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exibinterviste – la giovane arte Matteo Bergamasco
parola d'artista
Ama l’arte di Beato Angelico ed è pronto a sdoganare la parola eternità. Folgorato dal confronto con critici e giornalisti, si dichiara un ex introverso. Il suo studio è a Milano e non ha nessuna intenzione di cambiare domicilio...
Preferisco fare un solo nome, anziché stilare il solito elenco ovviamente incompleto.
E sarebbe?
Beato Angelico.
Caspita. Questa sì che è una risposta glocal…
Vero. Mi sono spesso ritrovato con lui, con le sue opere, in momenti particolarmente intensi della mia vita, e la sua arte mi ha sempre parlato donandomi un nuovo punto di vista.
Che formazione hai?
Liceo Scientifico e Accademia di Brera, ma è chiaro che il curriculum non è tutto. Hanno la loro importanza anche i muri o gli specchi contro i quali ho sbattuto, le sperimentazioni estreme condotte su corpo e mente, le parole di due o tre amici che scrivevano libri e le dritte di quelli che stanno di là… Ultimamente ho anche rivalutato la mia infanzia trascorsa per templi in Grecia.
Quando ti sei deciso per l’arte?
Ho sempre saputo che avrei fatto l’artista. Magari con qualche sfumatura negli anni: prima il madonnaro, poi il fumettista, quindi il pittore romantico e “maledetto”, infine quello che sono adesso.
Ovvero? Te la senti di presentare la tua pittura?
Ho dipinto e disegnato cose molto diverse tra loro… A volte sono resoconti di qualcosa che è successo, delle tracce, dei diari; altre volte sono dei viaggi un po’ magici che mi insegnano ciò che già so o, meglio, mi fanno vedere ciò che già sappiamo. Vivo l’arte come un’operazione funzionale all’Opera (per quelli che la chiamano così). Non so assolutamente quello che farò domani e sto cercando di seguire le tappe del piano giorno per giorno.
Com’è andata Il Portale Eterico, la tua personale da Bonelli?
Molto bene. Anche se preparata in pochi mesi, la mostra raccoglieva il lavoro e le esperienze di un paio d’anni. È stata l’occasione per condividere una ricerca che iniziava a sembrarmi troppo segreta, solitaria, mentale. Un progetto che considero tuttora un “esperimento di vivisezione della coscienza”. Da quel momento credo di aver compreso che certe cose si possono tranquillamente dire e fare.
L’arte può prescindere dall’attualità?
Sono convinto che un artista debba confrontarsi con il mondo che lo circonda, con l’attualità socio-politica e con le ricerche in campo scientifico e tecnologico. Ma credo pure che prima di rivolgersi alla contemporaneità, sarebbe auspicabile dare un’occhiata all’eternità. O almeno rendersi conto che lo stiamo già facendo.
Che rapporto hai con gli addetti ai lavori?
Mi piace molto confrontarmi con i critici, fare interviste, incontrare giornalisti, parlare alle conferenze. In realtà sono piuttosto stupito di questa cosa. Mi ero messo in testa di essere un introverso, e invece… È molto bello ricevere input, recepire idee che ti sorprendono. Non mi piace quando il confronto si limita al mandare foto e al ricevere indietro parole.
Com’è il tuo studio?
Lo spazio è organizzato per zone: c’è quella delle piante e degli insetti, quella musicale, quella dell’oggettistica, della lettura e della scrittura. La sistemazione delle cose è molto importante. Avevo pure pensato di avviare un vero e proprio “studio” sul funzionamento del mio… studio. Scuserai il bisticcio linguistico. Sarebbe interessante analizzare il tempo di stazionamento dei pennelli vicino al lavandino, lo svuotamento dell’immondizia, lo spostamento da una zona all’altra dei bozzetti, l’ingresso di nuovi oggetti… Tutto con piantine, dati e grafici.
Resti in Italia o all’orizzonte c’è un soggiorno all’estero?
Ho sempre vissuto e lavorato a Milano. Per adesso mi piace stare qui e spostarmi per viaggi medio-brevi in altre città.
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exibinterviste – la giovane arte è una rubrica a cura di pericle guaglianone
*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 47. Te l’eri perso? Abbonati!
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