17 marzo 2008

MILANO, LIBESKIND E… IL MUSEO D’ARTE CONTEMPORANEA

 
Dopo anni di spasmodica attesa, di rimandi e rimpalli, di idee esternate e progetti abortiti. Dopo tutto questo, in mattinata è stato presentato a Milano il Museo d’Arte Contemporanea. A firmarlo è Daniel Libeskind, in un’area che potrebbe diventare il fulcro della cultura meneghina. La sintesi migliore l’ha fatta Davide Rampello, presidente della Fondazione Triennale: “Finalmente!”...

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Pare quasi un sogno, vedendo tanto di maquette, rendering e animazioni che illustrano il Museo d’Arte Contemporanea di Milano. Ideato da Daniel Libeskind, la struttura sarà ospitata nell’area di proprietà comunale dell’ex Fiera, nel quadro del progetto di riqualificazione urbanistica CityLife, dove alla firma dello studio newyorkese si affiancheranno i nomi di Zaha Hadid, Arata Isozaki e Pier Paolo Maggiora. Si tratta dell’edificio che, in prima battuta, doveva essere adibito a Museo del Design, che ha invece trovato alloggio alla Triennale di viale Alemagna.
La riconversione è stata decisa un anno e mezzo fa, periodo prima e durante il quale si sono rincorse voci più o meno autorevoli su altre location possibili per il Museo (una fra tutte, l’area dell’ex Falk su cui interverrà Renzo Piano, ma che si trova nel Comune di Sesto San Giovanni). Altre date precise tuttavia non si hanno: il sindaco Moratti ha assicurato che i lavori inizieranno “rapidamente” e la “scommessa” è terminarli entro il giugno del 2011, quando scadrà il mandato della Giunta.
Il Museo di Libeskind sarà il 42esimo in città. Se non tornano i conti è perché, a parere del Sindaco come di Sgarbi, occorre tener presente anche il Museo del Novecento all’Arengario, dove -nella visione dell’Assessore- saranno ospitate opere che, all’incirca, non varchino la soglia del 1970.
Almeno nelle intenzioni, il progetto di Libeskind è fortemente localizzato, al fine di evitare l’ideazione del “solito” edificio buono per tutte le piazze. Un Museo che assegna la centralità al visitatore e all’artista, ad esempio con la presenza di locali adibiti ad atelier visitabili. Un Museo concepito per accogliere la fluidità del contemporaneo e che, quindi, è strutturato per essere esso stesso estremamente flessibile nell’articolazione degli spazi. Un Museo, infine, dai riferimenti esplicitamente umanistici: la pianta quadrata ruota su uno dei vertici nei piani superiori, dando vita a una struttura circolare. Libeskind si è richiamato all’uomo leonardesco. E proprio l’uomo e il suo corpo dovrebbero essere basilari, se nel seminterrato è addirittura prevista la realizzazione di un impianto termale.
Daniel Libeskind - photo Michael Klinkhamer
L’ingresso che, in stile Tate Modern, porta al piano posto sotto il livello stradale comprenderà, oltre alle terme, un collegamento al metro e al parcheggio, nonché il bookshop, l’archivio, il caffè e l’auditorium. Salendo, si passa agli atelier, alla zona dedicata alla didattica e alle sale espositive, che occupano gran parte del secondo e terzo piano. Il tetto sarà in parte occupato dal ristorante panoramico e in parte al giardino. Una presenza, quella del verde, sostenuta dai giardini pensili e dall’aerea circostante, che ospiterà il Parco delle Sculture. L’obiettivo, a dire dell’architetto, è creare un edificio ecologicamente sostenibile, che “produca energia e non la consumi”.
Un accento particolare è stato posto da più parti sul contributo dei privati. Delle Fondazioni, in particolare, che hanno lavorato in questi anni di almeno parziale latitanza delle istituzioni pubbliche; e dei collezionisti, soprattutto, che hanno reso Milano uno dei mercati più attivi dell’arte contemporanea e che Sgarbi ha definito i futuri “azionisti” del Museo.Va da sé che non è mancato lo schiocco di qualche dardo lanciato, ancora da Sgarbi, all’indirizzo di Roma. Ai cui Musei il Ministero affida annualmente una somma, seppur risicata, per gli acquisti, mentre nel caso milanese “sarà un problema”. E dove l’impronta del pensiero targato Achille Bonito Oliva ancora dominerebbe, favorendo una visione esclusivistica della contemporaneità, mentre a Milano l’esempio da seguire sarà quello di Testori, ossia inclusivo in massimo grado. E di quest’approccio Milano ha già visto alcuni saggi, in specie al Pac.
Rendering con la veduta del Museo di Arte Contemporanea e dall'area CityLife - (c) Studio Daniel Libeskind, New York
Cosa resta da fare? L’approvazione della variante in Giunta; l’Associazione degli Amici del Museo, in sinergia con realtà quali InContemporanea, per evitare che le collezioni continuino a migrare; la definizione dell’aspetto gestionale, per cui è incaricato Severino Salvemini della Bocconi (il Museo sarà, dal punto di vista societario, una Fondazione sul modello della Triennale, dunque con un accordo di programma che unisce Ministero, Regione, Provincia e Comune); la nomina del direttore artistico, il cui nome si saprà entro il 2008, assicura il Sindaco.
E, ovviamente, il Museo. Che avrà un costo di 40 milioni di euro (il doppio rispetto al progetto del Museo del Design) per una superficie di 18-20mila metri quadri, dei quali una parte assai ridotta (fra i 2.500 e i 4.000 mq) dedicata alla collezione.


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m.e.g.

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