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23
novembre 2007
fino al 7.XII.2007 Nuovi Arrivi 13 Torino, Accademia Albertina
torino
Sette artisti si confrontano. Case fasciate, falene di cartone, moti organici, cani parallelepipedi, volti dispersi, oli su acetati e poesia da strada. Lungo il percorso, non sempre chiaro, fare arte si mescola al fare vita. Una collettiva che evidenzia pretese e pretesti per nuove ricerche estetiche...
di Ginevra Bria
Che differenza c’è tra vita e arte? Cosa cambia fra la realtà e la sua rappresentazione, tra l’oggetto e la sua immagine, tra l’uomo e le proprie visioni, tra il presupposto e l’accaduto? In verità, nulla. Non c’è alcuno scarto tra come si vive e la sagoma della traccia che si lascia. Così sembra rispondere la 13esima edizione di Nuovi Arrivi. La manifestazione dà la possibilità a sette giovani artisti emergenti di essere selezionati per esporre e partecipare a due premi indetti dall’Unicredit. Quest’anno, il gruppo è stato guidato da Maurizio Vetrugno sul tema de L’arte come esistenza. La vita come opera d’arte, del racconto artistico come ricerca estetica quotidiana.
Per quanto riguarda la pittura, due sono i protagonisti: Alessandro Fabbris (Torino 1977) e Julia Mastrogiacomo (Ciriè, 1974), che propongono impianti compositivi e un utilizzo della materia pittorica completamente differenti l’uno dall’altro. Il primo lavora su supporti lucidi, velando il colore a seconda della campitura e della direzione che intende dare alla curva delle mezzelune. Geometrie che lascia come un segno liquido. La seconda, più pastosa, ritrae corpi e volti spazzati dal vento, senza usare sovradosaggi cromatici, e mantiene uno spessore materico denso, anche se a tratti dispersivo nei confronti dell’insieme compositivo.
Elena Biringhelli (Milano, 1975) lavora con acume e leggerezza sul concetto di luci e ombre. In una sala oscurata dal velluto, le sue scatole magiche aprono il viso dello spettatore allo spettacolo della materia. Il cartone, in Per una notte, prende il volo sotto l’illuminazione di una lampadina elettrica. Mauro Ciani (Udine, 1980) si concentra sullo studio, sulla meditazione approfondita della materia, vista come mescola di inorganico animato. Da guardare con attenzione sono inoltre i suoi video, frutto di una lenta posa della macchina da presa come testimone del moto alchemico provocato da diversi esperimenti. Yael Plat (Gerusalemme, 1980) costruisce gabbie metalliche che prendono la forma minima di case. Case dove abitare senza il pensiero delle cose. Le sue strutture, appese ai muri dell’Accademia, sono il lavoro maggiormente ispirato al tema della vita come ritorno all’arte. A quell’arte che, in un punto non precisato dell’esistenza, torna a essere casa.
Infine, il collettivo Opiemme (1998) e la talentuosa Silvia Ruata (Carmagnola, 1974). Tanto le opere degli uni quanto quelli dell’altra sono legati alla distorsione della forma degli oggetti. Cose sovradimensionate, squadrate, fuori-funzione e mete di illusioni. Ruata però, libera da intenti sociali e didascalici, reinventa con ironia il significante delle cose che l’attorniano, tramandando di lavoro in lavoro una nuova vanità del significato.
Per quanto riguarda la pittura, due sono i protagonisti: Alessandro Fabbris (Torino 1977) e Julia Mastrogiacomo (Ciriè, 1974), che propongono impianti compositivi e un utilizzo della materia pittorica completamente differenti l’uno dall’altro. Il primo lavora su supporti lucidi, velando il colore a seconda della campitura e della direzione che intende dare alla curva delle mezzelune. Geometrie che lascia come un segno liquido. La seconda, più pastosa, ritrae corpi e volti spazzati dal vento, senza usare sovradosaggi cromatici, e mantiene uno spessore materico denso, anche se a tratti dispersivo nei confronti dell’insieme compositivo.
Elena Biringhelli (Milano, 1975) lavora con acume e leggerezza sul concetto di luci e ombre. In una sala oscurata dal velluto, le sue scatole magiche aprono il viso dello spettatore allo spettacolo della materia. Il cartone, in Per una notte, prende il volo sotto l’illuminazione di una lampadina elettrica. Mauro Ciani (Udine, 1980) si concentra sullo studio, sulla meditazione approfondita della materia, vista come mescola di inorganico animato. Da guardare con attenzione sono inoltre i suoi video, frutto di una lenta posa della macchina da presa come testimone del moto alchemico provocato da diversi esperimenti. Yael Plat (Gerusalemme, 1980) costruisce gabbie metalliche che prendono la forma minima di case. Case dove abitare senza il pensiero delle cose. Le sue strutture, appese ai muri dell’Accademia, sono il lavoro maggiormente ispirato al tema della vita come ritorno all’arte. A quell’arte che, in un punto non precisato dell’esistenza, torna a essere casa.
Infine, il collettivo Opiemme (1998) e la talentuosa Silvia Ruata (Carmagnola, 1974). Tanto le opere degli uni quanto quelli dell’altra sono legati alla distorsione della forma degli oggetti. Cose sovradimensionate, squadrate, fuori-funzione e mete di illusioni. Ruata però, libera da intenti sociali e didascalici, reinventa con ironia il significante delle cose che l’attorniano, tramandando di lavoro in lavoro una nuova vanità del significato.
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L’edizione 2005 di Nuovi Arrivi
ginevra bria
mostra visitata il 10 novembre 2007
dal 5 novembre al 7 dicembre 2007
Nuovi Arrivi 13 – L’arte come esistenza. La vita come opera d’arte
a cura di Olga Gambari
Accademia Albertina di Belle Arti
Via Accademia Albertina, 6 (zona via Po) – 10123 Torino
Orario: da lunedì a sabato ore 16-19
Ingresso libero
Catalogo in mostra
Info: tel. +39 0114430045; arti.visive@comune.torino.it; www.comune.torino.it/gioart
[exibart]
pessima mostra!
Livello pessimo, un’edizione da dimenticare. Possibile che un premio istituzionale per giovani artisti, supportato da Unicredit e da un’Accademia, debba presentare questa roba? Eppure ce ne sono di barvi giovani in giro…
e poi l’allestimento!disgustoso
il problema di nuovi arrivi è che ormai si va a raschiare il fondo del barile. non è possibile che una città come torino, ma come qualsiasi altra città, ogni anno possa sfornare un gruppo così numeroso di artisti. si capisce che ai curatori di queste manifestazioni interessi tenerle in piedi così possono prendere qualche soldo..del resto sono gli unici ad essere pagati! e si lamentano anche.
e poi almeno ogni anno cambiasse il curatore/curatrice così da permettere a tutti di confrontarsi. invece sempre la stessa minestra.
La mostra era pessima. Ma quel che è stato ancora peggio è stato notare che “dietro il lavoro di attenta e accurata ricerca di giovani artisti” c’erano i bla bla di chi l’arte non la fa, e non la fa fare agli artisti negandogli possibilità .
Negli stessi giorni di Artissima c’era Paratissima e di proposte del territorio piemontese ce n’erano tante, che probabilmente la curatrice neanche sapeva esistessero.
L’happening di Vetrugno era senza un senso, e neppure bello. Ma quello fa arte? Quanto prende per farla? 🙂
Ma quel che è stato peggio di tutto è lo stato
in cui la mostra era tenuta, un pavimento sporco, degli orari limitativi, e i bidelli dell’Accademia che ospita la mostra, che sembrano voler dissuadere i visitatori.
Ma quel posto da chi è retto?
Da persone che l’arte non la fanno crescere ma la uccidono, facendo girare i soldini nel proprio cortile fino ai propri portafogli.
Ridicoli…come il tema.
Chi fra i 7 artisti l’ha trattato?
curatrice locale.
strano che non abbia fatto leggere delle poesie a qualche scrittore suo amico..tanto per non fare nomi…
Ma la curatrice in base a cosa viene scelta?
Perchè è sempre la stessa?
E cosa ha curato?
Bravi, buttate i soldi pubblici accaparrandoveli.
visitatore appassionato
che commentini che si prendono tutti.
a questo punto sarebbe ancor piu’ divertente sentire le repliche di artisti e curatori.
exibart non può contattarli e chiedere che intervengano.
sarebbe tutto più interessante e più vivo della mostra…deserta che ho visitato
gli artisti ne hanno le p..piene di queste mostre sempre a budget zero. a riempire luoghi facendo credere che siano mostre ma sono solo fatte per i pseudo curatori che le seguono. il peggio è che si crede anche di fare della cultura.
una mostra brutta e senza senso. a nostro avviso irrecensibile.
ma un buon modo per fare uscire i soldi dalle casse senza che nessuno se ne accorga…tanto sono giustifìcati dall’uitlizzo della parola “mostra”.
che imbarazzo,
mi trovo personalmente in imbarazzo…
mi spiace che il nostro intervento sia visto sotto questa cornice.
Noi, l’Opiemme, siamo andati come al solito a fare il nostro, misto fra poesia e arte in strada.
Peccato che parte degli interventi urbani che avevamo concordato non si siano potuti effettuare.
Eravamo forse un pò fuori posto (ci piace agire dove il pubblico trova per caso i nostri lavori, passando), ma è una bella finestra.
Ci siamo divertiti e siamo felici, e la “Pensilina Fucsia” che rappresentava il passaggio letterario nel torinese, è uno degli interventi che più mi ha divertito ultimamente, e per quello ringraziamo assai di aver avuto permessi vari.
Rispetto a quanto dice il Gruppo T, abbiamo speso tanto dalle nostre tasche, ma si fa perchè va di farlo.
Un pò comprendo tutti questi commenti, un pò mi chiedo se sia davvero così.
E se è così perchè non vi siano enti che controllino.
Non entro nel merito della qualità del tutto.
Posso solo dire che noi avremmo potuto fare meglio, sicuro.
Per il resto la parola che più mi viene in mente leggendo tutti questi commenti è “imbarazzante”,ma con una nota di allegria…comuque.
Mi chiedo come mai nessun altro degli artisti coinvolti abbia detto nulla, come mai non rispondano gli organizzatori…
le foto del ns intervento sono su
http://www.fotolog.com/opiemme
la videoinstallazione su
http://www.youtube.com/opiemme
bravi oipiemme! ottimo metodo pubblicitario per il proprio lavoro!
non facciamo gli ingenui…sappiamo bene quanto vi siete lamentati in giro dell’organizzazione della mostra e delle curatela!
almeno state zitti.
A Francesco da Milano.
Ufficialmente noi non abbiamo diffuso nessuna lamentela.
Ed eventuali problemi che possono essere esistiti fra noi e gli organizzatori sono rimasti su piani privati. Non riguardando le discussioni qui presenti.
Il discorso era spostato verso altre argomentazioni, che ripeto, sono imbarazzanti
In ultimo, mi firmo e presento perchi sono.
Non mi copro dietro un nome e un luogo.
E se questo è un modo per farsi pubblicità…
che differenza fanno le lamentale private o pubbliche!? forse bisogna avere il coraggio di dire le cose come stanno non fare i bravi “bambini” della situazione.
veramente una brutta mostra con dei brutti artisti.
soldi sprecati.