Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
15
novembre 2007
fino al 3.XII.2007 Robert Wilson Napoli, Madre
napoli
Fermi tutti. Attori e spettatori. Lo spettacolo deve continuare, ma senza fretta. E replicando continuamente se stesso. Dietro la macchina del tempo, la macchina da presa e la macchina scenica il genio di Robert Wilson. Vale la pena di aspettare...
di Anita Pepe
Bach, Variazioni Goldberg. Al piano, Glenn Gould. A tratti interrotto dal gracidio dei rospi, “ingabbiati” nei monitor sparpagliati tutt’intorno al chiostrino settecentesco. Niente male, come preludio. Prologo del prologo e improvvisata anomala, non essendo Robert Wilson (Waco, Texas, 1941) artista tout-court ma regista, ed esulando la sua mostra dal calendario triennale del Madre: un fuori programma legato all’“assaggio” del Teatro Festival Italia (previsto nella primavera-estate 2008), che Napoli è riuscita ad accaparrarsi battendo la concorrenza di Genova.
Cominciato due anni fa e probabilmente votato al destino di opus continuum, il progetto dei Voom Portraits si presta a una lettura cadenzata dal prefisso “meta” (-cinema, -teatro, -pittura, -fotografia), considerata l’abbondanza di citazioni che invoglia sia lo spettatore praticante che quello occasionale ad apprezzare queste rivisitazioni animate non di uno, ma di vari generi, poiché allargando l’angolo di visuale -raccomanda l’autore- il ritratto muta in natura morta o paesaggio (purtroppo, in traduzione, il gioco di parole tra still e real life del sottotitolo perde d’efficacia).
La spoglia maestosità della chiesa di Donnaregina vecchia, provvidenzialmente “assorbita” dal museo pigliatutto, contribuisce al successo di queste colte e meticolose elaborazioni, ciascuna dotata d’una propria colonna sonora (puntualmente indicata dal prezioso dépliant), che mettono a frutto pratica scenica, sapienza compositiva e manipolazione iconografica. Buoni per il visitatore mordi e fuggi e per chi attende l’intero sviluppo dell’azione, questi videoritratti ad alta definizione sono a volte così lenti da confondersi con semplici lightbox. Eppur si muovono, ma con gesti impercettibili -un battito di palpebre, un respiro, uno scintillio, lo spostamento di una mano- e ripetitivi. Un’illusoria cristallizzazione, appena toccata dalla meccanica del loop. L’eclettico manierismo di Wilson trasforma artificiosamente i suoi vip (tranne uno: Paul Fleming, sconosciuto meccanico della California) in inerti performer, automi affrontati per affinità nelle navate laterali secondo un allestimento cromaticamente vario: raffinato bianco e nero per la principessa Carolina di Monaco e l’ex imperatrice persiana Farah Diba; colori sgargianti per la vezzosa Isabella Rossellini versione pop e per Allan Cumming bardato come una drag queen. Regina decisamente più composta e arcigna la Maria Stuarda interpretata da Jeanne Moreau, mirabile “quadro” che quasi prepara alla misteriosa atmosfera che avvolge Sean Penn sotto il Ponte di Brooklyn. Nessuna paura incute Willem Dafoe, oscillante parodia d’uno zombie, mentre inquieta il sardonico e verdognolo “dottor” Steve Buscemi davanti a un lacerto cruento. Fa sangue, ma in tutt’altro modo, Johnny Depp, languido metrosexual impellicciato dagli occhi sfavillanti. Crisi del maschio? Rispondono da un lato l’ambiguo scrittore maudit T.J. Leroy, dall’altro Brad Pitt, sano giovanottone yankee in mutandoni e calzini ridicolizzato sotto una pioggia scrosciante.
Superato il candore dei gufi e del porcospino Boris, nell’abside si dispone un’originale trinità. La patinata antinomia tra sacro e profano, incarnata dal ballerino Mikhail Baryshnikov, nei classici (e succinti) panni d’un metafisico San Sebastiano, e dalla procace spogliarellista Dita von Teese. In mezzo, come nel cuore di un’iconostasi, il volto dello scrittore cinese Gao Xingjian, ieratico e bianco come carta intonsa, attraversato lentamente da una scritta: “La solitudine è la condizione necessaria della libertà”. Serpente di lettere strisciante sull’imperturbabilità del saggio, ornamento dell’intelletto, ferita obliqua della riflessione. In principio, c’è sempre il Verbo.
Cominciato due anni fa e probabilmente votato al destino di opus continuum, il progetto dei Voom Portraits si presta a una lettura cadenzata dal prefisso “meta” (-cinema, -teatro, -pittura, -fotografia), considerata l’abbondanza di citazioni che invoglia sia lo spettatore praticante che quello occasionale ad apprezzare queste rivisitazioni animate non di uno, ma di vari generi, poiché allargando l’angolo di visuale -raccomanda l’autore- il ritratto muta in natura morta o paesaggio (purtroppo, in traduzione, il gioco di parole tra still e real life del sottotitolo perde d’efficacia).
La spoglia maestosità della chiesa di Donnaregina vecchia, provvidenzialmente “assorbita” dal museo pigliatutto, contribuisce al successo di queste colte e meticolose elaborazioni, ciascuna dotata d’una propria colonna sonora (puntualmente indicata dal prezioso dépliant), che mettono a frutto pratica scenica, sapienza compositiva e manipolazione iconografica. Buoni per il visitatore mordi e fuggi e per chi attende l’intero sviluppo dell’azione, questi videoritratti ad alta definizione sono a volte così lenti da confondersi con semplici lightbox. Eppur si muovono, ma con gesti impercettibili -un battito di palpebre, un respiro, uno scintillio, lo spostamento di una mano- e ripetitivi. Un’illusoria cristallizzazione, appena toccata dalla meccanica del loop. L’eclettico manierismo di Wilson trasforma artificiosamente i suoi vip (tranne uno: Paul Fleming, sconosciuto meccanico della California) in inerti performer, automi affrontati per affinità nelle navate laterali secondo un allestimento cromaticamente vario: raffinato bianco e nero per la principessa Carolina di Monaco e l’ex imperatrice persiana Farah Diba; colori sgargianti per la vezzosa Isabella Rossellini versione pop e per Allan Cumming bardato come una drag queen. Regina decisamente più composta e arcigna la Maria Stuarda interpretata da Jeanne Moreau, mirabile “quadro” che quasi prepara alla misteriosa atmosfera che avvolge Sean Penn sotto il Ponte di Brooklyn. Nessuna paura incute Willem Dafoe, oscillante parodia d’uno zombie, mentre inquieta il sardonico e verdognolo “dottor” Steve Buscemi davanti a un lacerto cruento. Fa sangue, ma in tutt’altro modo, Johnny Depp, languido metrosexual impellicciato dagli occhi sfavillanti. Crisi del maschio? Rispondono da un lato l’ambiguo scrittore maudit T.J. Leroy, dall’altro Brad Pitt, sano giovanottone yankee in mutandoni e calzini ridicolizzato sotto una pioggia scrosciante.
Superato il candore dei gufi e del porcospino Boris, nell’abside si dispone un’originale trinità. La patinata antinomia tra sacro e profano, incarnata dal ballerino Mikhail Baryshnikov, nei classici (e succinti) panni d’un metafisico San Sebastiano, e dalla procace spogliarellista Dita von Teese. In mezzo, come nel cuore di un’iconostasi, il volto dello scrittore cinese Gao Xingjian, ieratico e bianco come carta intonsa, attraversato lentamente da una scritta: “La solitudine è la condizione necessaria della libertà”. Serpente di lettere strisciante sull’imperturbabilità del saggio, ornamento dell’intelletto, ferita obliqua della riflessione. In principio, c’è sempre il Verbo.
articoli correlati
Kentridge al Madre
Wilson premiato a Palermo
anita pepe
mostra visitata il 13 ottobre 2007
dall’undici ottobre al 3 dicembre 2007
Robert Wilson – Voom Portraits. Still life is real life
Madre – Museo d’Arte Donna REgina
Via Settembrini, 79 (zona Duomo) – 80139 Napoli
Orario: lunedì, mercoledì, giovedì e domenica ore 10-21; venerdì e sabato ore 10-24
Ingresso: intero € 7; ridotto € 3,50; lunedì gratuito
Info: tel. +39 08119313016; www.museomadre.it
[exibart]