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Luciano Ventrone – Il limite del vero. Dall’astrattismo all’astrazione
Circa 30 opere ripercorreranno l’attività dell’artista – definito da Federico Zeri, che lo scoprì, “il Caravaggio del ventesimo secolo” – dai suoi primi lavori degli Anni 60, le scansioni delle cellule e le forme modulari, fino alle più recenti nature morte che lo hanno reso celebre.
Comunicato stampa
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LUCIANO VENTRONE. IL LIMITE DEL VERO
Dall’astrattismo all’astrazione
Una retrospettiva, a cura di Angelo Crespi, di circa 30 opere che, dal 31 gennaio al 10 marzo alla Fondazione Stelline, indaga sull’attività artistica del pittore soprannominato il “Caravaggio del ventesimo secolo”. Dalle cellule ingrandite al microscopio alle famose nature morte
Dal 31 gennaio al 10 marzo 2019 la Fondazione Stelline ospita la mostra "Il limite del vero. Dall’astrattismo all’astrazione", una retrospettiva a cura di Angelo Crespi dedicata a Luciano Ventrone, definito da Federico Zeri – che lo scoprì – “il Caravaggio del ventesimo secolo”.
Dagli esordi come pittore figurativo classico alle sperimentazioni geometriche, passando per l’informale e l’arte programmata, questo percorso espositivo di 30 opere, molte delle quali esposte al pubblico per la prima volta, indaga la lunga carriera di Luciano Ventrone, che comincia a dipingere giovanissimo, nei primi Anni 60, assolvendo a una sorta di precoce vocazione. Il suo è un apprendistato lungo e pieno di divagazioni, sull’onda delle varie correnti della pittura italiana e nelle temperie del secondo Dopoguerra, che gli consente infine di approdare con sempre maggior forza a uno stile personalissimo, il “realismo astratto ventroniano” in cui le basi della pittura (forma, luce, colore) sono messe al servizio di una concezione filosofica platonica tesa a svelare il mondo delle idee prime.
Dagli Anni 90 del Novecento, soprattutto le nature morte non sono più, e soltanto, la rappresentazione del reale, uno sforzo mimetico pur degno di lode, ma semmai il tentativo riuscito, grazie a un talento quotidianamente coltivato con fatica, di andare oltre la realtà – come spiega Angelo Crespi – e sperimentare “il limite del vero”, cioè quella sottile linea che ci distanzia dalla conoscenza effettiva, allontanandosi dagli oggetti reali e approssimandosi per quanto possibile all’astrazione delle “cose”.
Ventrone – che si definisce un astrattista alle prese con la realtà, un metafisico costretto a misurarsi con la caducità della natura – non è solo uno dei massimi e più conosciuti pittori di figura a livello internazionale, ma prima di tutto è uno scienziato della pittura e, fin dalle rappresentazioni negli Anni 60 delle cellule ingrandite al microscopio, opere messe poi a disposizione di testi di neurologia, ha affinato la propria antica tecnica pittorica fatta di pazienti velature a olio, confrontandola con le più avanzate tecnologie che oggi ci permettono di guardare e vedere “più” oltre il reale.
Da qui nasce lo stupore, di una pittura che non inganna l’occhio, bensì la mente, e ci costringe a un corto circuito per ridare senso a ciò che nella realtà non esiste, frutta, verdura, fiori che non sono mai così perfetti, mai così illuminati, mai così sul punto di essere veri.
Luciano Ventrone nasce a Roma nel 1942. Nel 1983 un articolo scritto da Antonello Trombadori su “L’Europeo” induce lo storico dell’arte Federico Zeri a interessarsi dell’artista suggerendogli di affrontare il tema delle nature morte. È qui che inizia la sua lunga, e ancora non completa, ricerca sui vari aspetti della natura, catturando particolari sempre più dettagliati e quasi invisibili a “occhi bombardati da milioni di immagini”, quali sono quelli degli uomini della nostra epoca. È questa ricerca di Ventrone che ha destato, nei decenni, l’attenzione – oltre che di Federico Zeri – di Sergio Zavoli, Duccio Trombadori, Marco Di Capua, Vittorio Sgarbi, Achille Bonito Oliva, Roberto Tassi, Giorgio Soavi, Edward Lucie-Smith, Beatrice Buscaroli ed Eugenia Petrova, per citarne alcuni.
Dall’astrattismo all’astrazione
Una retrospettiva, a cura di Angelo Crespi, di circa 30 opere che, dal 31 gennaio al 10 marzo alla Fondazione Stelline, indaga sull’attività artistica del pittore soprannominato il “Caravaggio del ventesimo secolo”. Dalle cellule ingrandite al microscopio alle famose nature morte
Dal 31 gennaio al 10 marzo 2019 la Fondazione Stelline ospita la mostra "Il limite del vero. Dall’astrattismo all’astrazione", una retrospettiva a cura di Angelo Crespi dedicata a Luciano Ventrone, definito da Federico Zeri – che lo scoprì – “il Caravaggio del ventesimo secolo”.
Dagli esordi come pittore figurativo classico alle sperimentazioni geometriche, passando per l’informale e l’arte programmata, questo percorso espositivo di 30 opere, molte delle quali esposte al pubblico per la prima volta, indaga la lunga carriera di Luciano Ventrone, che comincia a dipingere giovanissimo, nei primi Anni 60, assolvendo a una sorta di precoce vocazione. Il suo è un apprendistato lungo e pieno di divagazioni, sull’onda delle varie correnti della pittura italiana e nelle temperie del secondo Dopoguerra, che gli consente infine di approdare con sempre maggior forza a uno stile personalissimo, il “realismo astratto ventroniano” in cui le basi della pittura (forma, luce, colore) sono messe al servizio di una concezione filosofica platonica tesa a svelare il mondo delle idee prime.
Dagli Anni 90 del Novecento, soprattutto le nature morte non sono più, e soltanto, la rappresentazione del reale, uno sforzo mimetico pur degno di lode, ma semmai il tentativo riuscito, grazie a un talento quotidianamente coltivato con fatica, di andare oltre la realtà – come spiega Angelo Crespi – e sperimentare “il limite del vero”, cioè quella sottile linea che ci distanzia dalla conoscenza effettiva, allontanandosi dagli oggetti reali e approssimandosi per quanto possibile all’astrazione delle “cose”.
Ventrone – che si definisce un astrattista alle prese con la realtà, un metafisico costretto a misurarsi con la caducità della natura – non è solo uno dei massimi e più conosciuti pittori di figura a livello internazionale, ma prima di tutto è uno scienziato della pittura e, fin dalle rappresentazioni negli Anni 60 delle cellule ingrandite al microscopio, opere messe poi a disposizione di testi di neurologia, ha affinato la propria antica tecnica pittorica fatta di pazienti velature a olio, confrontandola con le più avanzate tecnologie che oggi ci permettono di guardare e vedere “più” oltre il reale.
Da qui nasce lo stupore, di una pittura che non inganna l’occhio, bensì la mente, e ci costringe a un corto circuito per ridare senso a ciò che nella realtà non esiste, frutta, verdura, fiori che non sono mai così perfetti, mai così illuminati, mai così sul punto di essere veri.
Luciano Ventrone nasce a Roma nel 1942. Nel 1983 un articolo scritto da Antonello Trombadori su “L’Europeo” induce lo storico dell’arte Federico Zeri a interessarsi dell’artista suggerendogli di affrontare il tema delle nature morte. È qui che inizia la sua lunga, e ancora non completa, ricerca sui vari aspetti della natura, catturando particolari sempre più dettagliati e quasi invisibili a “occhi bombardati da milioni di immagini”, quali sono quelli degli uomini della nostra epoca. È questa ricerca di Ventrone che ha destato, nei decenni, l’attenzione – oltre che di Federico Zeri – di Sergio Zavoli, Duccio Trombadori, Marco Di Capua, Vittorio Sgarbi, Achille Bonito Oliva, Roberto Tassi, Giorgio Soavi, Edward Lucie-Smith, Beatrice Buscaroli ed Eugenia Petrova, per citarne alcuni.
31
gennaio 2019
Luciano Ventrone – Il limite del vero. Dall’astrattismo all’astrazione
Dal 31 gennaio al 10 marzo 2019
arte contemporanea
Location
FONDAZIONE STELLINE – PALAZZO DELLE STELLINE
Milano, Corso Magenta, 61, (Milano)
Milano, Corso Magenta, 61, (Milano)
Orario di apertura
Da martedì a domenica ore 10-20
Vernissage
31 Gennaio 2019, ore 18.30
Autore
Curatore