-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
ExibInterviste ai direttori: GIOIA MORI
Personaggi
di Silvio Saura
Terza tappa delle ormai seguitissime ExibInterviste ai direttori. Gioia Mori ci racconta una delle riviste più lette: Art e Dossier. L’intervista segue a quelle di Giancarlo Politi (FlashArt) e Lorella Pagnucco Salvemini (ArteIn). Il progetto editoriale è a cura di Silvio Saura…
di Silvio Saura
Terza tappa delle ormai seguitissime ExibInterviste ai direttori. Gioia Mori ci racconta una delle riviste più lette: Art e Dossier. L’intervista segue a quelle di Giancarlo Politi (FlashArt) e Lorella Pagnucco Salvemini (ArteIn). Il progetto editoriale è a cura di Silvio Saura…
di redazione
Qual è, per lei, lo scopo di una rivista d’arte cartacea?
Posso dire qual è lo scopo di “Art e dossier”: diffondere con accattivante e limpida chiarezza contenuti di massima precisione filologica. Questo sia che si tratti di raccontare il progetto di una mostra, oppure le conclusioni di uno studio attributivo o una lettura iconologica, argomenti spesso complessi da esporre e divulgare. Sembra l’uovo di Colombo: esattezza dei contenuti e forma limpida; in realtà, è uno dei traguardi più difficili per molti storici dell’arte italiani. Dico “italiani” perché per la tradizione critica di altri paesi il problema non esiste. Penso infatti a certa prosa limpida, coinvolgente, di Gombrich o di Chastel, così facile da poter essere compresa anche da chi della materia è solo un cultore e non necessariamente uno specialista. Per certi paesi come Francia e Inghilterra la divulgazione non ha mai comportato l’abbassamento della qualità. In Italia certo accademismo, soprattutto in passato, ha voluto creare attraverso un linguaggio criptico, spesso involuto ma considerato invece “chiaro” segno di sapere, una barriera tra chi detiene questo sapere e il pubblico. Molti storici dell’arte italiani, negli ultimi anni, hanno scoperto che il rigore filologico non esclude la divulgazione, che la pubblicazione di una ricerca in sede scientifica non esclude, opportunamente declinata, anche la pubblicazione divulgativa.
Come vede il panorama attuale delle riviste italiane e internazionali dedicate all’arte?
Estremamente differenziato, con pubblicazioni di impronta molto diversa tra loro, ognuna nasce da specifiche scelte culturali, editoriali e commerciali.
A quale target si rivolge con la sua pubblicazione?
Il pubblico di “Art e dossier” è vasto e diversificato per preparazione culturale e età. Dallo studente della media inferiore a quello universitario (i nostri dossier sono usati come testi di esame in molte università italiane), dal collezionista all’amatore, da chi ama visitare mostre e musei, ai professionisti dei settori più diversi.
Che cosa vuole comunicare con la rivista che dirige?
La casa editrice Giunti (www.giunti.it) ha una lunga tradizione nel settore delle pubblicazioni d’arte sia di alto livello come, per esempio, i facsimili dei codici di Leonardo o il corpus della pittura all’Ermitage, che divulgativo, come atlanti o monografie dal costo accessibile. La rivista dunque non è una monade isolata nell’ambito dell’attività della casa editrice, e lo scopo è sempre lo stesso: diffondere l’arte e la sua storia, al più vasto pubblico possibile. Personalmente, come storica di formazione iconologica, trovo importante trasmettere la storia dell’arte come parte di un sistema culturale ampio, in cui storia, letteratura, religione e committenza diventano elementi spesso fondamentali in un’opera. Un sistema in cui tutte le manifestazioni della creatività e del pensiero dialogano e si influenzano: in questo senso, nella rivista, sono ospitati spesso articoli che analizzano i rapporti dell’arte con letteratura, cinema, musica o letture iconologiche.
Il servizio che ricorda più felicemente.
Ci sono molti articoli o dossier che ricordo come felici esperienze culturali, perché hanno portato alla ribalta autori poco noti al pubblico o interpretazioni che hanno fatto cambiare addirittura i titoli di qualche quadro nelle didascalie dei musei. Per esempio il mio dossier su Tamara de Lempicka, del 1994. La pittrice era criticamente quasi sconosciuta in Italia, era nota soprattutto attraverso i poster. Al dossier è seguita la pubblicazione di un libro, sempre da me curato, che, con quattro edizioni, ha ottenuto un successo editoriale tanto inaspettato quanto interessante, che dà la misura della diffusione della testata. Altre scommesse editoriali sono stati alcuni articoli di Achille Bonito Oliva o dossier dedicati alle avanguardie, come quello di Silvia Bordini sull’arte elettronica o quello di Renato Barilli su Keith Haring.
Quello che ha creato più scalpore o problemi.
Una rubrica che crea spesso scalpore o, quantomeno, reazioni accese è la “Pagina nera” di Fabio Isman. Fra le denunce che hanno creato qualche problema c’è senz’altro quella, pubblicata proprio in coincidenza con l’inizio del giubileo, in cui si denunciava lo scempio operato dal Vaticano del monte di Santo Spirito, sede degli Horti di Agrippina e teatro di alcuni martiri, risparmiato dai barbari ma non dal megaparcheggio per i pellegrini. Oppure, quello, sempre di Isman, che raccontava di burocrati e complici italiani che avevano favorito i saccheggi di opere d’arte da parte dei nazisti.
Che problematiche incontra nella realizzazione della rivista.
Nessuna particolarmente grave. Semmai ci sono delle piccole sfumature che denotano maggiori disfunzioni nel sistema organizzativo italiano rispetto a quello dei musei stranieri. Oggi conosco già le mostre che saranno organizzate (e soprattutto quando apriranno) dai maggiori musei del mondo almeno fino al 2003. In Italia è quasi normale che tutto avvenga a ridosso, con maggiori ritardi di comunicazione.
Quali soddisfazioni?
Oggi è ormai banale parlare di turismo culturale e di offerta culturale. È considerata normale una vasta affluenza di pubblico a musei e mostre, ma fino a dieci anni fa l’arte era ancora un sistema piuttosto chiuso. Mancava un’economia così sviluppata; pensiamo alla gadgettistica, ai sistemi di prenotazione delle visite, alle cosiddette grandi mostre che hanno necessità di grande affluenza per ripagarsi dei costi enormi di assicurazioni e trasporti. Ebbene, questa economia cresciuta intorno all’arte, ne ha fatto un bene di consumo. Ha contribuito con pubblicità e comunicazione a sollecitare un interesse sopito, che neppure la scuola ha saputo incentivare. Basti pensare che in Italia, paese detentore della maggior parte delle opere d’arte dell’intero pianeta, si è perfino proposto di togliere l’insegnamento della storia dell’arte nelle scuole. L’economia che possiamo definire culturale ha certamente contribuito a sollecitare l’interesse per l’arte. Mi piace pensare che anche una rivista come “Art e dossier” abbia svolto un ruolo, abbia dato un suo contributo sollecitando un interesse che sovente il paludamento del mondo accademico mortificava.
Chi vorrebbe tra i suoi collaboratori?
La rivista ha collaboratori da tutto il mondo, in genere specialisti – storici dell’arte, professori universitari, direttori di musei – che presentano scoperte, mostre da loro curate e studi più diversi. Però io leggo sempre tutte le proposte che arrivano in redazione fatte anche da studiosi appena laureati, e molti membri del comitato scientifico mi segnalano studi e scoperte fatte anche da studenti universitari molto giovani. Se c’è un principio a cui mi sono affidata, è valutare il servizio che rendo al lettore, senza fermarmi a considerazioni relative alla scuola di appartenenza dell’autore. Che nel campo della storia dell’arte sono molte e con ostracismi molto severi.
Chi non vorrebbe?
Coloro che scrivono per se stessi e qualche amico: e infatti non ci sono autori di questo tipo.
Rimpianti?
????
Il futuro online?
Il futuro online è già visibile, all’indirizzo www.artonline.it, il sito di cui curo il progetto editoriale. Usufruisce anche dell’immenso patrimonio della rivista, in gran parte realizzato dallo stesso staff. Dal punto di vista editoriale internet è la realizzazione di un sogno: il suo spazio è un organismo in continua trasformazione, in cui i luoghi subiscono cambiamenti, aggiunte, sviluppi, e qualsiasi proposta e contenuto possono essere continuamente aggiornati e ampliati, forniti di letture e chiavi di ricerca sempre più vaste, dando luogo a costruzioni complesse. E, con le sue sliding doors mentali, i suoi funambolici percorsi, offre maggiori possibilità rispetto alla struttura fissa del prodotto cartaceo. Per fare un parallelo architettonico, se il libro o una rivista sono assimilabili alle lineari e sintetiche creazioni di Le Corbusier o Rietveld, internet può essere rappresentata dai giochi di curve e ellissi del giapponese Kurokawa, che elabora strutture con diverse forme geometriche combinate tra loro, che si aggregano in una continua germinazione di elementi. A rappresentare il dinamico flusso della vita e del sapere.
Articoli correlati
ExibInterviste precedenti: Lorella Pagnucco Salvemini (ARTEIN)
ExibInterviste precedenti: Giancarlo Politi (FLASHART)
Silvio Saura è critico d’arte, collabora con diverse testate, vive e lavora a Venezia.
[exibart]
Gentile Signora Gioia,
ho letto con piacere la Tua intervista, più volte.
Il piacere sta nel fatto che, se è vero che nulla di ciò che si deve imparare vale la pena di essere insegnata, la Tua intervista è bella perché ha la freschezza di non voler insegnare alcunchè e, proprio per questo, credo che finisca deliziosamente per far imparare qualcosa.
Ovviamente non Ti conosco, ma mi piace immaginarTi che organizzi la rivista pensando che potrà essere “usata” da una scuola media o dal collezionista, da un’Università o da professionisti di settore, da semplici appassionati o da iniziandi.
Poiché, e questo credo sia fondamentale, ritengo che nessuno possa pensare che una “categoria” riesca a comprendere qualcosa, a priori, meglio di un’altra.
Forse ne sarà avvantaggiata per ragioni di occupazione o di inserimento, ma, permettimi, il globo è pieno di imbecilli, ed essi appartengono ad ogni categoria.
Il pubblico va educato all’Arte e non addomesticato ad essa, e agli specialisti va ricordato che l’Arte è in movimento, progressivo o regressivo che sia, e che nulla di nuovo, di dinamico, può essere valutato attraverso categorie di giudizio statiche e non sovrapponibili a ciò che si va a considerare.
In questo, sono pubblico anch’essi.
Il compito, me ne rendo conto, non è facile.
E spesso i critici commettono tanti errori di valutazione quanti ne commette il pubblico nel dar loro troppo credito.
Tuttavia, se nell’assolvere questo compito si rinuncia all’insegnamento di chissà cosa, se si rinuncia all’addomesticamento e si tiene presente la responsabilità “pedagogica” (visto che hai citato la filologia, accogline il significato greco)che i redattori hanno, penso il compito sarà assolto, comunque, con onestà intellettuale ed il compito sarà assolto, comunque.
L’Arte è quella forma di espressione umana che suscita e suggerisce l’interpretazione.
Noi chiediamo che ci venga insegnato ad interpretare, non a prendere sempre per buone le interpretazioni già confezionate, spesso, troppo spesso, senza appello.
E’ per questo che mi è piaciuta la Tua intervista.
Perché hai proposto la Tua rivista come una vetrina dell’arte, e non come una fucina dell’arte.
Solo una cosa vorrei aggiungere a ciò che hai già detto Tu.
Parlando del futuro dell’arte on line hai, giustamente, citato il sito http://www.arteonline.it, che ho visitato e che trovo estremamente interessante.
Ecco, a questo proposito mi permetto di aggiungere il “nostro” sito Exibart, fatto altrettanto bene, con una passione seconda a nessun’altra.
Exibart, rivista telematica d’arte alla quale noi lettori teniamo moltissimo.
Ti ringrazio e Ti saluto.
Ciao, Biz.
Scusa Biz ma http://www.arteonline.it è ancora in costruzione …e non mi sembra ci siano elementi sufficienti per valutarlo.
L’intervista è effettivamente molto interessante, raramente si legge una prosa così cristallina (perchè immagino che l’intervista sia stata fatta via fax, email ecc. giusto?). Però devo essere sincero, malgrado leggo spesso le pubblicazioni di giunti, trovo che il materiale proposto è sempre molto poco stimolante sul piano emotivo (Gombrich lo era…per rimanere agli approcci filologici). Docenti universitari (non sempre, diciamocelo, all’altezza intellettuale del ruolo che rivestono), laureandi, dottorandi, lo studentello segnalato dall’amico professore…insomma una visione triste e accademica, distaccata molto spesso dalla vera sostanza dell’arte e questo sinceramente non so quanto bene faccia all’arte e all’educazione all’arte.
Non credo inoltre che la maggiore acculturazione artistica delle masse dipenda tanto da pubblicazioni come queste, quanto piuttosto da una diffuso desiderio di arte sempre più serpeggiante tra la gente di ogni strato sociale, che io giustificherei sinceramente con altri fattori. In primo luogo un desiderio di sacralità non sufficientemente appagato per l’uomo
contemporaneo; secondariamente l’allentamento delle morse dei bisogni materiali che spinge a rivolgere l’attenzione verso dimensioni esistenziali più voluttuarie.
Ad ogni modo, rivolgo un saluto cordiale alla signora direttrice e un ringraziamento ad Exibart che permette tutto ciò.
Caro Patroclo,
che dire? sono assolutamente d’accordo con tutto ciò che hai scritto, soprattutto in merito a quanto hai detto sull’educazione all’arte.
Non ho voluto appositamente entrare nel merito delle pubblicazioni Giunti sull’arte, e nemmeno esprimere una mia opinione sulla rivista ArtDossier poichè non ho ritenuta adatta questa la sede. Tuttavia, considerando che hai affrontato tu la tematica, devo esprimerti la mia solidarietà intellettuale: la penso esattamente come te.
Mi sono limitato ad esprimere una mia opinione sull’intervista qui sopra e anche su questo sembra ci troviamo d’accordo.
Per quanto concerne il sito http://www.artonline.it, immagino che abbiano ancora molto lavoro da fare, ma mi sembra sia già piuttosto ricco, o almeno ci sia abbastanza materiale per poter curiosare all’interno.
Approfitto qui per dire che, comunque, preferisco di gran lunga Exibart, non dico i motivi qui, non ne è la sede.
Anzi, un motivo lo voglio dire.
E’ il sito sull’arte più vivo che io conosca.
E l’Arte è la cosa più viva che ci sia.
Un caro saluto.
Biz
Gentile Signora Mori, ho molto apprezzato le Sue idee e il Suo impegno riguardo la divulgazione. Sono dottorando presso il dipartimento di Storia delle Arti dell’Ateneo fiorentino e, sinceramente, mi sono accorto che, a volte, le riviste “universitarie” non riescono, per vari motivi, ad essere del tutto strumenti di divulgazione della cultura storico-artistica: anche solo perchè sono di difficilissima reperibilità. Nel mio piccolo credo sia un dovere il segnalare riviste come la Sua agli studenti più giovani che, notoriamente, sono anche i più spaesati.
Cordialmente
Costantino Maiani
anche io considero Exibart di gran lunga superiore come sito internet. Con una grafica migliore e con alcuni servizi che mancano (perché non ci fate avere una newsletter con le mostre che inaugurano oggi? perché non ci fate inserire le mostre a noi lettori quando mancano nel vostro calendario?) sarebbe un sito/esempio a livello europeo.
Caro Costantino Maiani,
non sono un giovane studente e, forse, non sono più nemmeno tanto giovane.
Ma non credo che i giovani studenti siano “notoriamente i più spaesati”.
Spesso i giovani studenti hanno le idee molto chiare e sono molto preparati.
Hanno entusiasmo ed anche una certa purezza nel porsi nei confronti dell’Arte.
Se per “spaesati” si intende lontani da una certa corruzione che i meccanismi di mercato, le presunzioni di certa Accademia, i polverosi e noiosi “ipse dixit” riservano all’Arte… beh, meglio spaesati che maliziosi.
Può essere che io non abbia inteso il tuo pensiero.
Ti chiedo quindi di essere così cortese da spiegarmelo meglio.
Ciao, Biz.
Ciao Paolo. Lettere e Filosofia funziona in modo diverso rispetto a tutte le altre facoltà; non ci sono esami precisi da dare al primo anno. Gli unici esami veramente di base, comuni a tutti gli indirizzi, forse sono solo quelli di Letteratura italiana, non so… A volte ci sono studenti che frequentano il primo anno, che hanno diciannove o venti anni, e che magari sono interessati all’indirizzo storico-artistico, e che però sono indecisi su quali corsi seguire. Ad esempio: tra due corsi di Arte medievale, apparentemente simili, può intercorrere una notevole differenza. Ci sono tanti problemi. Non ultimi i disagi riguardanti le strutture. A volte vai a seguire una lezione e trovi l’aula stracolma… e allora ti passa la voglia, e preferisci andare a zonzo per la città. Spesso, quando hai venti anni, puoi avere momenti di crisi perchè ti piace una ragazza che non ti considera, o perchè ti interessano cose particolari che agli amici non piacciono, e quindi ti senti un emarginato. Non so, “Metropolis” invece di “Top Gun”, oppure la musica barocca invece degli Spandau Ballet… E’ facile “perdersi” e, soprattutto, perdere tempo. A volte sono ragazzi che restano in silenzio, timidissimi e forse impauriti di fronte alla tua giacca e cravatta; in quel momento loro sono i “deboli”, e io sono con loro. Io sto dalla loro parte.
Ciao
Costantino…
… ciò che hai scritto è semplicemente bellissmo.
Come immaginavo, avevo compreso male a cosa ti riferivi prima nel tuo intervento.
Non pensavo che il tuo riferimento era all’organizzazione della facoltà di Lettere e Filosofia, che ho avuto occasione di conoscere bene, qui a Milano è una vera Babele.
Credo vi sia molta poesia in ciò che hai scritto, grazie per avermi risposto.
Ciao, Biz.
Ciao Biz dove è finita la tua verve? Come capochino? Mi manca il tuo spirito polemico…o forse c’è dietro quello che dici una sferzante ironìa?
Un salutone
La rivista “Art e dossier”ha certamente dato un contributo sollecitando interesse per l’arte e lei la dirige con amore ed intelligenza. Ringrazio Exibart che ci aiuta ad entrare nel cuore di persone come lei, Exibart il sito sull’arte più preparato e più vicino alla spiritualità dell’artista Grazie Maria Pezzica
Le parole di Gioia Mori sono quelle di chi lucidamente e persino con un certo senso di distacco si trovi a spiegare le ragioni di un proprio successo. Significativo il passaggio relativo al panorama editoriale differenziato. Certo! Da un lato sta Art&Dossier, l’unica rivista ad ampia diffusione che si occupi soprattutto d’arte antica, dall’altro gli altri. E nel campo dell’arte contemporanea è serrata la battaglia per imporre modelli validi alternativi alla storica Flash Art, e non è certo l’originalità che caratterizza questi tentativi. Ma tolti alcuni periodici di carattere prettamente scientifico e dalla diffusione molto limitata e locale (penso ad Arte Veneta, a Documento Arte, alla rivista dell’U.I.A., citando alcuni esempi) nel campo dell’arte antica l’unica pubblicazione divulgativa, di quelle che puoi trovare in edicola per intenderci, rimane Art&Dossier. Una buona rivista, certo, ma spesso un po’ troppo didascalica e didattica. La verità è che la critica si può fare anche intorno all’arte antica e moderna, e per trovare contributi che portino delle vere novità in questo senso ci si deve rivolgere altrove, per esempio al Burlington Magazine e talora alle pagine del Giornale dell’Arte. Arte e Dossier invece propende per articoli di carattere compilatorio, sintesi di bibliografie più o meno scientifiche, quasi mai proponendo delle novità inedite nel campo della storia dell’arte. Ed è perciò che Art & Dossier gode del favore degli studenti, secondo lo stesso principio che ha fatto dei Bignami una specie di mito. Questa mia non vuole essere una critica, ma una semplice puntualizzazione: Art & Dossier si è conquistata una sorta di monopolio su un mercato che non ha saputo proporre e diffondere valide alternative: che ci piaccia o no questa è la minestra. In verità una valida alternativa ad Arte e Dossier c’era in Italia ed era Quadri e Sculture, che però ha pagato una distribuzione poco capillare ed una incerta gestione (per la cronaca, dopo oltre un anno di cessata attività, ha recentemente ripreso ma con la frequenza di un numero all’anno, mentre prima era bimestrale). Io, per parte mia, preferirei una situazione di concorrenza maggiore che conduca gli editori a cercare soluzioni nuove: contributi che portino novità convincenti nel campo storiografico, indagini sullo stato del mercato, riscoperta di movimenti poco noti (non avrà, la direttrice, un po’ esagerato con Tamara giudicandola, nel ’94, praticamente sconosciuta?), rivalutazione delle cosiddette “arti minori” che minori non sono, proposta di alternative ai circuiti culturali e turistici consueti; ma ciò di cui si sente veramente il bisogno è forse una buona dose di giornalismo fuori del coro delle istituzioni e delle soprintendenze, che sappia anche contraddire scelte e politiche culturali in Italia nel campo dell’arte antica e moderna. Invece il mondo presentato da Art & Dossier sembra tutto pulito, intatto, patinato come la carta delle sue pagine (eppure l’Italia cade a pezzi). Art & Dossier va bene, è la migliore, ma rispetto a chi?
Gentile signora,
ho capito bene quel che dice a proposito di chi non vorrebbe come collaboratore alla sua rivista e la condivido. L’Italia è stracolma di individui di tal fatta.
Tuttavia vorrei dire che, a volte, la compromissione può esser cosa nobile: una persona che scrive di qualcuno che gli piace, che gli ha comunicato un’emozione e cui riconosce un valore storico-artistico, per forza di cose, se gli è contemporaneo arriva a conoscerlo e può nascere così un rapporto di stima e d’amicizia, senza che questo impedisca di condurre obiettivamente ed onestamente il proprio lavoro. La mia non vuol essere una critica in merito a quel che dice lei, è che purtroppo ci sono persone che muovono spesso quest’obiezione in maniera poco pulita per ostacolare il serio ed appassionato lavoro di altre, e non lo trovo giusto.
Un caro saluto.
Una cosa, personalmente, non trovo molto carina e che non dà certo la sensazione di obiettività: che sia Bonito Oliva a recensire la sua mostra. Voto:2
Gioia Mori non risponde ai commenti dei lettori. Lo hanno fatto invece con grande dedizione Giancarlo Politi e la Si.ra Pagnucco Salvemini. Teme forse un dibattito, non ha tempo da perdere? Ha il modem che non funziona?
Non ha forse la capacità dialettica di affrontare degli sconosciuti (lo sono anche i noti professionisti che si nascondono dietro ad un nickname più o meno spiritoso). Giancarlo Politi sono convinto che abbia conquistato qualche migliaio di lettori con i suoi interventi (io sono uno di questi), la sig.ra Pagnucco Salvemini ha dimostrato di non avere paura delle sfide che pone la tecnologia.
E Gioia Mori?
Io penso che alla Signora Mori semplicemente di exibart non gliene frega niente.
Quanto alla Pagliucco Salvemini… altro che coraggio!
Appena ha visto che molti non erano d’accordo con lei, prima ha sciorinato offese e poi se l’è data a gambe.
Ed è tornata nel suo giornalucolo dove può parlare e decidere quali risposte pubblicare.
Ovviamente quelle che le danno ragione.
Ciao, Biz.