07 marzo 2007

LA CARICA DELLE PENNELLESSE

 
Una valanga rosa vi seppellirà. Perché, se a Natale siamo tutti più buoni, a marzo siamo tutti più donne. Così sbocciano le mimose e fioriscono mostre e iniziative rigorosamente vietate ai maschietti. Autoreferenziali. Anacronistiche. Noiose…

di

Il problema stavolta non è quello di recensire una mostra. Che può essere bella o brutta, interessante o insulsa. Il problema è capire perché si organizzino certe mostre. E perché ogni otto marzo debba puntualmente essere funestato da iniziative per sole donne (che nel peggiore dei casi non si limitano ad una sola giornata, ma si protraggono per l’intero mese). Esposizioni fatte da, per e sulle donne. Autoreferenziali. Anacronistiche. Noiose. Sulla qualità, poi, meglio stendere un velo pietoso. Un velo? Per carità! Da quando l’Occidente ha scoperto che esiste l’Islam, nel dì consacrato al woman pride avanzano plotoni di Addolorate in burqa, ormai protagoniste assolute a spese di africane infibulate, sudamericane desaparecide, albanesi precocemente prostituite e casalinghe tumefatte da mariti alcolizzati. Un mondo equo e solidale United States of Benetton, perlopiù ritratto, fotografato, “installato” da patetiche accolite di tarde giovincelle in cerca d’autore e vecchie non-glorie sfiorite, con le mani spaccate dalla varechina più che dalla trementina, sottratte all’oblio e al macramè per iniziativa di quelle stesse istituzioni che, guarda un po’, quando si tratta di sovvenzionare altre mostre nel resto dell’anno, latitano. È la demagogia, dura lex sed lex di una politica che agli artisti offre impari opportunità, però senza alcuna discriminazione sessuale. Salvo, appunto, riscoprire la voglia di mecenatismo allo sbocciar delle mimose. E allora via, performers nostalgiche di zoccoli e dazebao e dame di San Vincenzo diplomate in ikebana, tutte insieme appassionatamente in retoriche e arruffate collettive-apartheid, ad inebriarsi di vittimismo/protagonismo veterofemminista e a starnazzare contro le quote rosa erose.
Contro l’evidenza.
Nan Goldin - Nan one month after being Battered 1984
Contro la realtà di un sistema in cui non ha più senso invocare una “Società di protezione bestie rare”, perché le donne nell’arte ci sono, eccome. L’ultimo Turner Prize se l’è beccato una pittrice. E quante leonesse-vessillifere ruggiranno a Venezia anche quest’anno, nei padiglioni patri? E mica vorremmo metterci a scartabellare tra gli inviti ai vernissage, per contare le presenze muliebri? Sciocchezze.
Nonostante tutto, però, intorno alle fatidiche Idi tocca assistere impotenti al proliferare –in spazi pubblici e sul circuito privato medio/basso, giacché a nessun gallerista serio verrebbe in mente una cosa del genere- di mostre settoriali e settarie, come se esistessero pennelli e pennellesse, come se ci fosse ancora bisogno di suffragette con la tavolozza in mano, o di pasionarie armate di plasma screen. Pronti a piangere e a scandalizzarci per le sorelle disgraziate in via di sviluppo sotto le bombe, visto che è solo il caso-limite a far notizia e tanto meglio se è lontano da noi. Perché i group show al femminile servono proprio a questo: a ricordarci che, per fortuna, c’è chi sta peggio di noi, emancipate consumatrici di assorbenti alati. E pazienza se, in tempi di revanscismo maschilista (“Borat” docet), tocca tenersi la palpatina sul bus e la battutina del collega. Pazienza se prima di fare un figlio bisogna chiedere il permesso al capo (che qualche volta non lo dà). Pazienza se culi e tette ristrutturati servono a vendere e a fare share. Pazienza se bisogna dimostrare che, se una gonna sta su una sedia importante, è perché ha sudato sui libri e non altrove. Pazienza se a trent’anni inizia la corsa a botox e liposuzione perché magazines e fidanzati-mariti scandiscono con inesorabile delicatezza il passar del tempo. Pazienza se bisogna morire taglia 40.
Tanto, dopo la mostra, si va tutte a far shopping. E poi una bella cenetta tra amiche. Naturalmente light.

anita pepe

foto in alto: Elina Brotherus, Salle de bain au mimosa, 2004, Courtesy gb agency, Paris (particolare)

[exibart]

20 Commenti

  1. Si vede che non hai molto da dire! è facile “spingere” le tematiche sulle donne sia nel bene che nel male … fidati te lo dice una che ha studiato seriamene l’argomento …

  2. Ciò che dici Anita è senza dubbio veritiero, ma se è vero che l’otto marzo ha perso la memoria storica, nobile, che lo caratterizza, dall’altro credo che tu per dirlo assuma il tono sprezzante, e perdonami, saccente, di chi dimentica che talvolta l’autoironia e il sapersi prendere in giro è l’altra faccia della medaglia per affrontare i problemi. Sottolineare che le gonnelle conquistano il potere solo con lo studio e il sacrificio mi pare troppo ovvio, specie per la generazione che come la nostra (trentenni) sa bene che non basta essere veline per sfondare.
    Anita, anche essere altezzosi e ampollosi nel dire che i problemi legati al mondo femminile sono altri(lo sappiamo bene) e che non bastano le pennellesse per ricordarlo, è dannoso quanto il fatto che una giornata come quella di domani sia troppo spesso completamente svuotata del significato originario.
    Le donne sanno bene il ruolo primario che hanno nella società, e sanno impegnarsi per manifestare il proprio carattere, ai massimi livelli.
    Anche senza prediche! Cosa fare? Io penso parlare delle donne e tra donne a ogni latitudine nel modo giusto, anche con un pizzico di frivolezza e al profumo delle mimose, purchè serva a sensibilizzare e ad educare al rispetto.

  3. Non solo le pittrici ci sono oggi, ma ci sono sempre state… Il problema – se c’è – forse è un altro, più legato allo status di intellettuale che prevede oggi il ruolo di artista. In ogni modo, da un lato sono d’accordo che si sta degenerando nel puro marketing (soprattutto in vista dell’8 marzo), dall’altro penso che la presenza delle donne nell’arte (come in qualsiasi altro settore), essendo una “differenza”, comunque arrichisce e come tale va valorizzata. Soprattutto non credo sia archiviabile così facilmente, solo in base al puro dato numerico.

  4. Vorrei essere un uomo e una donna e dimenticarmelo. Respiro e vedo la creazione indivisa di una mente aperta.
    Una collettiva tutta al maschile non fa scandalo e una al femminile viene immediatamente etichettata.Che noia.A quando una mostra di soli artisti omosessuali o di colore o magari ebrei?

  5. mi è venuta in mente questa poesia…

    “Nulla è in regalo, tutto è in prestito.
    Sono indebitata fino al collo,
    sarò costretta a pagare per me
    con me stessa,
    a rendere la vita in cambio della vita.

    E’ così che è stabilito,
    il cuore va reso
    e il fegato va reso
    e ogni singolo dito.

    E’ troppo tardi per impugnare il contratto.
    Quanto devo
    Mi sarà tolto con la pelle.

    Me ne vado per il mondo
    Tra una folla di altri debitori.
    Su alcuni grava l’obbligo
    di pagare le ali.
    Altri dovranno, per amore o per forza,
    rendere conto delle foglie.

    Nella colonna Dare
    Ogni tessuto che è in noi.
    Non un ciglio, non un peduncolo
    da conservare per sempre.

    L’inventario è preciso,
    e a quanto pare
    ci toccherà restare con niente.

    Non riesco a ricordare
    Dove, quando e perché Ho permesso che aprissero
    Questo conto a mio nome.

    La protesta contro di esso
    noi la chiamiamo anima.
    E questa è l’unica voce
    Che manchi all’inventario.” Wislawa Szymborska

  6. Caro piero non si scaldi! capisco anche il suo di “mal che fare”, continui pure a studiare, le può fare solo che bene!

  7. no barbara, tranquilla, non mi scaldo, questo e’ un argomento tiepido tendente al freddo, come la sostanza di queste mostre.
    Studiare una categoria di donnette che si autoghettizza sinceramente lascia il tempo che trova, e nuoce alla categoria. Trovo cio’ che ha scritto Anita (guarda caso una donna) di una lucidita’ e un’intelligenza che dimostra da sola la stupidita’ di fare ancora simili paragoni tra uomo e donna, sopratutto nell’arte contemporanea.

  8. Bhe l’argomento suscita dibattito. Bene! peccato che se ne parli solo l’otto marzo – nel bene e nel male – e non tutto l’anno, del problema voglio dire..
    E come piccolo cadeau dedico a donne e uomini, d’accordo o non d’accordo con l’appassionato (??!!) articolo della Pepe (tanto furore verbale andrebbe forse meglio speso..facile farlo sempre a proposito di o contro le donne..) quello che la nonna o bisnonna Virginia Woolf ebbe a dire a proposito della scrittrici:
    che anche loro potessero avere il diritto di essere mediocri come gli uomini, senza l’obbligo di dover essere dei geni o delle nullità..
    Buon otto marzo ragazze!!!

  9. articolo stupendo, pienamente d’accordo.Un’altra concezione politico-strumentale sul 8 marzo.hanno concesso un giorno l’anno alle donne, sotto l’egidia maschile. dimenticando che il bisogno di sicurezza personale è quotidiana.l’8 marzo alcune donne ricordano che esistono le donne, hanno memoria lunga.complimenti!
    E se quelle sono alcune immagini della mostra, non oso immaginare il resto.
    Quanti spogliareli maschili hanno avuto il pienone stasera? la più grande festa paesana inventata, in confronto san valentino è nulla.
    evvabeh! ogni tanto c’è una nuova scoperta.ma io l 8 marzo mi sento tanto Tillo. :o)

  10. Condivido in toto quello che hai scritto. Rispecchia in tutto e per tutto il mio pensiero…
    Oggi è un giorno di lutto per me. Proprio nel ricordo di quelle 129 vittime e di tutte le altre che quotidianamente subiscono malvessazioni e sevizie in ogni parte del mondo…
    I nostri diritti ce li siamo davvero guadagnati sul campo di battaglia. Una guerra c’è stata ma non mi sento ancora vittoriosa…Tutto il resto non ha senso, è solo contorno di una falsa ipocrisia borghese. Specialmente quando si pensa che il oltre l’80% delle donne che ricorrono al pronto intervento sono vittim e di abusi in famiglia che loro non denunciano per timore e vergogna.
    Finanziano le mostre?…Uhm… sarà un modo anche questo per tenerci buone per gli altri 11 mesi?

  11. Che noia, sono d’accordo. Che noia andar per generi…..che noia questa prevalenza del considerare tutti solo dalla cintura in giu’……
    che noia tutti questi ‘pride’……..questo valutare….
    questo valutare dall’alto…….

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