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fino al 7.IV.2001 Paolo Leonardo Siena, Galleria Alessandro Bagnai
siena
Dittici, trittici e polittici di manifesti pubblicitari aggrediti dalla pittura. Corpi di modelli amputati e scarnificati. L’arte di Paolo Leonardo in mostra a Siena…
Già era considerata una di quelle gallerie che ‘fa il mercato’ in Italia e la conferma si è avuta dopo la mostra dei Dormice, affermati come uno dei gruppi emergenti più interessanti del panorama attuale. Dal 24 febbraio alla Galleria Alessandro Bagnai, di questa si parla, è protagonista, con una personale curata da Alberto Fiz, Paolo Leonardo.
Significativo sottolineare il carattere contraddittorio delle ultime esposizioni: un’arte che strizza l’occhio ai media, alla pubblicità, all’attualità, quella dei Dormice, precede una mostra che al contrario dichiara apertamente la supremazia dell’arte sul mondo facile e diretto della pubblicità.
Il ventottenne (!) artista torinese strappa i manifesti pubblicitari dai muri, li porta nel suo studio e vi agisce in maniera violenta e positiva. Osservando le opere in mostra, quasi tutte di grandi e grandissime dimensioni, l’azione di cui si parlava sembra essenzialmente una violenza: i corpi di modelli e modelle che appaiono sulle affissioni – icone di bellezza – vengono deturpate, scarnificate, addirittura amputate. Violentate. In un breve testo nel catalogo, Lambarelli afferma che l’arte di Leonardo non dialoga con la pubblicità, agisce e non interagisce. Si tratta di sovrapposizione dell’arte sulla non-arte. Del riscatto della pittura (non di quella pura e innocente che si fa usando tele bianche e pulite, sia chiaro). Dell’ascensione della comunicazione pubblicitaria dal non luogo della periferia al luogo della galleria d’arte. Un atteggiamento positivo, ottimista proprio per il fatto di essere orientato a portare la non-arte a livelli altissimi di Arte. Un approccio positivo alla situazione metropolitana – non dimentichiamo i numerosi interventi urbani che hanno visto le opere di Paolo ‘esposte’ per le vie di Bruxelles o alle fermate degli autobus di Nizza e Torino – che in questi ultimi anni molti artisti stanno imparando ad avere.
Il figurativo semplice e elementare del linguaggio pubblicitario, dicevamo, viene violentato e allo stesso tempo posto dinnanzi alla possibilità di riscattarsi. Innalzato. Le sagome dei modelli vengono amputate (nel Polittico 2000) fino a rievocare dei corpi in agonia, crocifissi; i colori industriali cambiano aspetto avvicinandosi ai (non)corpi dei ‘protagonisti’ in una sorta di rifiuto. Sulla limatura di questo rifiuto l’artista lavora. In altre opere resta visibile esclusivamente un viso, forse l’unico elemento degno di abbandonare la non-arte. Un’opera, completamente nera, pare combusta, quasi composta da brandelli di carta svolazzati fuori da un fuoco appena acceso: presenta delle analogie con i lavori di Alberto Burri e cosa faceva il maestro umbro se non ‘ferire’ l’oggetto con l’arte?
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massimiliano tonelli
vista il 24.II.2001
‘Paolo Leonardo’, Siena Galleria Alessandro Bagnai 17, Via di San Girolamo, dal 24 febbraio e 7 aprile 2001. ore 9.30/12 – 16/20. Tel 0577285040, email: galleriabagnai@tin.itCatalogo in mostra con testi di Alberto Fiz. Accesso disabili: SI, servizi igienici: NO, lingue straniere: NO, bar: NO, bookshop: SI, audioguide: NO, tempo di visita: 30min.
[exibart]
La pittura come strumento per uscire dal dominio della società di mercato e della pubblicità. Le figure dei manifesti pubblicitari, anzi le loro anime consapevoli, sono liberate dalla prigionia di un mondo finto e artefatto. Le figure libere non hanno più i colori di plastica con cui sono state bloccate sulla carta patinata; sono invece ricoperte di una sottile membrana trasparente, quasi organica: è l’ultimo filtro che le separa dal mondo reale, un filtro che stanno per infrangere, per essere finalmente libere di mostrare, di volta in volta, il loro vero volto (ora la speranza, ora l’agonia, l’amore ed il dolore, la vita e la morte). Di questo artista dall’atteggiamento decisamente romantico il momento performativo è importante quanto e più dell’opera finale. Egli percorre le strade ed i sobborghi urbani con l’ansia di un writer, alla ricerca di anime nascoste il cui lamento solo lui può sentire. Le sue superfici increspate, dure, portano i segni di un rito misterioso, convulso: le suole di scarpe che calpestato il manifesto come in una danza (ricordate Pollock?), le impronte di mani che lo hanno manipolato. La pittura non è morta, anzi è viva…e sta bene.
E se invece di uscire dalla pubblicità volesse nobilitarla? A suo modo…
La butto li…
Mettiamo il commento di Alf come articolo e il mio come commento? ehehhe
Ciao!
🙂
Ci vuole coraggio a pubblicare un articolo su Armando Testa in prima pagina e poi avvalorare la tesi che la pubblicità è una non arte…
Sovente mi capita di vedere manifesti pubblicitari più interessanti e significativi di molti lavori definiti “arte”….questo, senza nulla togliere all’ottimo ed interessante lavoro del mio omonimo concittadino….(e.s.)
E cosa ci vuole se non coraggio?
La non-arte pur essendo e restando tale è degnissima della prima pagina.
Un consiglio:
Marc Auge’, Non Luoghi, Seuil, Parigi 1992 110p.
….a questo punto mi piacerebbe leggere una definizione di arte che mi faccia capire e mi convinca che la pubblicità è una non arte…è una sfida!
non trattasi di nonarte in senso assoluto. Tuttavia quando la prendi e la modifichi in un qualcosa che poi definisci arte diventa non-arte.
Non è una categoria assoluta quella della non-arte, non sia mai.
Comunque nel libro del filosofo francese c’è anche una sorta di definizione.
non trattasi di nonarte in senso assoluto….RITRATTI?!?!
Tuttavia quando la prendi e la modifichi in un qualcosa che poi definisci arte…. CHI E’ CHE LA DEFINISCE ARTE????
ciao pa
Si potrebbe partire dalla critica di Benjamin (la perdita dell’aura, dell’hic et nunc, ecc.) ma per oggi lasciamo perdere e proviamo a divertirci con una soluzione magari pedestre e magari inedita. Lasciamo da parte, per una volta, i sacri testi (come li definì uno dei nostri una volta) e proviamo a chiederci cosa intendiamo per pubblicità (anche se qui si tratta dei soli manifesti). Sembra che pubblicità significhi 1. L’essere pubblico, 2. Divulgazione, diffusione tra il pubblico, 3. Attività aziendale diretta a far conoscere l’esistenza di un bene o servizio e a incrementarne il consumo e l’uso, 4. Qualsiasi forma di annuncio diretto al pubblico per scopi commerciali (sto citando lo Zingarelli, mica chissaché). Circa la definizione di Arte, lo stesso Zingarelli se la cava diplomaticamente con “L’attività, individuale o collettiva, da cui nascono prodotti culturali o comportamenti e simili che sono oggetto di giudizi di valore, reazioni di gusto e simili”: insomma è arte ciò che (democraticamente?) decidiamo che lo sia.
Il problema sta, in quest’ultima definizione, nella parola “valore”; infatti la parola ha almeno 2 significati per noi importanti, quello economico (valore economico) e quello di “pregio” (di valore come di pregio: un quadro di pregio e via dicendo); ma pregio deriva dal latino pretium (=prezzo; ah, il pragmatismo dei romani…); sia come sia, pare doversi tornare alla questione economica. E, per una volta e per oggi almeno, proviamo a non sottrarci a questo nodo di Gordio. Tutto sommato si potrebbe dire che il valore (o pretium) del lavoro del pubblicista stia nel creare qualcosa che induca a comprarne un’altra (l’oggetto pubblicitario rimanda all’oggetto pubblicizzato, cioè ad un nuovo valore o pretium che sta al di fuori di sé). Il valore (o pretium) del lavoro dell’artista sta nel creare qualcosa che aspira, tende ed ha la vocazione ad avere un valore (o pretium) in sé e per sé. In entrambi i casi, se il fine non è raggiunto, il lavoro del soggetto creatore si svaluta. Ecco che allora si potrebbe dire che, almeno per il fattore economico (uno dei fattori che incidono nell’opera d’arte, ma non l’unico e, probabilmente, neppure il più importante, con buona pace di tutti), una differenza c’è: che l’arte (o l’idea dell’arte), e l’ha dimostrato Duchamp, è sostanzialmente autoreferenziale (anche nella riproducibilità rimane un unicum). La pubblicità serve all’oggetto pubblicizzato per farlo vendere meglio agli uomini, mentre l’arte serve di per sé agli uomini, in essa coincidono pubblicità ed oggetto pubblicizzato; e tanto ne ha bisogno l’uomo che finisce per pagarla, e pure a caro prezzo, nella sublime illusione di possedere quell’unico prodotto che credo potremmo chiamare semplicemente puro piacere. Probabilmente l’equivoco nasce da qui: infine, l’uomo finisce sempre per desiderare di possedere qualcosa, ed in questa smania tratta alla stessa stregua il piacere relativo di un’auto ed il piacere puro ed interiore di un’opera d’arte. Mi perdonino gli amanti della pubblicità, cui regalo un link: http://www.publimania.com/.
L’arte è pubblicità di se stessa
(itentium definitionis)
Il dibattito nato intorno a questa mostra dimostra che questo è uno di quegli artisti che riesce ancora a far disutere, e ciò è bene, ce n’è bisogno. Tra l’atro questo mese Arte e Critica (recensita nella rubrica “edicola”) gli ha dedicato la copertina (bellissima per altro), oltre a citarlo tra gli artisti migliori usciti da Arte Fiera.
Per Felix: mi fa piacere che tu abbia tirarto in ballo Arte e Critica, così mi dai l’occasione di fare a te e agli altri una domanda. Non conosco molto il mondo del mercato e delle gallerie, però cerco di tenermi informata almeno sulle cose che capitano dalle mie parti; grazie a questo ho notato che nel gruppo degli artisti suggeriti come i migliori giovani italiani, quella rivista propone tutta la “scuderia” del gallerista mantovano Carasi. Se non sbaglio ben 7 nomi su una settantina sono suoi. Mi e vi chiedo: è normale questo? Sono veramente tutti artisti interessanti o c’è qualcosa sotto che non va? In giro si legge (anche qua) che questa galleria sta facendo molto bene, però mi pare una cosa un po’ strana. Tra l’altro un bel numero degli stessi nomi erano citati anche su un piccolo inserto di Kult uscito di recente. E’ tutta una manovra preordinata o no?
credo non sia una manovra, almeno non lo è con la dose di malfede che siamo abituati a considerare. Credo che il fatto che una serie di artisti riesca a convincere cruitica e pubblico (pubblico istruito) sia un fatto che spinge alla promozione degli stessi. Se ci sono dei risultati si è sempre più invogliati a diffondere il messaggio, e da parte dei media appare sempre più evidente la necessità di parlarne. Il circuito è chiaro, quanto irto di perplessità lasciate qua e là…ovvio! Ciò non toglie che esista una galleria che effettivamente ci azzecca, per dirla con parole schiette, come anche ci sta il fatto che qualcuno possa dubitare. Rimane un dato. le opere di questi artisti hanno una valenza che va oltre al fattore “mercato”…se poi la promozione degli stessi sottostà ad una eccellente campagna pubblicitaria…pazienza. Qualcuno fa bene il proprio mestiere.
E’ proprio qui il punto: non è una serie di artisti ad aver fatto breccia, ma una galleria. Mi chiedo: ma gli altri citati, non saranno anch’essi parte di scuderie simili? Perché se fosse così dovremmo parlare, di nuovo, del solito potere occulto di un pugno di galleristi e non di artisti più o meno bravi.
Va da se che il discorso diventa complesso e assume carateristiche di cerchio senza capo ne coda. Mi appare inevitabile che un artista oggi non riscontri successo se nessuno lo promuove, o se non si promuove da solo. Ora, una galleria ha il merito di credere in un artista, o in una serie. Questi finisce per aver successo..e la galleria acquista un valore per la qualità delle opere che propone. Mi pare logico che il prossimo artista che lei presenta goda di un occhio di riguardo proprio in virtù del fatto che è la medesima galleria che ha scovato il precedente talento che propone questo nuovo. Il nome purtroppo è indice di garanzia, che poi si faccia sempre in tempo per smentirne la fama, questo è altrettanto vero. Di sicuro non applicherei preconcetti solo per partito preso. Il senso critico deve essere così ben delineato da permetterci di indiviuare cosa sia bufala e cosa no. Non è semplice. Quanta credibilità ha guadagnato un certo Achille Bonito Oliva solo perchè ha etichettato la Transavanguardia??? mi pare che viva bene di rendita ora. Di sicuro ha perso la stima dei molti suoi primi sostenitori…cosa che puntualmente accadràla galleria in questione nel caso si scoprisse o si sentisse la puzza di MARCIO. saluti…il vostro:DUBBIO
Paoloooo! Vai all’estero ad esporre. Prendi armi e bagagli e punta a ovest, sempre a ovest, e fermati solo quando trovi “welcome to Soho”. Occhio ai meteoriti e agli asini che volano e non farti distrarre dalle donne seminude.
Ho visto il catalogo, è splendido, probabilmente il più bello mai realizzato su P.L.
Sono Massimo Carasi, il gallerista di Mantova a cui fa cenno il messaggio del 04/03/01firmato da Maddy Carlini.
Ci terrei a precisare che la galleria non sta architettando nessuna manovra preordinata ( anche se non colgo esattamente il senso del termine). Se la signorina Maddy Carlini desidera conoscere i meccanismi attraverso i quali una galleria viene pubblicizzata, otterrà una risposta sulla base di alcune elementari considerazioni. Esiste una legge di mercato (non l’abbiamo fatta noi!) per la quale: più una galleria acquisisce spazi pubblicitari, più gode degli onori della cronaca. Oppure : una galleria non primeggia nell’acquisizione di spazi ma si costruisce, con fatica, una discreta reputazione per la coerenza e l’originalità delle sue scelte. La nostra è attiva dal 1991, come documenta il curriculum sul nostro sito http://www.carasi.it e ha presentato, in anteprima, una nutrita schiera di giovani artisti che oggi godono di un certo rispetto.
Perciò se Roberto Lambarelli e Daniela Bigi (i direttori di Arte e Critica) si sono spostati dalla loro sede romana e ci hanno visitato, dedicandoci il loro tempo e uno spazio considerevole nella loro rivista, questo è dovuto esclusivamente, a loro giudizio, alla qualità delle proposte che la galleria sta offrendo.
Stesso discorso vale per l’interesse che ha suscitato il nostro lavoro in una rivista di impronta totalmente diversa quale Kult.
Ora: Roberto e Daniela, entrambi storici dell’arte, da molti anni intrapprendono una attività di critica piuttosto seria e sono particolarmente sensibili ai nuovi fermenti che si stanno verificando all’interno del panorama nazionale (questa è la motivazione prima, in quanto il più delle gallerie italiane offrono una preponderante selezione di artisti stranieri non sempre di livello qualitativo ineccepibile).
Se la”gentile” Maddy Carlini poi criticasse i motivi per i quali tale scelta è avvenuta, indicando cioè, le ragioni per le quali gli artisti nominati non incontrano il suo favore, solo allora non rischierebbe di apparire un pochino sprovveduta.
Sospetto invece che del lavoro dei vari Leonardo, Gruppo Eya, Sabine Delafon, Pastorello, Alicia Erba ecc. l’amica veronese non conosca un granchè , ne’ si sia mai degnata di visitare le personali che si sono tenute nella nostra sede a Mantova (eppure la provincia di Verona è molto vicina).
Kult, che piaccia o meno, incarna la volontà del suo direttore Enrico Cammarrota che si è preso l’impegno di creare una commistione unica in Italia, tra realtà pubblicitaria e mondo dell’arte. Se le sue scelte vertono su artisti che rappresentiamo, esse sono le benvenute (in passato, lo stesso interesse è stato rivolto, d’altra parte, verso gallerie quali Ciocca, B&D ecc.) e ciò che conta alla fine è cosa viene mostrato!
Tanto per completare il quadro è bene che la signorina Carlini sappia che anche la rivista Juliet di Trieste si interessa al programma della galleria con continuità, Artesegno , http://www.temaceleste.com , http://www.gabriuszine.com , per non parlare delle recensioni occasionali sul Il Sole 24 Ore, La Repubblica, nonchè Flash Art Iitalia che ha recensito durante questi anni gli artisti di cui sopra e che si occuperà della mostra di Paola De Pietri inaugurata domenica 25 febbraio. Colgo inoltre l’occasione per ringraziare dell’ospitalità http://www.exibart.it che spesso ci rivolge il suo interesse.
Cordialmente
Massimo Carasi
Mbè!!! che dire??? Ottimo l’intervento del Nostro gallerista. Mi fa piacere osservare che lo spazio dei “commenti alla notizia” viene usato molto bene. Poter assistere a questi scambi di battute, garbate e illuminanti è un privilegio che incontro solo presso le Vostre pagine. Complimenti alla redazione! Venendo alla questione volevo solamente schierarmi a favore del gallerista per quanto concerne la serietà delal galleria che qui presenta, e dalla parte dell’acerrima avversaria, per ciò che compete l’ipotesi avabzata…ma in questo caso non applicata alla galleria citata, ma ad un sistema generale. In breva, le perplessità ci sono certo…ma forse non dobbiamo dubitare di tutti indistintamente! saluti, e volo via!
benissimo! Carasi ha rispsosto e credo anche abbia placato anche gli animi più accesi. ora, mi interesserebbe sapere cosa pensa Paolo di Torino, della definizione che Alf ha dato di arte.
Ma quanto è bello seguirvi si exibart…sapere finalmente come la pensano i galleristi!!!
Complimenti a Carasi. Davvero molto interessante il suo intervento.
Eccellente dibattito in calce a questo articolo. Non ho parole!
Enormi complimenti a Massimo Carasi e al suo rintuzzare le accuse pervenutegli.
Si tratta di un gallerista che si fa vedere e parecchio pur non stando a Roma o a Milano…
Sono daccordo col gallerista di Mantova. All’estero una polemica come questa non avrebbe neppure ragion d’essere. Però, però: i giornalisti non potevano dirlo? Perché nascondersi dietro un dito? Insomma se, come dice Carasi, i giornalisti in causa seguono con regolarità l’attività della galleria perché non lo hanno scritto nella prefazione allo speciale (2-3 righe per segnalare i casi di gallerie di proposta più significative non avrebbero fatto mica schifo) ? Siamo alle solite: il critico si serve e lavora nelle gallerie, ma si guarda bene dal farsi coinvolgere dalle logichette del mercato. Atteggiamento da paraventi!!!!