28 maggio 2001

Fino al 15.IX.2001 Nataly Maier: Omaggio a un desiderio Firenze, Villa Romana

 
Il personale omaggio della Maier alla tradizione romantica tedesca e al suo sogno italiano, sulla suggestione della frase di Goethe: “Conosci il paese dove fioriscono i limoni”...

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Nataly Maier, nativa di Monaco di Baviera ma da tempo residente a Milano, espone nel salone di Villa Romana il suo personale omaggio alla tradizione romantica tedesca e al suo sogno italiano. Titolo della mostra Omaggio a un desiderio (Hommage an eine Sehnsucht), il desiderio appunto della nostra terra secondo quanto scritto da Goethe: “Kennst Du das Land, wo die Zitronen blühen (conosci il paese dove fioriscono i limoni)”. E proprio il limone è il protagonista assoluto del viaggio della Maier, un limone modellato, scolpito, indagato, disegnato, riprodotto, esplorato. Il salone di Villa Romana è totalmente invaso da un enorme limone (quasi tre metri di diametro) come partorito dal suolo in un’ abnorme mutazione che ci sbatte in faccia la sua “limonicità”. Un limone espanso, icastico-ironico, evocativo e follemente solare. Un frutto che è il Mediterraneo tutto nella sua abbagliante prepotenza che assorbe il candore della sala e la luce intera, contrastato e incorniciato dalla classica struttura che a stento lo contiene. Ma ecco, nel piccolo corridoio lì vicino, il salto acrobatico del funambolo, dal macrocosmo al microcosmo, dalla prepotenza spaziale alla sua più intima essenza, nel buio di una verità altra misterica ed enigmatica nelle ecografie dell’interno del frutto. E se nella sala principale è la grande scultura che assorbe tutta la luce e ce la rimanda con i profumi, i colori, le forti sensazioni dei paesaggi del nostro meridione, nella penombra dell’ingresso della Villa una tela interamente dipinta di giallo accostata alla foto in bianco e nero del profilo di mezzo limone ci offre una migrazione dal frutto al colore e dal colore al frutto che appare quasi risucchiato da questo giallo o che questo giallo espelle e fa dilagare. Il limone che diventa colore, il limone come colore. E poi, uscendo all’esterno, il giardino della Villa, tutto una suggestione nella percezione romantica degli spazi, col suo gioco continuo di luci e ombre attraverso una vegetazione ora domata, ora lasciata esplodere, intreccio scambievole di natura e arte, muto dialogo fra le opere degli artisti ospitati negli anni a Villa Romana e i suoi abitanti silvani. La Maier ama sorprendere, e qui infatti ci sorprende nuovamente col suo omaggio a uno degli artisti principi del Rinascimento italiano, quel Piero della Francesca che tanto ha dato all’arte del Novecento, il maestro della monumentalità spaziale, della luce ferma e bloccata. E così, nel bersò di rose a cui ci conduce la scala blu della parigina Marie-Pierre Guillon, pende un limone bronzeo. Pende dal centro della sua cupola, un telaio di cielo e fiori, pende come l’uovo della Pala di Brera, sottolinea e scandisce uno spazio di luce in movimento, omologo e contrario alla ferma luce di Piero e ne fa monumento in divenire.


Valeria Ronzani
mostra vista venerdì 25 maggio 2001



Fino al 20 giugno 2001
VILLA ROMANA, via senese 68 Firenze
Tel.: 055221654 o 0552638737
Dal martedì al venerdì ore 17-19 e per appuntamento
Ingresso libero


[exibart]

2 Commenti

  1. Scrittura superba (perché negarlo?)… secondo me è l’aria di Firenze…
    Solo una cosa, però… Sei d’accordo che l'”Italienische Reise”, seppur scritto trent’anni dopo il soggiorno in Italia, si debba considerare espressione del Classicismo (di una fase dunque antecedente rispetto a quella romantica)? Infatti il poeta è sospeso in una dimensione metastorica, e non gli interessano i problemi sociali e politici di quegli anni. Dunque non è Romantico. Egli cerca di comprendere la “forma ontologica e atemporale” (Reininger, pag. 155) di tutto ciò che gli capita di vedere: l’essenza, l’archetipo immutabile; è un tentativo, quindi, di risalire alle origini del divenire, alla pianta originaria, in questo caso – unica – che è modello di tutte le altre piante. L'”Urphanomen”, che però è “il fondo di ogni parvenza della natura, e nessuno può intuirlo nella sua purezza astratta” (Pezzella). E’, forse, fenomeno originante che esprime la tensione tra due estremi, per cui ciò che appare è il risultato di forze che si scontrano, quindi ciò che noi vediamo, ovverosia il fenomeno derivato. Goethe afferma che il fine delle sue ricerche (anche nella “Farbenlehre” è così) è la descrizione delle modalità attraverso cui appaiono i fenomeni, e non la classificazione in base ad un determinato ordine.
    “Limonicità” è carinissimo…

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