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07
aprile 2008
fino al 15.VI.2008 Capolavori che ritornano Roma, Fondazione Memmo
roma
Correre lungo tre secoli, respirarne le atmosfere, cogliendone le sfumature. È possibile se ai nostri occhi sostituiamo quelli dei maestri pittori. Colori e profumi del passato, catturati implacabilmente, restituiti sulla tela. In un eterno gioco di rimandi, che conserva intatto tutto il suo fascino...
di Marzia Apice
Veneto e Toscana, madri di tanti artisti, sono le terre protagoniste di questa mostra promossa dal Gruppo Banca Popolare di Vicenza, che presenta opere realizzate tra Cinquecento e Ottocento, capaci di offrire un panorama esaustivo della vitalità artistica italiana.
Straordinario per intensità e semplicità di linguaggio, pur nella aristocratica bellezza del soggetto, il San Francesco in orazione (1599) di Jacopo Chimenti da Empoli, accanto a Filippo Lippi con La vendetta della regina Tomiri, che mostra i personaggi come disposti in una drammatica scena teatrale. O, ancora, il piccolo quadro della Madonna con Bambino e San Giovannino (post-1557) di Jacopo Bassano, in cui l’evidente fervore religioso non intacca l’eleganza formale della tela, e la Testa di vecchio (1757-1759), in cui lo spessore psicologico, unito alla precisione dei dettagli del volto, sono la prova del valore di Tiepolo.
L’emozione poi diventa enorme quando s’incontra Caravaggio: la sua Coronazione di spine (1602-1603), con la struttura dinamica della luce, con le espressioni di sofferenza realmente sentita e l’anatomia scolpita col pennello, con l’umanità vibrante che balza fuori dalla tela, colpisce gli occhi di chi osserva. Nella sala detta del Tesoro, oltre a Caravaggio sono esposti altri capolavori, come la Madonna col Bambino, immobile mentre in adorazione stringe il bimbo al seno, in quei colori tenui e sfumati, che vanno dal rosa all’avorio al blu della veste, di Filippo Lippi; o come il Crocifisso di Giovanni Bellini, in cui il volto scarno e il corpo sofferente del Cristo appaiono sublimati in una serenità emblematica.
Procedendo nel cammino verso il Futurismo, dopo le sculture neoclassiche di Antonio Canova e Lorenzo Bartolini, tra le quali di quest’ultimo spicca per intensità il busto marmoreo La fiducia in Dio (1840), si arriva alla piccola rappresentanza di opere realizzate nei primi del Novecento: Al molo di San Marco di Alessandro Zezzos, Scena di vendemmia di Ardengo Soffici, Palermo Via libertà di Aurelio Catti, tutte emblema di una nuova ricerca espressiva nella composizione dell’immagine pittorica.
Mostra interessante ed eterogenea, nella bella cornice di Palazzo Ruspoli. Onore al merito, dunque, ai promotori dell’iniziativa, ma peccato per l’illuminazione (delle tele più che dei busti scolpiti) che penalizza la resa scenica delle opere, nascondendo al visitatore parte di quel piacere che la visione artistica può dare.
Straordinario per intensità e semplicità di linguaggio, pur nella aristocratica bellezza del soggetto, il San Francesco in orazione (1599) di Jacopo Chimenti da Empoli, accanto a Filippo Lippi con La vendetta della regina Tomiri, che mostra i personaggi come disposti in una drammatica scena teatrale. O, ancora, il piccolo quadro della Madonna con Bambino e San Giovannino (post-1557) di Jacopo Bassano, in cui l’evidente fervore religioso non intacca l’eleganza formale della tela, e la Testa di vecchio (1757-1759), in cui lo spessore psicologico, unito alla precisione dei dettagli del volto, sono la prova del valore di Tiepolo.
L’emozione poi diventa enorme quando s’incontra Caravaggio: la sua Coronazione di spine (1602-1603), con la struttura dinamica della luce, con le espressioni di sofferenza realmente sentita e l’anatomia scolpita col pennello, con l’umanità vibrante che balza fuori dalla tela, colpisce gli occhi di chi osserva. Nella sala detta del Tesoro, oltre a Caravaggio sono esposti altri capolavori, come la Madonna col Bambino, immobile mentre in adorazione stringe il bimbo al seno, in quei colori tenui e sfumati, che vanno dal rosa all’avorio al blu della veste, di Filippo Lippi; o come il Crocifisso di Giovanni Bellini, in cui il volto scarno e il corpo sofferente del Cristo appaiono sublimati in una serenità emblematica.
Procedendo nel cammino verso il Futurismo, dopo le sculture neoclassiche di Antonio Canova e Lorenzo Bartolini, tra le quali di quest’ultimo spicca per intensità il busto marmoreo La fiducia in Dio (1840), si arriva alla piccola rappresentanza di opere realizzate nei primi del Novecento: Al molo di San Marco di Alessandro Zezzos, Scena di vendemmia di Ardengo Soffici, Palermo Via libertà di Aurelio Catti, tutte emblema di una nuova ricerca espressiva nella composizione dell’immagine pittorica.
Mostra interessante ed eterogenea, nella bella cornice di Palazzo Ruspoli. Onore al merito, dunque, ai promotori dell’iniziativa, ma peccato per l’illuminazione (delle tele più che dei busti scolpiti) che penalizza la resa scenica delle opere, nascondendo al visitatore parte di quel piacere che la visione artistica può dare.
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a cura di Fernando Rigon e Isabella Lapi Ballerini
Fondazione Memmo – Palazzo Ruspoli
Via del Corso, 418 – 00186 Roma
Orario: da martedì a giovedì ore 10-19.30; da venerdì a domenica ore 10-20.30
Ingresso: intero € 10; ridotto € 8/6/4
Catalogo Skira
Info: tel./fax +39 066874704; info@fondazionememmo.it; www.fondazionememmo.it
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