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Franco Cervi – No Art At All
Il minimalismo di Franco Cervi non è infatti il frutto di una ricerca formale: è la maniera più naturale e sincera di concretizzare i suoi soggetti. La natura elusiva dei lavori in mostra rende necessario uno sforzo cognitivo da parte dell’osservatore.
Comunicato stampa
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«Less art and more matter».
È la caustica risposta di Gertrude a Polonio, quando questi, con molti artefici retorici, le annunciava la pazzia di suo figlio Amleto nella tragedia di Shakespeare.
La stessa risposta si trova all'origine del lavoro di Franco Cervi – ma più che una risposta è un'affermazione nel suo caso: le opere di Franco non sono frutto di un'indagine, non sono ipotesi né punti di vista. L'oggetto del suo interesse non è opinabile, non è soggetto a interpretazione: è l'assoluto, il fondamentale.
Less art quindi, o ancor meglio, No art at all, come tenterà di difendersi il Polonio di Shakespeare: «I swear I use no art at all».
Il minimalismo di Franco non è infatti il frutto di una ricerca formale: è la maniera più naturale e sincera di concretizzare i suoi soggetti. Non è l'arte osteggiata da Platone, raffigurazione di ombre, derivato di un derivato, è piuttosto il simbolo dell'idea stessa.
È nella rinuncia all'espressività – e in un certo modo all’autorialità che ne deriva – la scomparsa dell’arte dall’arte di Franco. È nell’adottare un metodo deduttivo che più che dell’artista è proprio dello scienziato che riduce la complessità di un fenomeno naturale a una formula; o del matematico che risolve un'equazione il cui risultato è già scritto nell’equazione stessa e aspetta solo di essere ridotto alla sua forma minima.
La rinuncia alla retorica, arte di persuasione, rende l’opera di Franco schietta ma tutt’altro che eloquente: un paradosso proprio della natura stessa. Più viene indagata in profondità, più diventa reticente. Più ci si avvicina alla sua essenza, più si cela di mistero.
La natura elusiva dei lavori in mostra rende necessario uno sforzo cognitivo da parte dell’osservatore. Uno sforzo senza il quale essi restano oggetti affascinanti prodotti con grande precisione ma senza poter rivelare la profondità e la complessità che si cela dietro la loro apparenza enigmatica, così come un’intera galassia, vista sufficientemente da lontano, appare come un semplice punto luminoso.
La serie Arrays, così come Screen, che aprono la mostra, rappresentano sia un manifesto d'intenti, sia un avvertimento al visitatore: la natura intima delle opere di Franco si nasconde nella loro apparenza. Apparenza che può mostrarsi ambigua, ma che mai vuole essere ingannevole.
Arrays sono esercizi di disposizione che rivelano una complessità inaspettata dietro monotonie apparentemente indistinguibili. Screen ci introduce alle proporzioni derivate dalla sezione aurea che si possono osservare anche in altri lavori esposti.
Source 2 e Source 3 mostrano un altro aspetto ricorrente della pratica di Franco: l’interesse ad affrontare uno stesso soggetto da diversi punti di vista, e la volontà di raffigurarlo in diverse dimensioni. I titoli di questi due lavori fanno riferimento alla sorgente dell’emissione che vediamo rappresentata: il punto, che è anche il soggetto di Untitled no. 2, Untitled no. 3, e di Logos.
Nell’ultima sala si trovano i due lavori prodotti da Franco durante il suo periodo di residenza a Palazzo Monti: PMR no. 1 e PMR no. 4. Affini nell’intenzione e nel metodo di realizzazione a Source no. 3 (i soli lavori su carta realizzati a mano), sono trasposizioni bidimensionali di un’opera tridimensionale, in questo caso U11, monolite in marmo nero le cui proporzioni corrispondono al quadrato di 1, 2 e 3.
Uno spazio separato dal percorso espositivo è dedicato al processo che anticipa la realizzazione dei lavori di Franco. Si tratta di un processo progettuale prima che creativo. Di un’idea sono realizzati schizzi, bozze e schemi la cui solidità non dipende dalla precisione nel disegno quanto dai rapporti matematici su cui si basano. Se si provano inattaccabili dal punto di vista geometrico e filosofico vengono raccolti insieme al materiale teorico che li riguarda in opuscoli splendidamente disegnati. Questi libretti contengono l’estrema sintesi del processo che ha portato dalla concezione alla progettazione di una serie di lavori; rappresentano una riserva di opere in potenza che qui vengono considerate risolte, ancor prima della loro realizzazione materiale.
È la caustica risposta di Gertrude a Polonio, quando questi, con molti artefici retorici, le annunciava la pazzia di suo figlio Amleto nella tragedia di Shakespeare.
La stessa risposta si trova all'origine del lavoro di Franco Cervi – ma più che una risposta è un'affermazione nel suo caso: le opere di Franco non sono frutto di un'indagine, non sono ipotesi né punti di vista. L'oggetto del suo interesse non è opinabile, non è soggetto a interpretazione: è l'assoluto, il fondamentale.
Less art quindi, o ancor meglio, No art at all, come tenterà di difendersi il Polonio di Shakespeare: «I swear I use no art at all».
Il minimalismo di Franco non è infatti il frutto di una ricerca formale: è la maniera più naturale e sincera di concretizzare i suoi soggetti. Non è l'arte osteggiata da Platone, raffigurazione di ombre, derivato di un derivato, è piuttosto il simbolo dell'idea stessa.
È nella rinuncia all'espressività – e in un certo modo all’autorialità che ne deriva – la scomparsa dell’arte dall’arte di Franco. È nell’adottare un metodo deduttivo che più che dell’artista è proprio dello scienziato che riduce la complessità di un fenomeno naturale a una formula; o del matematico che risolve un'equazione il cui risultato è già scritto nell’equazione stessa e aspetta solo di essere ridotto alla sua forma minima.
La rinuncia alla retorica, arte di persuasione, rende l’opera di Franco schietta ma tutt’altro che eloquente: un paradosso proprio della natura stessa. Più viene indagata in profondità, più diventa reticente. Più ci si avvicina alla sua essenza, più si cela di mistero.
La natura elusiva dei lavori in mostra rende necessario uno sforzo cognitivo da parte dell’osservatore. Uno sforzo senza il quale essi restano oggetti affascinanti prodotti con grande precisione ma senza poter rivelare la profondità e la complessità che si cela dietro la loro apparenza enigmatica, così come un’intera galassia, vista sufficientemente da lontano, appare come un semplice punto luminoso.
La serie Arrays, così come Screen, che aprono la mostra, rappresentano sia un manifesto d'intenti, sia un avvertimento al visitatore: la natura intima delle opere di Franco si nasconde nella loro apparenza. Apparenza che può mostrarsi ambigua, ma che mai vuole essere ingannevole.
Arrays sono esercizi di disposizione che rivelano una complessità inaspettata dietro monotonie apparentemente indistinguibili. Screen ci introduce alle proporzioni derivate dalla sezione aurea che si possono osservare anche in altri lavori esposti.
Source 2 e Source 3 mostrano un altro aspetto ricorrente della pratica di Franco: l’interesse ad affrontare uno stesso soggetto da diversi punti di vista, e la volontà di raffigurarlo in diverse dimensioni. I titoli di questi due lavori fanno riferimento alla sorgente dell’emissione che vediamo rappresentata: il punto, che è anche il soggetto di Untitled no. 2, Untitled no. 3, e di Logos.
Nell’ultima sala si trovano i due lavori prodotti da Franco durante il suo periodo di residenza a Palazzo Monti: PMR no. 1 e PMR no. 4. Affini nell’intenzione e nel metodo di realizzazione a Source no. 3 (i soli lavori su carta realizzati a mano), sono trasposizioni bidimensionali di un’opera tridimensionale, in questo caso U11, monolite in marmo nero le cui proporzioni corrispondono al quadrato di 1, 2 e 3.
Uno spazio separato dal percorso espositivo è dedicato al processo che anticipa la realizzazione dei lavori di Franco. Si tratta di un processo progettuale prima che creativo. Di un’idea sono realizzati schizzi, bozze e schemi la cui solidità non dipende dalla precisione nel disegno quanto dai rapporti matematici su cui si basano. Se si provano inattaccabili dal punto di vista geometrico e filosofico vengono raccolti insieme al materiale teorico che li riguarda in opuscoli splendidamente disegnati. Questi libretti contengono l’estrema sintesi del processo che ha portato dalla concezione alla progettazione di una serie di lavori; rappresentano una riserva di opere in potenza che qui vengono considerate risolte, ancor prima della loro realizzazione materiale.
02
febbraio 2019
Franco Cervi – No Art At All
Dal 02 al 16 febbraio 2019
arte contemporanea
Location
PALAZZO MONTI
Brescia, Piazza Tebaldo Brusato , 22, (Brescia)
Brescia, Piazza Tebaldo Brusato , 22, (Brescia)
Orario di apertura
Tutti i giorni 10-18
Vernissage
2 Febbraio 2019, h 19-21
Autore
Curatore