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28
gennaio 2008
fino al 10.II.2008 Antonio Canova Roma, Galleria Borghese
roma
Lo studio appassionato dell'antico in un'arte innovatrice, attraverso lo splendore dei marmi settecenteschi. Cinquanta opere del più grande scultore neoclassico. Che ne celebrano il suo ritorno fra le mura della Galleria Borghese...
Quieta e disinvolta, leggiadra e sensuale; bella come una Dea e fiera, come una Bonaparte. È Paolina Borghese come Venere Vincitrice, la giovane sorella di Napoleone resa immortale nella sua bellezza da Antonio Canova (Possagno, 1757 – Venezia, 1822), distesa sulla sua dormeuse nella già splendida cornice della Galleria Borghese: “un Paradiso”, come la definiva lo stesso Canova nei suoi Quaderni di viaggio. Una serie di sculture che si affiancano con armonia alle opere di Bernini, altro genius loci della Galleria, offrendo un confronto irripetibile fra i due scultori, accomunati dalla minuziosa lavorazione finale delle superfici e da una continua ricerca tecnica e del gusto antico nelle loro creazioni. E quella “Venere Borghese”, adagiata in una stanza propria, sembra vivere nella sua immobilità, con il marmo bianco, tipico dello scultore veneto, che diventa “vera carne”.
Nella mostra, tutta la grazia e la sensualità dell’opera di Canova si coglie già all’ingresso, dove Le Tre Grazie fanno strada al pubblico: l’opera forse più emblematica dell’artista, tanto da essere ritenuto il suo più grande capolavoro. Non soltanto per le qualità artistiche dell’opera, quanto per l’emozione suscitata dalla visione delle tre figure femminili a grandezza naturale, ricavate da un unico blocco di marmo, dove Canova “creatore consapevole” individua un linguaggio completamente nuovo per l’arte. Nelle sue creazioni non esistono un davanti o un dietro: le statue possono (e devono) osservarsi a tutto tondo per coglierne il legame con lo spazio. E difficile diventa resistere alla tentazione di sfiorare quella “carne” bianca, resa splendida e all’apparenza soffice dal trattamento della superficie, in cui la lucidatura del marmo riesce a rendere l’effetto dei chiaroscuri nella pittura.
Ma le sue opere erano una vera sfida proprio alla pittura: obiettivo che egli stesso spiegava per la statua di Paolina Borghese, prendendo spunto per il suo soggetto di Venere dormiente da due celebri dipinti di Giorgione e Tiziano. Del resto, Canova poteva vantare anche una produzione pittorica. Modesta nel numero di tele ma non nei contenuti, seppur di qualità non paragonabile a quella delle sue sculture. E nell’itinerario proposto scorrono, oltre a una serie di schizzi e bozzetti che produceva con rigore durante la fase preparatoria di ogni scultura, anche qualche dipinto, in cui si coglie la sua idea di bellezza universale. Bellezza che però esprime, rasentando la perfezione, con le sculture: perfette a tal punto che lo stesso scultore si sentiva costretto a intaccarle con qualche difetto. Come nella Testa di Elena, in cui inserisce un leggero incavo nella pupilla dell’occhio sinistro, “per equilibrare e aggraziare il volto perfetto”.
Il resto della mostra porta all’immersione totale nell’opera canoviana: da Apollo in terracotta, prima opera realizzata da Canova ancora giovanissimo, ai quattro Amorini (per la prima volta esposti insieme), al più celebre Amore e Psiche. Il lavoro finito, svelato dai meccanismi della sua produzione: dagli studi su carta, con tanto di proporzioni e calcoli, alle statue in gesso che precedevano tutte le sue grandi opere in marmo.
Così, tra le stanze della Galleria, spunta anche la gemella in gesso di Paolina Borghese, in cui sono ancora visibili i répère, i chiodini piantati sulla statua preliminare, utilizzati per mantenere le proporzioni. Come se Canova fosse tornato a Villa Borghese, per creare ancora.
Nella mostra, tutta la grazia e la sensualità dell’opera di Canova si coglie già all’ingresso, dove Le Tre Grazie fanno strada al pubblico: l’opera forse più emblematica dell’artista, tanto da essere ritenuto il suo più grande capolavoro. Non soltanto per le qualità artistiche dell’opera, quanto per l’emozione suscitata dalla visione delle tre figure femminili a grandezza naturale, ricavate da un unico blocco di marmo, dove Canova “creatore consapevole” individua un linguaggio completamente nuovo per l’arte. Nelle sue creazioni non esistono un davanti o un dietro: le statue possono (e devono) osservarsi a tutto tondo per coglierne il legame con lo spazio. E difficile diventa resistere alla tentazione di sfiorare quella “carne” bianca, resa splendida e all’apparenza soffice dal trattamento della superficie, in cui la lucidatura del marmo riesce a rendere l’effetto dei chiaroscuri nella pittura.
Ma le sue opere erano una vera sfida proprio alla pittura: obiettivo che egli stesso spiegava per la statua di Paolina Borghese, prendendo spunto per il suo soggetto di Venere dormiente da due celebri dipinti di Giorgione e Tiziano. Del resto, Canova poteva vantare anche una produzione pittorica. Modesta nel numero di tele ma non nei contenuti, seppur di qualità non paragonabile a quella delle sue sculture. E nell’itinerario proposto scorrono, oltre a una serie di schizzi e bozzetti che produceva con rigore durante la fase preparatoria di ogni scultura, anche qualche dipinto, in cui si coglie la sua idea di bellezza universale. Bellezza che però esprime, rasentando la perfezione, con le sculture: perfette a tal punto che lo stesso scultore si sentiva costretto a intaccarle con qualche difetto. Come nella Testa di Elena, in cui inserisce un leggero incavo nella pupilla dell’occhio sinistro, “per equilibrare e aggraziare il volto perfetto”.
Il resto della mostra porta all’immersione totale nell’opera canoviana: da Apollo in terracotta, prima opera realizzata da Canova ancora giovanissimo, ai quattro Amorini (per la prima volta esposti insieme), al più celebre Amore e Psiche. Il lavoro finito, svelato dai meccanismi della sua produzione: dagli studi su carta, con tanto di proporzioni e calcoli, alle statue in gesso che precedevano tutte le sue grandi opere in marmo.
Così, tra le stanze della Galleria, spunta anche la gemella in gesso di Paolina Borghese, in cui sono ancora visibili i répère, i chiodini piantati sulla statua preliminare, utilizzati per mantenere le proporzioni. Come se Canova fosse tornato a Villa Borghese, per creare ancora.
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dal 17 ottobre 2007 al 10 febbraio 2008
Canova e la Venere Vincitrice
a cura di Anna Coliva e Fernando Mazzocca
Galleria Borghese
Piazzale Scipione Borghese, 5 (Villa Borghese) – 00197 Roma
Orario: da martedì a domenica ore 9-19 solo su prenotazione
Ingresso: intero € 12,50; ridotto € 9,25
Catalogo Electa
Info: tel. +39 068413979; fax +39 068840756; info@canovaelavenerevincitrice.it; www.canovaelavenerevincitrice.it
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