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08
maggio 2008
fino al 23.V.2008 Howard Hodgkin London, Larry Gagosian
around
Audace. Anticonvenzionale. Dal colore voluttuosamente dinamico. Da figura marginale del panorama artistico dell’arte britannica a gigante della pittura contemporanea. A settantacinque anni, Hodgkin ha ancora molto da dire...
Dopo la mostra nelle sedi di Madison Avenue e di Beverly Hills, Larry Gagosian riporta Howard Hodgkin (Londra, 1932) nel Regno Unito. Venti nuovi dipinti -i primi esposti in Inghilterra dal 1999-, creati tra il 2007 e il 2008 e allestiti negli spazi londinesi di Britannia Street, esplorano i temi dell’American Freedom e dell’intimità erotica. La caratteristica più evidente dell’arte di Hodgkin è la sua resistenza all’analisi. Ma se il contenuto delle sue opere è elusivo, la sua tecnica è estremamente diretta.
In apertura, Hello (2004-08) è un piccolo e gioioso quadrato popolato da vivaci arancioni e azzurri. Strati di colori intensi ricoprono voluttuosamente la superficie del legno, ricostruendo momenti racchiusi in una pace precaria fatta di ampie pennellate trascinate una sull’altra. Come il sountuoso paesaggio di Where the Deer and the Antelope play (2001-07), semplicemente espresso da vigorose linee blu e verdi, chiuso da un cielo rosso (un tramonto?). Il paesaggio è il luogo in cui il cervo e l’antilope si muovono, ma da cui sono paradossalmente assenti. Le opere di Hodgkin si riferiscono a momenti specifici; momenti che, per essere espressi pienamente, non richiedono di essere descritti in modo completo. Per quello deve intervenire la memoria individuale.
Perché per Hodgkin il dipingere è un atto della memoria. È l’istante compreso tra l’osservazione e l’applicazione della pittura sulla superficie della tavola. Un istante contaminato dal ricordo di altre opere, di altre situazioni. Per Hodgikin la decorazione possiede un colorismo che non cessa di sorprendere e che riporta alla mente Matisse e gli espressionisti americani, e da cui non sono esenti le influenze esotiche assorbite durante i numerosi viaggi in India, Egitto e Marocco.
Che si tratti di viaggi o di occasioni sociali, il filo conduttore della poetica di Hodgkin è l’indagine continua e persistente di eventi specifici. Nel suo mondo, la memoria dell’occhio possiede colori distintivi. Può essere rossa o verde. O, come in And the skies are not cloudy all day, può essere composta da vigorose pennellate verdi ripetute, che rappresentano la vibrazione dei sentimenti e della luce in modo quasi metafisico. Nel suo In Egypt, Hodgkin sottolinea ossessivamemente l’autosufficienza del segno che forma la struttura del suo lavoro. Un segno obliquo, quasi mistico, che racchiude in sé l’evanescente fuggevolezza delle sensazioni umane.
Quello del pittore londinese è un mondo in cui ansia e tranquillità si alternano in rapida successione e che la scelta di un materiale assertivo ed estremamente fisico come il legno, invece della tela, rende sorprendentemente reale. I suoi quadri sono oggetti tridimensionali che abitano una realtà tangibile. Questa continuità tra interno ed esterno è sottolineata dalle cornici dipinte, che caratterizzano molti dei suoi lavori. Cornici che, invece di arginare il colore, lo lasciano straripare come un fiume in piena.
Ma in questi nuovi lavori l’artista ferma il colore in modo sempre più improvviso, quasi violento. E, come in Ozone, il legno sottostante sempre più emerge nudo, svestito senza pudore del colore che dovrebbe coprirlo.
E mentre molti artisti suoi contemporanei hanno fatto dell’abitudine la loro fonte d’ispirazione, a settantacinque anni Hodgkin non cessa di stupire con lavori ancora così ferocemente nuovi e controversi.
In apertura, Hello (2004-08) è un piccolo e gioioso quadrato popolato da vivaci arancioni e azzurri. Strati di colori intensi ricoprono voluttuosamente la superficie del legno, ricostruendo momenti racchiusi in una pace precaria fatta di ampie pennellate trascinate una sull’altra. Come il sountuoso paesaggio di Where the Deer and the Antelope play (2001-07), semplicemente espresso da vigorose linee blu e verdi, chiuso da un cielo rosso (un tramonto?). Il paesaggio è il luogo in cui il cervo e l’antilope si muovono, ma da cui sono paradossalmente assenti. Le opere di Hodgkin si riferiscono a momenti specifici; momenti che, per essere espressi pienamente, non richiedono di essere descritti in modo completo. Per quello deve intervenire la memoria individuale.
Perché per Hodgkin il dipingere è un atto della memoria. È l’istante compreso tra l’osservazione e l’applicazione della pittura sulla superficie della tavola. Un istante contaminato dal ricordo di altre opere, di altre situazioni. Per Hodgikin la decorazione possiede un colorismo che non cessa di sorprendere e che riporta alla mente Matisse e gli espressionisti americani, e da cui non sono esenti le influenze esotiche assorbite durante i numerosi viaggi in India, Egitto e Marocco.
Che si tratti di viaggi o di occasioni sociali, il filo conduttore della poetica di Hodgkin è l’indagine continua e persistente di eventi specifici. Nel suo mondo, la memoria dell’occhio possiede colori distintivi. Può essere rossa o verde. O, come in And the skies are not cloudy all day, può essere composta da vigorose pennellate verdi ripetute, che rappresentano la vibrazione dei sentimenti e della luce in modo quasi metafisico. Nel suo In Egypt, Hodgkin sottolinea ossessivamemente l’autosufficienza del segno che forma la struttura del suo lavoro. Un segno obliquo, quasi mistico, che racchiude in sé l’evanescente fuggevolezza delle sensazioni umane.
Quello del pittore londinese è un mondo in cui ansia e tranquillità si alternano in rapida successione e che la scelta di un materiale assertivo ed estremamente fisico come il legno, invece della tela, rende sorprendentemente reale. I suoi quadri sono oggetti tridimensionali che abitano una realtà tangibile. Questa continuità tra interno ed esterno è sottolineata dalle cornici dipinte, che caratterizzano molti dei suoi lavori. Cornici che, invece di arginare il colore, lo lasciano straripare come un fiume in piena.
Ma in questi nuovi lavori l’artista ferma il colore in modo sempre più improvviso, quasi violento. E, come in Ozone, il legno sottostante sempre più emerge nudo, svestito senza pudore del colore che dovrebbe coprirlo.
E mentre molti artisti suoi contemporanei hanno fatto dell’abitudine la loro fonte d’ispirazione, a settantacinque anni Hodgkin non cessa di stupire con lavori ancora così ferocemente nuovi e controversi.
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Gagosian Gallery
6-24, Britannia Street – WC1X 9JD London
Orario: da martedì a sabato ore 10-18
Ingresso libero
Info: tel. +44 02078419960; fax +44 02078419961 info@gagosian.com; www.gagosian.com
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