12 luglio 2007

L’arte digitale arriva anche a Noto

 

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[12|07|2007] |||arte contemporaneapersonale

L’arte digitale arriva anche a Noto
 

ARTECH

inaugurazione domenica 15 luglio 2007 alle 19.00 | a cura di vincenzo medica e riccardo saldarelli | studio barnum | noto (sr)

Il 15 luglio (ore 19,00) a Noto presso lo Studio Barnum si aprirà la mostra personale di CELESTE, artista di origine netina che, arricchita da un percorso accademico e di esperienza pratica a Firenze, ritorna, dopo dieci anni nella sua terrà natale con una rassegna di arte digitale presentata da Riccardo Saldarelli, uno dei primi italiani ad aver codificato questa tendenza artistica a livello internazionale.
La mostra, che si concluderà il 31 luglio, è patrocinata dal Comune di Noto e si colloca tra gli eventi culturali collaterali alla riapertura della monumentale Cattedrale.

Celeste: spunti per il III trattato sulla computerart

Giusi Celeste lavora da oltre dieci anni nel campo delle applicazioni delle tecnologie digitali all’immagine piana, dominio della cosiddetta computer painting. In un periodo iniziale questa artista ha operato prevalentemente su tematiche come “frammenti di memoria biologica”, “frammenti di memoria numerico – geometrica”, “frammenti di memoria casuale-random o frattale”. Ha ricavato e pazientemente elaborato la sua “materia pittorica” da parametri modulari, ora di tipo morfologico-strutturale, ora mutuati dal mondo delle morfologie biologico-animali e da quello dei numeri e delle geometrie, partendo da “matrici” iniziali selezionate tra le molte, appartenenti al proprio bagaglio culturale “figurativo”, attraverso una delle molteplici tecniche digitali, hardware e software, a sua disposizione. Non mancano nella sua ricerca provocatori momenti di ritorno all’uso del pennello tradizionale e a divertenti “inserimenti polimaterici”.

Più recentemente Celeste ha riscoperto il suo vissuto fotografico ricchissimo di architetture, paesaggi, scene di costume, ed altro. La fotografia, quella digitale è un ulteriore arricchimento del suo bagaglio tecnico.

Essendo, dunque, il “digitale” denominatore comune delle tecniche di rappresentazione da lei prescelte, va costruendo il suo “prodotto artistico” finale per successive elaborazioni ed è questo il secondo momento fondante della sua ricerca artistica: la possibilità di molteplici variabili a disposizione per poter soddisfare le proprie esigenze creative ed è qui che, a mio avviso come da tempo vado sostenendo, sta il primato dell’arte digitale lo stesso ipotizzato sin dagli anni sessanta da uno straordinario ricercatore italiano, Carmelo Genovese, assolutamente antesignano di qualsiasi ragionamento sulle implicazioni delle tecnologie informatiche nell’arte.

Celeste intraprende così un nuovo “racconto pittorico” senza tradire mai la sua vocazione dominante che è trasmissione verso l’osservatore del suo continuo stupore nello scoprire nuove e sempre più intriganti soluzioni estetiche finali.

Qui, al termine di un processo creativo in progress assai laborioso, resta un evocativo richiamo a paesaggi o situazioni reali, con alternanza di momenti delicatamente evanescenti ad altri più decisi e coraggiosi, fino al raggiungimento, talvolta, di effetti più “acidi”. Anche in questi casi, le composizioni di Celeste vengono sempre armonizzate con perfetti registri cromatici che fanno dell’uso del colore un altro elemento fondante del lavoro di questa artista, giovanissima ma già promettente esponente di quella che oggi viene internazionalmente definita “arte dell’immagine digitale” o anche, da alcuni “cultori” contemporanei della materia, “ARTech”.

Una denominazione vale l’altra, quando, fatte salvi i necessari “distinguo”, rappresenti effettivamente le esigenze espressive e di collocazione dei nuovi operatori. Siamo partiti a metà degli anni settanta con la “computer art” che io stesso iniziavo ad assumere come denominazione ufficiale della mia personale ricerca artistica, oggi, date le innumerevoli variabili possibili penso sia corretto definire il campo – nel caso di immagine piana – con il termine di “computer painting”, meglio ancora con la più universale definizione di “pittura digitale”.

A questo punto sento necessaria una precisazione: anche se il più delle volte, in buona o in mala fede, gli operatori in questo campo dell’arte sembra lo ignorino, vanno però basando la loro giovane produzione e la loro balbettante filosofia estetica su più antichi principi, oggi universalmente riconosciuti e prevalentemente accettati solo negli ambienti scientifici. In questa ottica, limitandoci a nomi italiani, vale qui la pena ancora sottolineare le premesse fondanti come quelle poste da Genovese, già citato in questa presentazione, e con lui dagli anni sessanta in poi da Silvio Ceccato, fondatore italiano della cibernetica e da Piero Grossi, padre della musica elettronica e creatore della “home art”. Mi sia consentito anche citare a questo punto del mio ragionamento, Corrado Maltese, insigne storico dell’arte, che negli anni settanta codificava con la sua ricerca universitaria la lettura dell’opera d’arte in chiave tecnica.

Attribuendo a questa presentazione il valore di una breve scaletta di lavoro per il “terzo trattato” sulla materia che, di fatto, sto faticosamente portando avanti da lunghi anni, l’assumo, intanto, come impegno metodologico per sviluppare, poi, un discorso più completo sull’ arte digitale che ha bisogno di continue verifiche “in tempo reale”, come quella di oggi.

Il lavoro di Celeste si configura, di fatto, nella testimonianza della nuova generazione di ricercatori nell’arte digitale, quella che “fortuitamente” dispone di mezzi (strumenti e procedimenti) sempre più potenti e qui rimando ad un più ampio un discorso in altra sede.

A questa generazione di operatori/artisti mi piace affermare che, oggi, va affiancandosi una generazione di nuovi operatori/studiosi che non chiamerò volutamente “critici”, attributo oggi da riscrivere. Tra questi soggetti cito qui soltanto due, a campionatura di diverse estrazioni e diverse operatività sul “mercato”dell’arte: Pablo Echaurren che nel suo articolo “Vi dico io chi è il Killer dell’arte: il MERCATO” (Panorama, 13 febbraio 2007, anno XLVN, N. 7) fa uno spietato, ma quanto mai probabile, quadro della situazione dell’arte oggi e Demetrio Paparoni, Storico dell’Arte all’Università di Catania, attivo dagli anni novanta, quando sostiene, tra l’altro, che “la scienza … è l’unica vera avanguardia attuale”.

E qui io aggiungo: “le tecnologie digitali – sia di input che di output con il loro patrimonio di hardware e software, materiali speciali per la riproduzione e procedimenti avanzati – caratterizzano le frontiere delle nuove avanguardie artistiche”. Si tratta, per dirla in altre parole con gli addetti ai lavori, di tutto quel knowhow che, in ultima analisi, dalla scienza appunto deriva e viene offerto all’arte attraverso questi nuovi artisti; comprensivo – e questa è la novità – dei mezzi per autogestire la comunicazione e la diffusione del proprio operare anche nel web.

Celeste si può, dunque, annoverare a pieno titolo tra le presenze “tecnologiche di attualità” che vanno distinguendosi nel panorama mortificato e mortificante di un “postmodernismo a tutti i costi” trasmesso anche all’arte da una globalizzazione che, tutto appiattendo, fa proprio dell’arte terreno di comode strumentalizzazioni o di proiezioni di sogni impossibili ed anacronistici.

Riccardo Saldarelli


Celeste. ARTech
Fino al 31 luglio 2007
Studio Barnum
Via Silvio Spaventa, 4
Noto (Siracusa)
Tel. e Fax 0931 574797
Cell. 347 6390763
vimedica@studiobarnum.it
Informazioni
Cell. 3496700137
info@atelierceleste.it
www.atelierceleste.it

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