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17
gennaio 2008
design_opinioni Ambientamento lento
Design
La slow philosophy non ha confini. Dopo il successo planetario di Slow Food, il movimento votato alla salvaguardia delle tradizioni enogastronomiche locali, anche il design si interessa a nuove strategie progettuali. Lo fa con le organizzazioni Slowdesign e Slowlab...
In un’epoca nella quale il “fast” scandisce il nostro tempo producendo, secondo lo “slow pensiero”, un appiattimento della cultura, delle conoscenze e il deterioramento del benessere, constatiamo sempre più il sorgere di una richiesta di “lentezza”, dalla gastronomia al design. La “lentezza”, come tratteggia Milan Kundera nel suo saggio La lenteur, è intrinsecamente legata alla memoria, essendoci una relazione segreta tra lentezza e memoria, velocità e oblio: “Nella matematica esistenziale questa esperienza prende forma da due equazioni elementari: il grado della lentezza è direttamente proporzionale all’intensità della memoria e il grado della velocità è direttamente proporzionale all’intensità dell’oblio”.
Teoria condivisa dai movimenti slow, tra i quali particolarmente interessante è la piattaforma Slowlab fondata a New York da Carolyn F. Strauss, che promuove attività di esplorazione del potenziale dello slow design in tutto il mondo. Il fine dell’organizzazione è quello di sostenere la comunicazione tra designer sulle nuove pratiche legate alla filosofia slow. Più in generale, lo slow design punta a un approccio olistico del design legato al rispetto delle culture locali e della natura e all’integrazione positiva del prodotto di design nell’ambiente. I progetti promossi dal network Slowlab sono legati soprattutto al design urbano, inteso come progettualità in grado di fare dialogare in modo diverso l’abitante, o meglio la comunità, con la città.
Tra i nuovi progetti in corso d’opera, legati proprio alla relazione tra lentezza e memoria, segnaliamo Slow ways of knowing, iniziativa partita da Bristol in Inghilterra, nella quale il pubblico viene invitato a contemplare una serie di artefatti dell’epoca di Isambard Kingdom Brunel, uno tra i più importanti ingegneri-architetti dell’era industriale, attraverso una traccia urbana in cui l’influenza di Brunel è chiaramente percettibile, al fine di far riappropriare il cittadino del proprio tessuto urbano e sociale.
Seconda tappa di questa serie è New York, con il progetto Slow Ways of Knowing: Domino, che intende esplorare, attraverso l’obiettivo della fotografa Leslie Grant, il territorio circostante la “Domino sugar refinery” di Brooklyn (ultimo baluardo del tessuto industriale che caratterizzava la zona) e l’impatto che la fabbrica ha avuto e continua ad avere sulla comunità locale.
È inoltre chiara l’importanza della componente eco-design nella filosofia slow, che cerca di fondere ciò che è possibile a livello tecnico con quello che è necessario a livello ecologico, per formulare delle nuove regole sociali e culturali.
Il designer olandese Simon Heijdens persegue il pensiero eco-slow con i suoi progetti, tracciando un parallelo tra natura e design e constatando la differenza tra i due mondi: il naturale in continua crescita e trasformazione e l’universo design in cui gli oggetti sono creati per essere fissi e immutabili, offrendo un limitato spettro di utilizzi ed esperienze possibili. Heijdens reintroduce con i suoi progetti il fattore “tempo” negli oggetti e negli ambienti per arrivare a soluzioni di design che, come la natura, liberano un continuum di espressioni moltiplicando il loro valore come veicoli di sensazioni e diventando oggetti vivi comunicanti. Il progetto Tree, recentemente esposto da Heijdens a New York dopo essere stato ad Eindhoven, Londra, Berlino e Milano, è un’installazione pubblica formata dalla silhouette luminosa di un albero disegnata sulla facciata di un palazzo. Quando calano le tenebre, l’albero diventa vivo, i suoi rami e le sue foglie si muovono con un’intensità prodotta dal vento. Durante la notte l’albero registra l’attività dell’ambiente circostante e risponde alle sollecitazioni esterne cambiando lentamente forma nel tempo. Il movimento, i suoni e il vento concorrono alla trasformazione dell’albero, producendo un’esperienza lirica di natura nella città, e, al contempo, promuovono una visione della città come sistema naturale. L’interesse del progetto sta nel delicato dispiegamento dell’esperienza: bisogna rallentare il proprio cammino per apprezzare completamente Tree.
Questi progetti, come altri presenti nel network Slowlab, puntano i riflettori su proposte di design urbano volte a riqualificare i “territori di mezzo”, ovvero quei luoghi che rimangono esclusi dalla monocultura fast, ma anche su oggetti e tecnologie che possono dispiegare lentamente nuove strategie di sopravvivenza nel mondo fast.
Teoria condivisa dai movimenti slow, tra i quali particolarmente interessante è la piattaforma Slowlab fondata a New York da Carolyn F. Strauss, che promuove attività di esplorazione del potenziale dello slow design in tutto il mondo. Il fine dell’organizzazione è quello di sostenere la comunicazione tra designer sulle nuove pratiche legate alla filosofia slow. Più in generale, lo slow design punta a un approccio olistico del design legato al rispetto delle culture locali e della natura e all’integrazione positiva del prodotto di design nell’ambiente. I progetti promossi dal network Slowlab sono legati soprattutto al design urbano, inteso come progettualità in grado di fare dialogare in modo diverso l’abitante, o meglio la comunità, con la città.
Tra i nuovi progetti in corso d’opera, legati proprio alla relazione tra lentezza e memoria, segnaliamo Slow ways of knowing, iniziativa partita da Bristol in Inghilterra, nella quale il pubblico viene invitato a contemplare una serie di artefatti dell’epoca di Isambard Kingdom Brunel, uno tra i più importanti ingegneri-architetti dell’era industriale, attraverso una traccia urbana in cui l’influenza di Brunel è chiaramente percettibile, al fine di far riappropriare il cittadino del proprio tessuto urbano e sociale.
Seconda tappa di questa serie è New York, con il progetto Slow Ways of Knowing: Domino, che intende esplorare, attraverso l’obiettivo della fotografa Leslie Grant, il territorio circostante la “Domino sugar refinery” di Brooklyn (ultimo baluardo del tessuto industriale che caratterizzava la zona) e l’impatto che la fabbrica ha avuto e continua ad avere sulla comunità locale.
È inoltre chiara l’importanza della componente eco-design nella filosofia slow, che cerca di fondere ciò che è possibile a livello tecnico con quello che è necessario a livello ecologico, per formulare delle nuove regole sociali e culturali.
Il designer olandese Simon Heijdens persegue il pensiero eco-slow con i suoi progetti, tracciando un parallelo tra natura e design e constatando la differenza tra i due mondi: il naturale in continua crescita e trasformazione e l’universo design in cui gli oggetti sono creati per essere fissi e immutabili, offrendo un limitato spettro di utilizzi ed esperienze possibili. Heijdens reintroduce con i suoi progetti il fattore “tempo” negli oggetti e negli ambienti per arrivare a soluzioni di design che, come la natura, liberano un continuum di espressioni moltiplicando il loro valore come veicoli di sensazioni e diventando oggetti vivi comunicanti. Il progetto Tree, recentemente esposto da Heijdens a New York dopo essere stato ad Eindhoven, Londra, Berlino e Milano, è un’installazione pubblica formata dalla silhouette luminosa di un albero disegnata sulla facciata di un palazzo. Quando calano le tenebre, l’albero diventa vivo, i suoi rami e le sue foglie si muovono con un’intensità prodotta dal vento. Durante la notte l’albero registra l’attività dell’ambiente circostante e risponde alle sollecitazioni esterne cambiando lentamente forma nel tempo. Il movimento, i suoni e il vento concorrono alla trasformazione dell’albero, producendo un’esperienza lirica di natura nella città, e, al contempo, promuovono una visione della città come sistema naturale. L’interesse del progetto sta nel delicato dispiegamento dell’esperienza: bisogna rallentare il proprio cammino per apprezzare completamente Tree.
Questi progetti, come altri presenti nel network Slowlab, puntano i riflettori su proposte di design urbano volte a riqualificare i “territori di mezzo”, ovvero quei luoghi che rimangono esclusi dalla monocultura fast, ma anche su oggetti e tecnologie che possono dispiegare lentamente nuove strategie di sopravvivenza nel mondo fast.
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Il design slow di Piter Perbellini
link correlati
www.slowlab.net
www.slowfood.it
giorgia losio
la rubrica design è diretta da stefano caggiano
*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 46. Te l’eri perso? Abbonati!
[exibart]