Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
21
maggio 2008
fino al 25.V.2008 Roxanne Lowit / Giuseppe Varchetta Reggio Emilia, Collezione Maramotti
bologna
A Reggio Emilia come nella Big Apple. La collezione Maramotti presenta, per la sua prima temporanea, un allestimento dal sapore newyorkese. Una celebre artista, un saggista e uno psico-socio-analista fotografo. Riflettono sulla relazione tra pubblico e opera...
Sembra di entrare all’interno di una galleria newyorkese, invece siamo a Reggio Emilia. Per il nuovo spazio dedicato alle mostre temporanee, la Collezione Maramotti non rinuncia al rigore e alla raffinatezza, scegliendo un allestimento minimale, semplicemente perfetto, che unisce gli scatti di una grande fotografa di moda e del jet set internazionale, Roxanne Lowit, e quelli di uno psicoanalista che ha già esposto in gallerie e musei sia in Europa che negli Stati Uniti, Giuseppe Varchetta, presi durante l’opening della Collezione, insieme al testo di uno scrittore-saggista, Marco Belpoliti, per ragionare sul processo d’interazione tra opera e fruitore.
Due serie di opere complementari e nello stesso tempo molto diverse, che si guardano rispecchiandosi l’una nell’altra, completandosi in modo intrigante. “Il processo artistico”, afferma Roxanne Lowit, da sempre attenta a cogliere coi suoi scatti l’euforia di un momento, “dall’ideazione dell’opera alla realizzazione fino alla sua scoperta, è intessuto di un’energia meravigliosa che continua a darmi stimoli e a motivarmi per riuscire a catturarla”. Nelle fotografie in mostra, rubate a un evento mondano, che giocano con ironia e divertimento a cogliere l’attimo particolare, si ritrova questa energia catalizzatrice e l’attenzione al modo in cui lo spettatore o l’artista interagiscono con le loro o altrui opere, posando come modelli o cercando di modificare la visione del loro lavoro con gli atteggiamenti del corpo, oppure ponendosi addirittura come un’alternativa.
Esemplare in questo senso la figura di Ontani che si pettina quasi provocatoriamente davanti allo specchio di Pistoletto. Lowit diventa quindi narratrice di un momento in cui i corpi stessi diventano texture (o pattern, appunto), fondendosi alle fantasie delle opere alle loro spalle.
Il bianco e nero di Giuseppe Varchetta, al contrario, è più rigoroso e silenzioso nel fissare uno sguardo rarefatto, che coglie le energie sottili fra i corpi dei visitatori che entrano in contatto tra loro e con le opere, come la meravigliosa barca di Claudio Parmiggiani appesa nel vuoto, che con la sua presenza ingombrante sovrasta dall’alto. Varchetta, che di professione fa appunto l’ascoltatore, prende appunti attraverso lo scatto mentre “ascolta” in silenzio ciò che avviene in uno spazio denso di significati, quando entrano in gioco gli spettatori, che si materializzano a poco a poco come ombre lontane, visioni quasi assenti e poco percettibili davanti all’oggetto protagonista.
L’opera d’arte diviene quindi il vertice fondamentale della triangolazione autore-opera-visitatore, come sostiene Belpoliti nel testo di accompagnamento alla mostra. Che si sviluppa mediante due approcci differenti: l’uno più visuale e teatrale, in un certo senso, giocato sul colore e sul movimento, sulla presenza effettiva; l’altro decisamente più filosofico, basato sull’assenza e sull’ascolto.
Due serie di opere complementari e nello stesso tempo molto diverse, che si guardano rispecchiandosi l’una nell’altra, completandosi in modo intrigante. “Il processo artistico”, afferma Roxanne Lowit, da sempre attenta a cogliere coi suoi scatti l’euforia di un momento, “dall’ideazione dell’opera alla realizzazione fino alla sua scoperta, è intessuto di un’energia meravigliosa che continua a darmi stimoli e a motivarmi per riuscire a catturarla”. Nelle fotografie in mostra, rubate a un evento mondano, che giocano con ironia e divertimento a cogliere l’attimo particolare, si ritrova questa energia catalizzatrice e l’attenzione al modo in cui lo spettatore o l’artista interagiscono con le loro o altrui opere, posando come modelli o cercando di modificare la visione del loro lavoro con gli atteggiamenti del corpo, oppure ponendosi addirittura come un’alternativa.
Esemplare in questo senso la figura di Ontani che si pettina quasi provocatoriamente davanti allo specchio di Pistoletto. Lowit diventa quindi narratrice di un momento in cui i corpi stessi diventano texture (o pattern, appunto), fondendosi alle fantasie delle opere alle loro spalle.
Il bianco e nero di Giuseppe Varchetta, al contrario, è più rigoroso e silenzioso nel fissare uno sguardo rarefatto, che coglie le energie sottili fra i corpi dei visitatori che entrano in contatto tra loro e con le opere, come la meravigliosa barca di Claudio Parmiggiani appesa nel vuoto, che con la sua presenza ingombrante sovrasta dall’alto. Varchetta, che di professione fa appunto l’ascoltatore, prende appunti attraverso lo scatto mentre “ascolta” in silenzio ciò che avviene in uno spazio denso di significati, quando entrano in gioco gli spettatori, che si materializzano a poco a poco come ombre lontane, visioni quasi assenti e poco percettibili davanti all’oggetto protagonista.
L’opera d’arte diviene quindi il vertice fondamentale della triangolazione autore-opera-visitatore, come sostiene Belpoliti nel testo di accompagnamento alla mostra. Che si sviluppa mediante due approcci differenti: l’uno più visuale e teatrale, in un certo senso, giocato sul colore e sul movimento, sulla presenza effettiva; l’altro decisamente più filosofico, basato sull’assenza e sull’ascolto.
articoli correlati
La collezione Maramotti apre al pubblico
francesca baboni
mostra visitata il 30 aprile 2008
dal 30 aprile al 25 maggio 2008
Roxanne Lowit / Giuseppe Varchetta – Pattern Room
Collezione Maramotti – Max Mara
Via Fratelli Cervi, 66 – 42100 Reggio Emilia
Orario: dal 1° al 4 maggio ore 10–13 e 14,30–18; dal 6 al 25 maggio, giovedì e venerdì ore 14,30- 18,30, sabato e domenica ore 9,30-12,30 e 15–18; la mostra aperta soltanto ai visitatori della collezione permanente
Ingresso libero
Testo critico di Marco Belpoliti
Info: tel. +39 0522382484; fax +39 0522934479; info@collezionemaramotti.org; www.collezionemaramotti.org
[exibart]