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08
aprile 2008
fino al 6.VII.2008 Andy Warhol Traversetolo (pr), Fondazione Magnani-Rocca
bologna
In una villa che ospita Tiziano trova spazio la riflessione sul consumismo, impietosa e connivente, del principale esponente della Pop Art americana. Una selezione di opere non troppo ricca e originale si pone in parallelo alla mitica Factory. In una cornice classica e rassicurante...
All’opposto della Factory c’è la New Factory, la mostra dedicata al pop artist Andy Warhol (Pittsburgh, 1928 – New York, 1987) in una villa ai piedi delle colline parmensi. Il contrasto fra la scenografia di un loft di Manhattan e lo spazio classico di un palazzo con giardini all’italiana e collezione permanente non potrebbe essere maggiore. Nelle sale che ospitano la raccolta della Fondazione Magnani-Rocca sono presenti Gentile da Fabriano e Tiziano. Girato l’angolo, si ripercorre l’itinerario dell’artista che ha svuotato l’arte dal suo valore etico per renderla permeabile all’ingresso in scena dell’oggetto comune. Il luogo della mostra costringe a una sintesi difficile fra due concezioni dell’uomo diametralmente opposte.
Contenitore senza contenuto è la realtà secondo Warhol. L’uomo è un prodotto al pari di qualsiasi oggetto commerciale: come l’immagine pubblicitaria scatena la fame dell’individuo sulle cose, allo stesso modo il sistema dei media su cui si regge il delicato equilibrio capitalista è vorace di consumatori, che con la loro frenesia devono rincorrere l’offerta, altrimenti votata alla sovrapproduzione. L’individuo paga il benessere materiale con la distruzione della propria capacità critica e la tecnica annulla il giudizio per trasformarlo in indifferente desiderio.
Le opere di Warhol sono la “notizia” di questo processo. Testimoniano, con il distacco della cronaca, l’avvenuto processo mentale di acquisizione del messaggio. Le serigrafie di Marilyn (pezzo forte dell’esposizione) sono il filtro della coscienza che si macchia al passaggio dell’immagine: il foglio ne rimane intriso, in maniera sbiadita e passiva. Non si fissano invece nella mente il significato e il contenuto emotivo dell’immagine, e questo ci permette di accogliere la notizia di un’esecuzione capitale sull’Electric Chair con lo stesso stato d’animo di un avvenimento gioioso, ovvero con indifferenza.
T
utte le opere di Warhol, di cui una selezione significativa è esposta in questa antologica (le serigrafie di Mao, le ricette illustrate, Ladies and Gentlemen, copertine di riviste e dischi prodotte dall’eclettico artista e altri lavori sia grafici che video), sono solo uno degli infiniti percorsi dell’immaginario collettivo che alberga nell’immaginario individuale. Ecco come ragiona l’uomo-massa senza accorgersene, sembra dire Warhol.
Ma l’uomo del Duemila risponde ai mille input del sistema consumista con lo stesso atteggiamento acritico di qualche decennio fa? Allora la novità della società tecnologica colse di sorpresa l’individuo, che reagì all’inedito bombardamento mediatico perdendo i riferimenti etici ed estetici della tradizione. Oggi l’uomo si è abituato. Come oggetto comincia a diventare obsoleto, man mano che riacquista una (debole) coscienza critica e rifugge in preda all’“horror pleni” (Gillo Dorfles) la giungla di messaggi che invade la sua quotidiana. La Pop Art rimane attuale e al contempo diventa storia, e sentore di storia aleggia nell’itinerario espositivo.
La mostra di Traversetolo fa raccolta inventaria delle opere più famose di Warhol senza osare ricerche più approfondite. The New Factory non è anticonformistica come la Factory. Seppoi si cade vittima dell’horror pleni, una boccata d’aria nei giardini all’italiana e una visita alla collezione permanente sono un ottimo rimedio.
Contenitore senza contenuto è la realtà secondo Warhol. L’uomo è un prodotto al pari di qualsiasi oggetto commerciale: come l’immagine pubblicitaria scatena la fame dell’individuo sulle cose, allo stesso modo il sistema dei media su cui si regge il delicato equilibrio capitalista è vorace di consumatori, che con la loro frenesia devono rincorrere l’offerta, altrimenti votata alla sovrapproduzione. L’individuo paga il benessere materiale con la distruzione della propria capacità critica e la tecnica annulla il giudizio per trasformarlo in indifferente desiderio.
Le opere di Warhol sono la “notizia” di questo processo. Testimoniano, con il distacco della cronaca, l’avvenuto processo mentale di acquisizione del messaggio. Le serigrafie di Marilyn (pezzo forte dell’esposizione) sono il filtro della coscienza che si macchia al passaggio dell’immagine: il foglio ne rimane intriso, in maniera sbiadita e passiva. Non si fissano invece nella mente il significato e il contenuto emotivo dell’immagine, e questo ci permette di accogliere la notizia di un’esecuzione capitale sull’Electric Chair con lo stesso stato d’animo di un avvenimento gioioso, ovvero con indifferenza.
T
utte le opere di Warhol, di cui una selezione significativa è esposta in questa antologica (le serigrafie di Mao, le ricette illustrate, Ladies and Gentlemen, copertine di riviste e dischi prodotte dall’eclettico artista e altri lavori sia grafici che video), sono solo uno degli infiniti percorsi dell’immaginario collettivo che alberga nell’immaginario individuale. Ecco come ragiona l’uomo-massa senza accorgersene, sembra dire Warhol.
Ma l’uomo del Duemila risponde ai mille input del sistema consumista con lo stesso atteggiamento acritico di qualche decennio fa? Allora la novità della società tecnologica colse di sorpresa l’individuo, che reagì all’inedito bombardamento mediatico perdendo i riferimenti etici ed estetici della tradizione. Oggi l’uomo si è abituato. Come oggetto comincia a diventare obsoleto, man mano che riacquista una (debole) coscienza critica e rifugge in preda all’“horror pleni” (Gillo Dorfles) la giungla di messaggi che invade la sua quotidiana. La Pop Art rimane attuale e al contempo diventa storia, e sentore di storia aleggia nell’itinerario espositivo.
La mostra di Traversetolo fa raccolta inventaria delle opere più famose di Warhol senza osare ricerche più approfondite. The New Factory non è anticonformistica come la Factory. Seppoi si cade vittima dell’horror pleni, una boccata d’aria nei giardini all’italiana e una visita alla collezione permanente sono un ottimo rimedio.
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a cura di Achille Bonito Oliva, Ada Masoero e Laura Ravasi
Fondazione Magnani-Rocca
via Fondazione Magnani-Rocca, 4 – Mamiano di Traversetolo (PR)
orario: dal martedì alla domenica 10-18 (la biglietteria chiude alle 17)
Ingresso: intero € 8 (comprensivo delle raccolte permanenti); ridotto € 4
Catalogo Mazzotta, € 25 (prezzo in mostra)
Info: tel. +39 0521848327; fax +39 0521848337; info@magnanirocca.it; www.magnanirocca.it
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