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11
gennaio 2008
fino al 24.I.2008 Anne e Patrick Poirier Napoli, Alfonso Artiaco
napoli
Superfici specchiate per guardarsi dentro. Alla ricerca di ricordi, parole, emozioni. Il marchio della memoria impresso in ogni testimonianza visibile. Leggero e poetico come un iris appassito...
Ragione e passione, oblio e sogno. Memoria dell’avvenire e memoria del passato insondabile. Le parole di Anne e Patrick Poirier (Marsiglia, 1942; Nantes, 1942) raccontano la loro ricerca, razionale e al contempo profondamente poetica, che sonda i meccanismi del pensiero e quelli della percezione sensibile. Gli echi proustiani riverberano lungo le pareti specchiate del Labirinto della memoria, vero fulcro della mostra. La memoria volontaria rivive nel rovinismo delle opere intitolate Pozzuoli, piccole calotte craniche presentate come una sorta di città ideale. La memoria involontaria ha invece origine dai sapori e dai profumi dell’infanzia, richiamati in forma verbale sui pannelli interni del labirinto.
L’intera personale è attraversata dal filo del ricordo, che si incarna ora in forme in dissolvenza, ora in un archivio poetico-linguistico ricco di suggestioni. L’incedere del tempo e le stratificazioni del vissuto risiedono nei fossili e nei paesaggi di Venti milioni di anni a.C., ma anche negli iris appassiti che recano sui petali parole come sogno, desiderio, angoscia. Solchi lasciati dalla memoria, cui è conferito il compito di ricordare il rapporto dell’uomo con le forme naturali. O, meglio, l’appartenenza del genere umano al mondo naturale.
Antropocentrismo -la forma cerebrale riproposta come contenuto e contenitore- e antropomorfismo s’intrecciano, generando una riflessione che sembra investire tutte le opere in mostra. Così, lo spettatore è chiamato a guardarsi dentro, a specchiarsi in senso reale e metaforico nello stagno dei propri pensieri. Un novello Narciso, che stenta a riconoscersi nel caleidoscopio originato da specchi e parole incise. L’architettura labirintica posta al centro della galleria, anch’essa di forma ellittica, nasce come una sorta di biblioteca ideale, costruita con fragili scaffali linguistici. L’amplificazione visiva generata al suo interno investe il soggetto, quella dei pannelli esterni rimanda al contesto. Il tutto si trasforma dunque in una soglia, intesa come momento di passaggio dal sé all’altro da sé.
Ecco dunque che anche il significato della parola architettura assume un valore intenso e diviene occasione per ritrovare il proprio posto nello scorrere del tempo, per lasciare la propria traccia, così come le rovine del passato. Un’architettura che è anch’essa pratica e poetica, razionale e irrazionale, reale e utopistica. L’architettura che accompagna e custodisce la disseminazione della memoria in tutte le forme dell’esistenza. Preservando dall’oblio il ricordo di ciò che siamo.
L’intera personale è attraversata dal filo del ricordo, che si incarna ora in forme in dissolvenza, ora in un archivio poetico-linguistico ricco di suggestioni. L’incedere del tempo e le stratificazioni del vissuto risiedono nei fossili e nei paesaggi di Venti milioni di anni a.C., ma anche negli iris appassiti che recano sui petali parole come sogno, desiderio, angoscia. Solchi lasciati dalla memoria, cui è conferito il compito di ricordare il rapporto dell’uomo con le forme naturali. O, meglio, l’appartenenza del genere umano al mondo naturale.
Antropocentrismo -la forma cerebrale riproposta come contenuto e contenitore- e antropomorfismo s’intrecciano, generando una riflessione che sembra investire tutte le opere in mostra. Così, lo spettatore è chiamato a guardarsi dentro, a specchiarsi in senso reale e metaforico nello stagno dei propri pensieri. Un novello Narciso, che stenta a riconoscersi nel caleidoscopio originato da specchi e parole incise. L’architettura labirintica posta al centro della galleria, anch’essa di forma ellittica, nasce come una sorta di biblioteca ideale, costruita con fragili scaffali linguistici. L’amplificazione visiva generata al suo interno investe il soggetto, quella dei pannelli esterni rimanda al contesto. Il tutto si trasforma dunque in una soglia, intesa come momento di passaggio dal sé all’altro da sé.
Ecco dunque che anche il significato della parola architettura assume un valore intenso e diviene occasione per ritrovare il proprio posto nello scorrere del tempo, per lasciare la propria traccia, così come le rovine del passato. Un’architettura che è anch’essa pratica e poetica, razionale e irrazionale, reale e utopistica. L’architettura che accompagna e custodisce la disseminazione della memoria in tutte le forme dell’esistenza. Preservando dall’oblio il ricordo di ciò che siamo.
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Galleria Alfonso Artiaco
Piazza dei Martiri, 58 (zona Chiaia) – 80121 Napoli
Orario: da lunedì a sabato ore 10-13.30 e 16-20
Ingresso libero
Info: tel. +39 0814976072; fax +39 08119360164; info@alfonsoartiaco.com; www.alfonsoartiaco.com
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