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Ottavia Plazza – Che il mondo intero sia di polvere rossa
mostra personale di Ottavia Plazza
Comunicato stampa
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Il colore ha sempre attutito il suono
“Non esiste altro luogo se non questo e non esiste che per te. Tutti abbiamo bisogno di questo luogo.
Nella stanza in cui posso passare attraverso i quadri stasera entrate solo voi, io ci vivo dentro costantemente.
Entrate e penzolate, non badate alla pittura a terra, entrate e attraversate gli strati di colore.
Entrate e portatevi pensieri e racconti da immaginare quando state in silenzio al centro del tempio”.
Il finto coro in stucco realizzato da Donato Bramante nella chiesa milanese di Santa Maria presso San Satiro è un artificio retorico. Esso è un espediente realizzato da una maestria, un’illusione o uno stratagemma. Il senso di dilatazione costruito da Bramante in uno spazio esiguo di 90 centimetri è suggerito da una soluzione ingannevole di estrema bellezza, in cui contribuiscono a una resa di realtà anche la decorazione ornamentale, gli ori luminosi e l’azzurro dei fregi. La rappresentazione dello spazio, perché di rappresentazione si tratta, è data dalla fusione di strutture reali e immaginate. È l’architettura di un pittore, un’architettura di pittura.
L’artificio retorico rappresenta nel linguaggio poetico una deviazione, uno spazio interno del linguaggio che genera una distanza tra segno e senso. La spazializzazione creata tra una dimensione di contenuto e una modalità di rappresentazione effettiva porta a termine un processo di connotazione. Questa connotazione non è altro che lo spazio interno, strettamente personale, di chi concepisce il marchingegno.
Ricordo un punto di “Cominciare e finire” in cui Italo Calvino si dichiara come autore di short-stories. Corte e brevi narrazioni interconnesse tra loro mi conducono dritta dritta verso l’idea di cornice, macro-architettura portante che crea la scenografia affinché le storie si evolvano. Un po’ come accade in una predella. La struttura è allora un grande universo, un luogo a cui attingere e in cui selezionare il giusto colore (se io potessi scegliere il mio sarebbe il giallo, ma in questo caso mi sento più di optare per un rosso porpora). L’opera è allora strutturata su uno scambio narrativo che giace e si rivoluziona sulla base di un incipit di polvere rossa. È l’espediente primario e principale per accedere al tempo, a una sopravvivenza e a una sorta di giocosa parodia.
Se ci fermassimo un attimo a riflettere sugli inizi di tanta letteratura incontrata nel corso degli anni ci accorgeremmo che sono molto più interessanti gli stratagemmi che ci introducono nella fabula e che i finali che la concludono. L’entrata in media res, la ripetizione incalzante ma mai fastidiosa, la lenta descrizione di ogni singolo dettaglio dell’ambientazione, una falsa storia che viene rivelata nel mezzo della narrazione o semplicemente l’interruzione, la scelta di non sapere più che cosa dire, il lasciare la pagina bianca per poi riprendere la scrittura due pagine più in là.
Mi capita di scrivere spesso (forse mi capita più di elaborare e approfondire testi), ma visto che in questa occasione mi è stata concessa una totale libertà ho deciso di mantenere il modello a me più naturale, quello che non ci svela tutto, quello poco chiaro e definito, a tratti inaccessibile e per questo capace di permettere al lettore di ampliare la portata della sua immaginazione.
Ritorno alla questione del finale, non credo che in questa sala la conclusione sia stata scritta. Non credo che sia scritta perché il processo connotativo creato dall’artista in questione in qualche modo rivela, nel suo statuto di finzione, un luogo che non si costruisce su un’idea fissa. Si accavallano spazi, tempi storici e immagini del presente. È stato infatti decorato un luogo, un luogo che si manifesta come pittura e che nel dichiararlo ammette l’ilarità che la contraddistingue come sua principale forza.
Allora camminate su questo pavimento e questo ornamento, permettetevi l’ingresso e vi troverete nel bel mezzo del racconto.
> Lisa Andreani
“Non esiste altro luogo se non questo e non esiste che per te. Tutti abbiamo bisogno di questo luogo.
Nella stanza in cui posso passare attraverso i quadri stasera entrate solo voi, io ci vivo dentro costantemente.
Entrate e penzolate, non badate alla pittura a terra, entrate e attraversate gli strati di colore.
Entrate e portatevi pensieri e racconti da immaginare quando state in silenzio al centro del tempio”.
Il finto coro in stucco realizzato da Donato Bramante nella chiesa milanese di Santa Maria presso San Satiro è un artificio retorico. Esso è un espediente realizzato da una maestria, un’illusione o uno stratagemma. Il senso di dilatazione costruito da Bramante in uno spazio esiguo di 90 centimetri è suggerito da una soluzione ingannevole di estrema bellezza, in cui contribuiscono a una resa di realtà anche la decorazione ornamentale, gli ori luminosi e l’azzurro dei fregi. La rappresentazione dello spazio, perché di rappresentazione si tratta, è data dalla fusione di strutture reali e immaginate. È l’architettura di un pittore, un’architettura di pittura.
L’artificio retorico rappresenta nel linguaggio poetico una deviazione, uno spazio interno del linguaggio che genera una distanza tra segno e senso. La spazializzazione creata tra una dimensione di contenuto e una modalità di rappresentazione effettiva porta a termine un processo di connotazione. Questa connotazione non è altro che lo spazio interno, strettamente personale, di chi concepisce il marchingegno.
Ricordo un punto di “Cominciare e finire” in cui Italo Calvino si dichiara come autore di short-stories. Corte e brevi narrazioni interconnesse tra loro mi conducono dritta dritta verso l’idea di cornice, macro-architettura portante che crea la scenografia affinché le storie si evolvano. Un po’ come accade in una predella. La struttura è allora un grande universo, un luogo a cui attingere e in cui selezionare il giusto colore (se io potessi scegliere il mio sarebbe il giallo, ma in questo caso mi sento più di optare per un rosso porpora). L’opera è allora strutturata su uno scambio narrativo che giace e si rivoluziona sulla base di un incipit di polvere rossa. È l’espediente primario e principale per accedere al tempo, a una sopravvivenza e a una sorta di giocosa parodia.
Se ci fermassimo un attimo a riflettere sugli inizi di tanta letteratura incontrata nel corso degli anni ci accorgeremmo che sono molto più interessanti gli stratagemmi che ci introducono nella fabula e che i finali che la concludono. L’entrata in media res, la ripetizione incalzante ma mai fastidiosa, la lenta descrizione di ogni singolo dettaglio dell’ambientazione, una falsa storia che viene rivelata nel mezzo della narrazione o semplicemente l’interruzione, la scelta di non sapere più che cosa dire, il lasciare la pagina bianca per poi riprendere la scrittura due pagine più in là.
Mi capita di scrivere spesso (forse mi capita più di elaborare e approfondire testi), ma visto che in questa occasione mi è stata concessa una totale libertà ho deciso di mantenere il modello a me più naturale, quello che non ci svela tutto, quello poco chiaro e definito, a tratti inaccessibile e per questo capace di permettere al lettore di ampliare la portata della sua immaginazione.
Ritorno alla questione del finale, non credo che in questa sala la conclusione sia stata scritta. Non credo che sia scritta perché il processo connotativo creato dall’artista in questione in qualche modo rivela, nel suo statuto di finzione, un luogo che non si costruisce su un’idea fissa. Si accavallano spazi, tempi storici e immagini del presente. È stato infatti decorato un luogo, un luogo che si manifesta come pittura e che nel dichiararlo ammette l’ilarità che la contraddistingue come sua principale forza.
Allora camminate su questo pavimento e questo ornamento, permettetevi l’ingresso e vi troverete nel bel mezzo del racconto.
> Lisa Andreani
10
gennaio 2019
Ottavia Plazza – Che il mondo intero sia di polvere rossa
Dal 10 gennaio al 09 febbraio 2019
arte contemporanea
Location
SPAZIO BUONASERA
Torino, Via Giacinto Carena, 20, (Torino)
Torino, Via Giacinto Carena, 20, (Torino)
Orario di apertura
su appuntamento
Vernissage
10 Gennaio 2019, h 18:30 - 21.00
Autore