25 febbraio 2008

libri_saggi Guardare oltre (meltemi 2008)

 
La cultura visuale nelle sue molteplici forme. Un saggio in cui il confronto o, meglio, l’intreccio si fa ancora più intenso. Quando a entrare in gioco sono le forme letterarie...

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Gli argomenti sono parecchi -venti in tutto, firmati da altrettante mani- poiché Guardare oltre. Letteratura, fotografia e altri territori nasce come ricerca nell’ambito di seminari e incontri promossi, a partire dal 2005, dalle università di Palermo, Bologna e L’Aquila. A selezionarli due docenti, Silvia Albertazzi e Ferdinando Amigoni, secondo tre filoni che si snodano attraverso la lettura dell’immagine come testo e il dialogo con la scrittura e la memoria. A dispetto della scarsa quantità delle immagini pubblicate (tutte in bianconero e di qualità opinabile), scorrendo l’indice balzano agli occhi nomi intriganti: David Hockney, Sophie Calle, Francesca Woodman, Luigi Ghirri.
Interessante, in particolare, l’analisi di quegli scrittori che si sono espressi anche attraverso il mezzo fotografico. Cristina Fiallega incentra il suo saggio sul messicano Juan Rulfo, primo interprete del cosiddetto “realismo magico”. “Come nelle sue creazioni letterarie, anche nelle foto la realtà messicana diventa una dimensione senza spazio e senza tempo”, scrive l’autrice, “ma ciò non toglie che le foto rulfiane trasmettano anche un messaggio documentale della vita rurale del Messico degli anni Quaranta e Cinquanta”. Luigi CapuanaSia nell’opera letteraria che in quella fotografica ricorre una simbologia presa in prestito dalla natura e dagli archetipi cosmologici: pioggia, luna, nebbia, stelle, calore, oscurità.
Gustoso, poi, l’aneddoto che ci fa scoprire Giuseppe Sorbello in Due scrittori davanti all’obiettivo: Capuana e Verga. Questi grandi interpreti del verismo, infatti, erano entrambi attratti dalla fotografia, benché la considerassero quasi un gioco e spesso un “surrogato della letteratura nei grandi spazi bianchi della mancanza di ispirazione”. Il loro approccio, però, era sensibilmente diverso. Verga non si discosta dall’ambito del dilettantismo, ritraendo con la sua macchina fotografica il mondo a cui appartiene (ritratti di familiari e amici, e luoghi) in maniera “oggettiva”. Capuana, invece, partecipa personalmente a ogni fase del processo fotografico, attribuendo quasi più importanza alla camera oscura che alla ripresa del soggetto. Sembra che il suo atelier fosse una sorta di laboratorio alchemico nel quale indagare la realtà “secondo un’ottica scientista che tentava di inglobare, oltre il visibile, anche le manifestazioni metapsichiche, come in alcuni esperimenti fotografici da lui compiuti che pretendevano di catturare sulla lastra apparizioni ectoplasmatiche”. Sorbello racconta anche che lo scrittore era solito ritrarsi con gli occhi chiusi e il capo abbandonato, “come se fosse vittima di un’inerzia letteraria che la macchina fotografica congelasse e confondesse con il ritratto di un cadavere”.
Questi suoi “scherzi” venivano puntualmente inviati agli amici. Una volta fu proprio Giovanni Verga a ricevere la foto nel formato carte de visite. Accorso con l’angoscia della sciagura a casa dell’amico, fu accolto da Capuana in persona e dalla sua “schietta risata”.

manuela de leonardis

la rubrica libri è diretta da marco enrico giacomelli


Silvia Albertazzi & Ferdinando Amigoni (a cura di) – Guardare oltre. Letteratura, fotografia e altri territori
Meltemi, Roma 2008
Pagg. 358, ill. b/n., € 25
ISBN 9788883536083
Info: la scheda dell’editore

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