17 marzo 2008

fino al 3.IV.2008 Menashe Kadishman Roma, Ermanno Tedeschi

 
Centocinquanta tele raffiguranti teste di pecore riempiono le pareti e il pavimento della galleria nel Ghetto di Roma. Un gregge dai colori accesi e dagli occhi pieni di umanità. È l’installazione di Kadishman, che ricorda la sua esperienza di pastore in un kibbutz negli anni ‘50...

di

Trecento occhi pieni di umanità colpiscono il visitatore che entra in galleria, dove sono esposte centocinquanta tele raffiguranti teste di pecora dai tratti incisivi e dai colori espressionisti. È l’ultima installazione dell’artista israeliano Menashe Kadishman (Tel Aviv, 1932), curata da Arturo Schwarz.
Le opere esposte alle pareti e sul pavimento su piccoli cavalletti invadono tutto lo spazio. Un vero e proprio gregge, ma anche una celebrazione del colore. Tutte opere uniche, ognuna con la sua specificità: su alcune tele l’artista ha inserito dei neon, su altre delle pietre, sabbia, resina; c’è la pecora islamica, la pecora mamma che benedice il figlio, dal sapore fortemente biblico, e quella dove appare un chiaro riferimento al sacrificio di Isacco. Elemento comune a tutti i ritratti sono gli occhi questi animali, che incrociano quelli del visitatore non lasciandolo indifferente.
Nella prima sala, due opere particolari: un trittico dedicato alle tre religioni, la cristiana, l’ebraica e la musulmana, e in un angolo a terra una testa di pecora con accanto alcuni oggetti ovoidali in metallo, che rappresentano volti impauriti e disperati. Sono gli stessi volti che Kadishman ha realizzato per l’opera Foglie cadute, che occupa il pavimento di un’intera sala del Museo ebraico di Berlino, dove il visitatore è invitato a entrare e a camminare scoprendo a ogni passo sotto i propri piedi i volti sofferenti che, al suo passaggio, provocano un suono inquietante.
Menashe Kadishman - Senza titolo - 2007 - olio su tela - cm 80x60
Kadishman è considerato il più importante artista israeliano vivente: anello di congiunzione tra gli artisti del Novecento e gli esponenti della nuova generazione, il suo lavoro è basato sull’eterno ricordo biblico. Infatti, la ripetizione quasi ossessiva di questo soggetto, le pecore, ha proprio un’origine veterotestamentaria e l’umanità degli occhi di questi animali riporta al ricordo dell’Olocausto. Inoltre, Kadishman è nato in un kibbutz da una famiglia di pastori, e questa esperienza non ha mancato di influenzare la sua modalità espressiva. Infine, Kadishman è anche l’artista che, nel 1978 alla Biennale, fece scandalo per aver portato a Venezia un vero gregge di pecore che, macchiate di blu, giravano per le sale guidate da un pastore.
Menashe Kadishman - Senza titolo - 2007 - olio su tela - cm 110x110
L’artista, presente a Roma in occasione dell’inaugurazione, ha ricordato la guerra del Kippur a cui a partecipato come soldato e dove molti ragazzi come lui hanno perso la vita. “A venticinque anni, credetemi, nessuno vuole morire”, racconta mostrando una sua opera in cui, in più lingue, compare la frase “non abbiamo bambini per la guerra”.

articoli correlati
Kadishman a Palazzo Bricherasio a Torino

pierluigi sacconi
mostra visitata il 12 febbraio 2008


dal 12 febbraio al 3 aprile 2008
Menashe Kadishman
a cura di Arturo Schwarz
Ermanno Tedeschi Gallery
Via del Portico d’Ottavia, 7 (zona Ghetto) – 00186 Roma
Orario: da lunedì pomeriggio a venerdì ore 10-13 e 15.30-20; sabato e domenica su appuntamento
Ingresso libero
Info: tel. +39 0645551063; info.roma@etgallery.it; www.etgallery.it

[exibart]

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui