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Interessante il numero di febbraio di Art e Dossier, ci invita a scoprire due artiste che furono, in campi diversi, protagoniste del loro tempo: Léonor Fini e Loïe Fuller.
Considerata una delle maggiori pittrici del Novecento, Léonor Fini ha attraversato il XX secolo interpretandolo con uno stile personalissimo che, pur avendo contatti con il Surrealismo, non è possibile codificare in nessuna corrente artistica particolare. Dotata di grande talento che esibisce sin dall’infanzia, inizia a lavorare già a diciassette anni, e negli anni Trenta inizia ad esporre. Spirito sperimentatore, si accosta a diverse tecniche, come il collage di vari materiali, ma poi torna alla pittura, di cui sfrutta tutte le potenzialità espressive, in uno stile suo proprio che sarà, sino alla fine, in continua evoluzione. Carichi di significati simbolici molteplici, i suoi dipinti hanno, nella maggior parte dei casi, le donne come protagoniste. Rassicuranti od inquietanti, positive o negative, carnali o evanescenti, sono visioni di sogno e di incubi, di vita e di morte, in un’alternarsi di contradditorietà propria della vita.
Danzatrice americana, nata nel 1862, Loïe Fuller è stata la musa di un intero periodo storico. Nel 1891, presentandosi sul palcoscenico coperta solo da leggerissimi veli illuminati in maniera particolare, iniziò a ballare eseguendo movimenti a spirale, creando un effetto ottico sorprendente e nuovo: era nata la “Danse Serpentine”. Il successo fu immediato, tanto che la Fuller si trasferì a Parigi, dove fu accolta entusiasticamente dal pubblico e soprattutto dal mondo artistico, sorpreso ed attratto dalle suggestioni astratte che la Fuller riusciva a creare sul palcoscenico. La Fuller creava personalmente i suoi vestiti e le luci di scena, di cui controllava i risultati con meticolosità. Inventò lei stessa diversi congegni elettronici e dispositivi luminosi, che le consentirono di mettere in scena spettacoli nuovi e mai visti prima. La sua figura, leggera ed avvolta in teli, diede il via ad una grande produzione artistica, dai cartelloni pubblicitari alle sculture, sino alle lampade.
La rubrica le Grandi mostre, ci invita a puntare la nostra attenzione a due grandi artisti italiani: Giacometti e Segantini. A Parigi, presso il Musée National d’Art Modern, una esposizione aperta sino al 9 aprile, è dedicata all’attività di disegnatore di Alberto Giacometti. Prassi mentale e pratica tipica della nostra cultura artistica, dal Rinascimento in poi, per Giacometti, disegnatore instancabile, il segno era parte fondamentale di ogni sua opera, grafica, pittorica o scultorea che fosse. A Venezia, dal 10 febbraio al 29 aprile, presso la Fondazione Guggenheim, sono esposte 13 dipinti e 18 disegni di Giovanni Segantini, eseguiti il 1884 e il 1899, periodo caratterizzato dalla sua personale interpretazione del Simbolismo.
Lo Speciale dedicato a Caravaggio propone la Lettura Iconologica della Deposizione, di cui si ricostruisce la storia dell’iniziale destinazione, per la Cappella Vittrici in Santa Maria Nuova. Conclude la rivista la rubrica Arte e Cinema, con un interessante analisi dei film dedicati alla vita di Caravaggio, profondamente influenzati nelle inquadrature, dai tagli luministici e dai contrasti ombra-luce, dei quadri caravaggeschi.
Il Dossier analizza la vita e l’intera vicenda artistica di C.D. Friedrich. Artista particolare, che dipingeva nella solitudine del suo studio i paesaggi visti ed accuratamente analizzati durante i suoi viaggi, poi rielaborati dalla sua mente, che ne ricomponeva frammenti restituendone un’immagine diversa, sentimentale, reale e fantasiosa assieme.
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Silvia Giabbani