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07
novembre 2007
fino all’11.XI.2007 Arte per mare San Marino / San Leo (pu), sedi varie
marcheabruzzi
Fondi oro, simboli cristologici e intrecci barbarici a cavallo dell'Adriatico medievale. Una mostra che racconta le contraddizioni di un mondo in divenire. Sospeso tra Oriente e Occidente, paganesimo e cristianità...
Si chiamavano Marino e Leone ed erano due scalpellini. Dalla natìa Dalmazia erano partiti alla volta della costa romagnola, dove li attendeva il cantiere di ricostruzione delle mura di Rimini. Ma la loro vocazione era un’altra; ragion per cui, appesi gli strumenti da lavoro al chiodo, decisero di ritirarsi a vita eremitica tra monte Titano e Montefeltro, sostituendo le selvagge solitudini dell’Italia centrale al deserto della Tebaide, che aveva accolto poco prima anacoreti come Antonio e Paolo.
La storia di Marino e Leone si situa tra la fine del III e l’inizio del IV secolo. Un periodo chiave per la storia del Cristianesimo, visto che per il nuovo credo, spentesi le triste fasi delle ultime persecuzioni, stava per accendersi un’alba radiosa. La stessa Rimini è al centro di questa storia. La città ospita infatti uno dei due Concili per discutere sull’arianesimo e i due sono presenti al seguito del pastore di Rimini Gaudenzo.
Per rileggere questo decisivo momento di transizione culturale, in cui la vita dei nostri -eternati nei luoghi eponimi- resta sullo sfondo, è utile visitare la mostra allestita a San Leo (per la sezione tardoantica e altomedievale, con pezzi provenienti da Salona, “capitale” della Dalmazia romana) e a San Marino (sezione tardomedievale e rinascimentale). La rassegna presenta pezzi di grande bellezza e importanza -frammenti di sarcofagi e transenne marmoree finemente scolpiti con simboli allusivi alla nuova religione, reliquari in argento, croci monumentali dipinte, persino marchi per il pane con segni cristologici dall’evidente valore apotropaico- ma ciò che cattura maggiormente l’attenzione sono i lussureggianti bassorilievi a intreccio -foglie di vite, nodi, animali veri o immaginari- che ornano gli elementi architettonici superstiti alle prime chiese ormai perdute di Rimini e Salona. Sono gli stessi che ritroviamo nell’immaginario artistico “barbarico” e che ci sono familiari sui capitelli delle chiese romaniche o sulle lastre decorative longobarde: un mondo pulsante di vita che ci riporta all’Oriente e che prova la veridicità delle suggestioni suggerite dagli anni ‘30 da Baltrusaitis.
Di notevole qualità sono anche i pezzi gotici e rinascimentali, che dimostrano come fosse vivo il legame tra le due coste adriatiche, grazie soprattutto all’egemonia commerciale della Serenissima. A parte gli impressionanti Polittici e Madonne col Bambino di Paolo Veneziano e figli e le opere di Jacobello del Fiore, Catarino Veneziano e Jacobello di Bonomo, troviamo i commoventi e francescani volti di santi e immagini della Pietà, destinati al culto popolare. Lavori che, pur conservando l’anonimato sui loro autori, tradiscono al di qua e al di là del mare l’appartenenza sovente alla stessa mano. Come mette bene in evidenza il catalogo, che fornisce notevoli approfondimenti sui rapporti artistico-culturali tra le due sponde dell’Adriatico in questo periodo per molti versi ancora poco conosciuto, le opere dei suddetti artisti sono la trasposizione visiva delle profonde novità -come la prospettiva- portate dalla rivoluzione rinascimentale. Retaggio incancellabile del passato (e presente) bizantino resta però quel fondo oro che continua a separare l’umano dal divino, rendendolo solo a sprazzi intelligibile all’uomo.
Per questo preferiamo quel mondo barbarico e fantastico, forse retaggio pagano ma epifania di una koinè culturale europea con pochi precedenti e ancor meno riscontri futuri. Esso rievoca nella simbologia il mondo raccontato da Borges nel Libro degli esseri immaginari, popolato di sirene bicaudate, chimere, mostri sacri e profani, incarnazioni del male. Ma anche delle contraddizioni che si annidano in noi quando, pur mirando all’assoluto, ci basta -oggi come allora- un nulla per sbagliare il tiro e riprecipitare nel mondo basso dei comuni, imperfetti mortali.
La storia di Marino e Leone si situa tra la fine del III e l’inizio del IV secolo. Un periodo chiave per la storia del Cristianesimo, visto che per il nuovo credo, spentesi le triste fasi delle ultime persecuzioni, stava per accendersi un’alba radiosa. La stessa Rimini è al centro di questa storia. La città ospita infatti uno dei due Concili per discutere sull’arianesimo e i due sono presenti al seguito del pastore di Rimini Gaudenzo.
Per rileggere questo decisivo momento di transizione culturale, in cui la vita dei nostri -eternati nei luoghi eponimi- resta sullo sfondo, è utile visitare la mostra allestita a San Leo (per la sezione tardoantica e altomedievale, con pezzi provenienti da Salona, “capitale” della Dalmazia romana) e a San Marino (sezione tardomedievale e rinascimentale). La rassegna presenta pezzi di grande bellezza e importanza -frammenti di sarcofagi e transenne marmoree finemente scolpiti con simboli allusivi alla nuova religione, reliquari in argento, croci monumentali dipinte, persino marchi per il pane con segni cristologici dall’evidente valore apotropaico- ma ciò che cattura maggiormente l’attenzione sono i lussureggianti bassorilievi a intreccio -foglie di vite, nodi, animali veri o immaginari- che ornano gli elementi architettonici superstiti alle prime chiese ormai perdute di Rimini e Salona. Sono gli stessi che ritroviamo nell’immaginario artistico “barbarico” e che ci sono familiari sui capitelli delle chiese romaniche o sulle lastre decorative longobarde: un mondo pulsante di vita che ci riporta all’Oriente e che prova la veridicità delle suggestioni suggerite dagli anni ‘30 da Baltrusaitis.
Di notevole qualità sono anche i pezzi gotici e rinascimentali, che dimostrano come fosse vivo il legame tra le due coste adriatiche, grazie soprattutto all’egemonia commerciale della Serenissima. A parte gli impressionanti Polittici e Madonne col Bambino di Paolo Veneziano e figli e le opere di Jacobello del Fiore, Catarino Veneziano e Jacobello di Bonomo, troviamo i commoventi e francescani volti di santi e immagini della Pietà, destinati al culto popolare. Lavori che, pur conservando l’anonimato sui loro autori, tradiscono al di qua e al di là del mare l’appartenenza sovente alla stessa mano. Come mette bene in evidenza il catalogo, che fornisce notevoli approfondimenti sui rapporti artistico-culturali tra le due sponde dell’Adriatico in questo periodo per molti versi ancora poco conosciuto, le opere dei suddetti artisti sono la trasposizione visiva delle profonde novità -come la prospettiva- portate dalla rivoluzione rinascimentale. Retaggio incancellabile del passato (e presente) bizantino resta però quel fondo oro che continua a separare l’umano dal divino, rendendolo solo a sprazzi intelligibile all’uomo.
Per questo preferiamo quel mondo barbarico e fantastico, forse retaggio pagano ma epifania di una koinè culturale europea con pochi precedenti e ancor meno riscontri futuri. Esso rievoca nella simbologia il mondo raccontato da Borges nel Libro degli esseri immaginari, popolato di sirene bicaudate, chimere, mostri sacri e profani, incarnazioni del male. Ma anche delle contraddizioni che si annidano in noi quando, pur mirando all’assoluto, ci basta -oggi come allora- un nulla per sbagliare il tiro e riprecipitare nel mondo basso dei comuni, imperfetti mortali.
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Museo di San Francesco – 47890 San Marino
Museo di Arte Sacra – 61018 San Leo (PU)
Orario: tutti i giorni 9-19 (San Leo). Da lunedì a venerdì ore 9-17; sabato e domenica ore 9-18 (San Marino)
Ingresso: intero € 9; ridotto € 7
Catalogo Silvana Editoriale
Info: tel. 800553800; www.artepermare.it [exibart]