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06
maggio 2008
fino all’8.V.2008 Stuart Semple Milano, Aus18
milano
“Contemporary art is life. Life is Pop”, afferma l’artista. Al suono di Dizzee Rascal, Donnas, Blur, Bronski Beat e Guns’n’Roses, si apre la prima personale italiana dell’inglese. In un’atmosfera dalle nuance pop e post. Con un pizzico di ironia dark...
di Marta Silvi
“I practically put my ipod on shuffle”, confida Stuart Semple (Bournemouth, 1980; vive a Londra). Erede confesso di quell’arte che ha fatto dei prodotti di consumo il proprio marchio, dichiara la sua ispirazione e la sua appartenenza nel titolo della mostra: Pop Disciple.
Divenuto famoso per il recupero che praticò nel 2004 dei resti scampati all’incendio del Momart, ponendoli a mo’ di reliquie all’interno di otto contenitori di plastica nell’opera Burn Baby Burn, gode al momento di gran successo internazionale.
Devoto all’arte pop degli anni ‘50, come un mostro a due teste scisso tra immagine di consumismo e immagine di comunicazione del prodotto, Semple è consapevole di una differenza fondamentale che lo separa dal clima di positiva celebrazione del nuovo, nonché di ambiguo atteggiamento critico, caratteristico della Pop di prima generazione: “Mi rendo conto di ciò che hanno fatto gli artisti degli anni ‘50, ma ora abbiamo a disposizione le nuove tecnologie e le cose sono rese molto più disponibili; mi sembra perciò di avere a che fare sempre più con ciò che rimane, con i detriti”.
Le sue tele si affollano, infatti, di reminiscenze dark dalle nuance piuttosto cupe, che ritagliano figure, oggetti e miti recuperati dalla vita quotidiana, dai tabloid, dalle immagini diffuse per le strade. “Semple è il Poe del Pop”, afferma Rebecca Slade.
I suoi lavori si presentano come chiavi di lettura personali del mondo che ci circonda, analisi consapevoli dell’immaginario collettivo. La spregiudicatezza formale regala alle sue opere la totale onestà nel messaggio: una pittura erosa e incrostata riproduce figure alienate, di una sensualità distruttiva, piena di sbavature. In She’s Lost Control una ragazza seminuda ci guarda vogliosa dal pavimento; la scritta, che ripete il titolo, spiega in maniera didascalica la situazione, mentre due uccellini prelevati da un qualsiasi cartoon della Disney fluttuano tra schizzi di sangue e diamanti. Come un requiem alla vita regolare, la sessualità e il potere galleggiano in tutti i quadri di Semple, deviati, malati, assolutamente instabili.
Figure realistiche, fumetti, cartoon, simboli e parole vengono shakerati sulla superficie del quadro, creando un universo da decriptare, dove il messaggio si rivela a un livello più profondo. La sua pittura trasmette l’ansia ereditata dalla generazione precedente, è noir, sognante, nervosa, ma continuamente inquisitoria. A differenza di ciò che sembrerebbe, l’artista non usa processi meccanici nella realizzazione delle tele, che ostentano una chiara derivazione dalla serigrafia warholiana, ma si rende artefice diretto del prodotto in maniera totalmente manuale: “I’m painting print, not printing paint”.
Dal momento che “print is temporal, paint is eternal”, l’artista non si concede alcuna rete di salvataggio nel processo: la pittura, a differenza delle tecnologie digitali, non permette troppi ripensamenti né cancellature. Riflettendo sul fatto che la quantità di immagini disponibili cresce rapidamente e instancabilmente, all’artista, secondo Semple, resta il compito della selezione ragionata. Dove la rielaborazione e la reintepretazione costruisce il messaggio, la visione e la comprensione del mondo circostante.
Divenuto famoso per il recupero che praticò nel 2004 dei resti scampati all’incendio del Momart, ponendoli a mo’ di reliquie all’interno di otto contenitori di plastica nell’opera Burn Baby Burn, gode al momento di gran successo internazionale.
Devoto all’arte pop degli anni ‘50, come un mostro a due teste scisso tra immagine di consumismo e immagine di comunicazione del prodotto, Semple è consapevole di una differenza fondamentale che lo separa dal clima di positiva celebrazione del nuovo, nonché di ambiguo atteggiamento critico, caratteristico della Pop di prima generazione: “Mi rendo conto di ciò che hanno fatto gli artisti degli anni ‘50, ma ora abbiamo a disposizione le nuove tecnologie e le cose sono rese molto più disponibili; mi sembra perciò di avere a che fare sempre più con ciò che rimane, con i detriti”.
Le sue tele si affollano, infatti, di reminiscenze dark dalle nuance piuttosto cupe, che ritagliano figure, oggetti e miti recuperati dalla vita quotidiana, dai tabloid, dalle immagini diffuse per le strade. “Semple è il Poe del Pop”, afferma Rebecca Slade.
I suoi lavori si presentano come chiavi di lettura personali del mondo che ci circonda, analisi consapevoli dell’immaginario collettivo. La spregiudicatezza formale regala alle sue opere la totale onestà nel messaggio: una pittura erosa e incrostata riproduce figure alienate, di una sensualità distruttiva, piena di sbavature. In She’s Lost Control una ragazza seminuda ci guarda vogliosa dal pavimento; la scritta, che ripete il titolo, spiega in maniera didascalica la situazione, mentre due uccellini prelevati da un qualsiasi cartoon della Disney fluttuano tra schizzi di sangue e diamanti. Come un requiem alla vita regolare, la sessualità e il potere galleggiano in tutti i quadri di Semple, deviati, malati, assolutamente instabili.
Figure realistiche, fumetti, cartoon, simboli e parole vengono shakerati sulla superficie del quadro, creando un universo da decriptare, dove il messaggio si rivela a un livello più profondo. La sua pittura trasmette l’ansia ereditata dalla generazione precedente, è noir, sognante, nervosa, ma continuamente inquisitoria. A differenza di ciò che sembrerebbe, l’artista non usa processi meccanici nella realizzazione delle tele, che ostentano una chiara derivazione dalla serigrafia warholiana, ma si rende artefice diretto del prodotto in maniera totalmente manuale: “I’m painting print, not printing paint”.
Dal momento che “print is temporal, paint is eternal”, l’artista non si concede alcuna rete di salvataggio nel processo: la pittura, a differenza delle tecnologie digitali, non permette troppi ripensamenti né cancellature. Riflettendo sul fatto che la quantità di immagini disponibili cresce rapidamente e instancabilmente, all’artista, secondo Semple, resta il compito della selezione ragionata. Dove la rielaborazione e la reintepretazione costruisce il messaggio, la visione e la comprensione del mondo circostante.
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dal 27 marzo all’otto maggio 2008
Stuart Semple – Pop Disciple
a cura di Stefano Castelli
Galleria Aus18
Via Ausonio, 18 (zona Sant’Agostino) – 20123 Milano
Orario: da lunedì a venerdì ore 10-13 e 15-19; sabato su appuntamento
Ingresso libero
Catalogo disponibile
Info: tel. +39 028375436; info@aus18.it; www.aus18.it
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