11 luglio 2007

fino al 2.IX.2007 Matthew Barney / Joseph Beuys Venezia, Collezione Guggenheim

 
Barney Vs Beuys. Sculture, video e disegni per raccontare la trama di rimandi tra due artisti che hanno costruito il proprio lavoro a partire dall'esperienza autobiografica. Due sciamani (post)moderni…

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Ci sono mostre che pongono questioni critiche aperte, che stimolano un dibattito e fomentano polemiche, altre che invece propongono analisi e forniscono delle chiavi di lettura per alcuni fenomeni. È di quest’ultimo tipo la lucidissima disanima proposta da Nancy Spector per il Guggenheim che mette a confronto uno dei maestri scomparsi della contemporaneità e uno dei più solidi rappresentanti dell’arte dei nostri giorni che maestro si accinge a diventarlo.
Sono molti infatti i legami che esistono tra Joseph Beuys (Kleve, 1921-Düsseldorf, 1986) e Matthew Barney (San Francisco, 1967), a partire dalla forte componente autobiografica per arrivare all’uso dei materiali, sebbene ci siano alla base poetiche assai differenti. L’evento centrale nella vita di Beuys, ossia il citatissimo episodio della morte sfiorata in un duello aereo in Crimea, cui seguì la cura da parte dei nomadi con grasso e feltro, ha per certi aspetti la medesima funzione di pietra miliare dell’ossessione per il corpo ipertrofico e potente di cui Barney, ex giocatore di football, si nutre a partire dalla seconda metà degli anni ’80. E se il primo declina il proprio bagaglio personale in versione messianica, nel ruolo di artista impegnato in una dinamica di guarigione del mondo, il secondo si concentra su un’estetica raffinata impregnata di simboli, attinti tanto da un pantheon personale che da tradizioni teatrali e riti religiosi.
Le vetrine dei due autori occupano la prima sala della mostra in modo straniante, come sempre accade in un museo che non ha mai smesso di essere la casa di Peggy. L’una accanto all’altra, le teche accolgono le Slitte dell’artista tedesco e i dischi serigrafati di Barney Cremaster 2 e 3 insieme ad oggetti di marmo, metallo, ma anche grasso e cera d’api (l’alveare è il simbolo dello Utah, il primo stato che ha applicato la pena di morte a partire dalla sua reintroduzione, proprio all’uomo cui il video è ispirato).
Joseph Beuys, Honigpumpe am Arbeitsplatz, 1977, tecnica mista, dimensioni variabili
Nei corridoi –che meriterebbero un’illuminazione più accurata– trovano posto invece i disegni che contengono in entrambi gli autori la simbologia della croce, ma anche propaggini anatomiche, lembi di vegetazioni, arricchiti con l’usuale grasso. Ma se in Beuys la materia grassa è simbolo viscerale di rinascita, di cambiamento continuo cui la sostanza organica è destinata, in Barney è più spiccato l’uso in funzione estetica e percettiva. E tra l’altro i disegni di quest’ultimo sono tutti dotati di un’interessante cornice, realizzata dallo stesso autore, che in questa maniera fa slittare sulle tre dimensioni l’opera: non si tratta più solo di un disegno ma di un oggetto, per certi aspetti una scultura.
È invece compiutamente scultura Vakuum / Masse di Beuys, che salda in una cassa di ferro una pompa avvolta nel grasso che diventa emblema del perenne movimento espansione-rarefazione. Oppure Honigpumpe am Arbeitsplatz, parte dell’installazione realizzata per una performance del ’77 in cui il miele veniva soffiato e diffuso quale elemento energetico e linfa vitale. Le opere scultore più complesse di Barney sono invece quelle di Chriysler Imperial, caratterizzate dall’assemblamento talvolta volutamente incoerente talvolta raffinato, tra elementi e materiali stranianti, che rappresentano il disfacimento delle automobili del ciclo di Cremaster, ridotte a frammenti senza senso di cemento, plastica, acciaio, gel.
Matthew Barney, Chriysler Imperial, 2002, tecnica mista, cinque unità, dimensioni variabili
Non possono mancare i video dei due artisti, che documentano da un lato l’aspetto performativo e dall’altro quello più visionario ed immaginifico, ma è nel complesso che la mostra fa centro. Non vi è dubbio infatti che Matthew sia uno dei più bravi, e inconsapevoli, figli di Joseph.

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daniele capra
mostra visitata il 2 giugno 2007


dal 2 giugno al 2 settembre 2007 – All in the present must be transformed: Matthew Barney and Joseph Beuys – a cura di Nancy Spector
catalogo ita/ing con testi di Nancy Spector, Christian Scheidemann, Mark Taylor e Nat Trotman – Venezia, Collezione Peggy Guggenheim, Palazzo Venier dei Leoni, Dorsoduro 701
tutti i giorni 10-18, chiuso il martedì
visite guidate e laboratori didattici su prenotazione
ingresso € 10, anziani € 8, studenti fino 26 anni € 5
per informazioni tel. 041.2405.411, fax 041.520.6885
info@guggenheim-venice.itwww.guggenheim-venice.it


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7 Commenti

  1. A proposito del ‘duello aereo’ in Crimea, “pietra miliare” dell’opera di Beuys e dell’arte contemporanea secondo il nostro amico, e nota BUFALA secondo i più avvertiti, leggetevi questo:
    BENJAMIN H. D. BUCHLOH,
    Beuys: the twilight of idol. Preliminary notes for a critique, “Artforum”, January 1980, pp. 35-43, pubbl. anche in Neo-avantgarde and culture industry. Essays on american and european art from 1955 to 1975, MIT Press, Cambridge 1994;

  2. caro herr zing, può essere.
    fa riflettere però che si trovano degli studiosi prometeici disposti a smentire le cose più impensabili, dall’alunaggio all’11 settembre, all’aereo di joseph…

  3. altro che duello in crimea, ebbe delle perdite di carburante e venne recuperato all’ospedale di foggia, da questo episodio trasse la mostra famosa dal titolo “Viaggio in Italia”…i nomadi con la loro teoria del feltro e del miele altri non erano che contadini foggiani…ma andatevene…

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