09 marzo 2007

fino al 27.III.2007 Decostructing Frank Milano, Galleria Pianissimo

 
Tre artisti dediti alla decostruzione. Un americano, un tedesco e un italiano raccontano la propria versione del postconcettualismo. Registrando tre evoluzioni differenti dell’argomento. Succede a Milano…

di

Il post concettualismo come decostruzione della realtà e dei codici rappresentativi della tradizione artistica. Dalla classicità alle avanguardie e i loro derivati. Luigi Rizzo, Ian Burns e Ingo Gerken, rispettivamente un italiano, un americano e un tedesco, operano in questo senso, mettendo sul campo esperienze personali e metodologie differenti, esprimendo tuttavia un’unica volontà di scoprire il meccanismo. Elencare le regole e fornirne un resoconto feroce, ma con nonchalance, affiancando a freddi esami concettuali la lieve carezza dell’ironia e del disimpegno. Non c’è, infatti, in questi artisti alcuna volontà di narrare o di sviscerare i contenuti, che spesso solo accennati. Si tratta di opere che si disinteressano completamente alla Storia e alle sue complicazioni come patrimonio di sottotrame da sceneggiare e di problematiche attraverso le quali sensibilizzare il proprio pubblico. L’obiettivo della triade proposta dalla collettiva è quello di presentare un quadro sensuale, seppur analitico delle immagini, dei media, dei riferimenti usati. Senza volontà dissacratoria. È un’operazione molto simile alla sintesi sottrattiva, per la quale dal nero si ottengono i colori. O di una torta in cui si indovinano gli ingredienti.
Gli aromi utilizzati da Luigi Rizzo sono immagini in movimento di una gara di rally scaricate dal web. Lontano è dalle intenzioni dell’artista è il desiderio di darsi ad azioni di pirateria, argomento che passa infatti in second’ordine. In primo piano è, invece, la sovrapposizione di una sequenza completamente differente, la ripresa di un’orchestra di jazz in azione. I ritmi discrepanti delle due immagini, le ambientazioni opposte, le atmosfere incompatibili, creano una sensazione di scarto, di fastidioso scollamento tra le due sequenze. Ciò che viene opportunamente decostruito è il significato stesso di colonna sonora, tramortita dalla sincope creata dalla disarmonia compositiva.
Più minimale è la rassegna restituita da Ingo Gerken, che muove direttamente dalla Ian Burns, Colony Cam, 2005 letteratura anglosassone, nella fattispecie dal Frankenstein di Mary Shelley e dal mito romantico del doppio. Tuttavia il suo Boys don’t cry più che un omaggio ad una trama eterna, sembra essere una dichiarazione di guerra all’intera tradizione. Rilasciata con la descrizione risicata delle gambe del mostro in due legni spezzati, appoggiati ad una sedia di plastica. Che diventano l’immagine attuale del corpo contemporaneo, frammentato e violentato, di cui le singole parti si trasformano in metonimie di messaggi, appelli e moti di disperazione.
Ian Burns, infine, sintetizza con una maestria pop tutta americana un intero filone di fate morgane e scherzi ottici raccontati dall’arte contemporanea. Una bandierina di fili di cotone vibrante nel soffio debole di un piccolo ventilatore, si trasforma nello sbarco sulla luna se ripresa da un’elegante micro telecamera alla giusta distanza. Non c’è frode né ammiccamento nell’opera di Burns. L’ingranaggio è spietato e si espone all’occhio del visitatore senza alcun pudore. Scappa un sorriso, forse, ma senza alcun tentativo di seduzione. Né tantomeno un’ombra di tiepida complicità.

santa nastro
mostra visitata il 3 febbraio 2007


dal 18 gennaio al 21 marzo 2007 – Deconstructing Frank
Galleria Pianissimo, Via Giovanni Ventura 5 – MM Lambrate – Milano / +39 022154514 (info) – info@pianissimo.itwww.pianissimo.it
dal martedì al sabato dalle 15 alle 19


[exibart]

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