporanea e l’idea stessa di periferia, con al fianco Carlo Levi e Giacinto di Pietrantonio. E così l’ex critico ed ex gallerista poteva dichiararsi futuristicamente convinto della necessità di chiudere gallerie e musei, spazi “freddi, troppo funzionali”.
Naturalmente ce n’è anche per l’informazione specializzata, che dovrebbe “prendere esempio dalle pubblicità di moda” e non “sfornare” un “artista-genio ogni mese” come fa Flash Art (ipse dixit). Va segnalato nel libro anche l’interessante apparato iconografico, con fotografie dell’epoca che restituiscono almeno in parte l’atmosfera delle vicende che Pistoi ha originato e nelle quali si è immerso con una passione instancabile.

marco enrico giacomelli

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Luciano Pistoi – Il mercante d’arte è il consigliere del principe. Conversazione con Franco Fanelli
Allemandi & C. (Parola di…), Torino, 2005 – ISBN 88-422-1351-9 – Pagg. 48, ill. b/n, € 9 – Info: Via Mancini 8, 10131 Torino; tel. +39 0118199111; fax +39 0118193090; presidenza@allemandi.com; www.allemandi.com


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