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La condizione umana. Oltre l’istituzione totale
Una mostra per i 40 anni della Legge Basaglia
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Accadeva quarant’anni fa. Il 13 maggio del 1978 il Parlamento italiano approvava in via definitiva la Legge n. 180,
ribattezzata col nome dell’uomo che ne aveva ispirato i principi, conducendo una strenua battaglia per la chiusura dei
manicomi e promuovendo una nuova concezione della disciplina psichiatrica, a partire dal ruolo alternativo delle
istituzioni e da una diversa considerazione delle persone con disagio mentale. Quell’uomo era Franco Basaglia
(Venezia, 1924-1980), psichiatra, neurologo, saggista, direttore degli ospedali psichiatrici di Gorizia, Colorno, Trieste,
affiancato nel suo percorso professionale dalla moglie Franca Ongaro (Venezia, 1928-2005). Relatore della legge fu lo
psichiatra e politico democristiano Bruno Orsini, ma le fondamenta erano tutte in quella rivoluzione che Basaglia
condusse per anni, nella cornice di un movimento dalla portata internazionale, alimentando un dibattito pubblico acceso e
animando realtà feconde, come il gruppo Psichiatria Democratica, da lui fondato nel '73.
In occasione del suo quarantennale la storica legge è stata celebrata in varie forme. Ed è in questo contesto che nasce il
progetto espositivo “La condizione umana”, promosso dell’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana e
realizzato della Soprintendenza di Palermo.
Ideata e curata da Helga Marsala, la mostra è ospitata nel quattrocentesco Palazzo Ajutamicristo, sede della
Soprintendenza. La grande ala dall’aspetto consunto richiama l’estetica dei molti manicomi italiani dismessi, imponenti
reperti di archeologia sanitaria: tra questi la stessa Vignicella di Palermo, sede estiva di campagna dei Gesuiti nel XVI
secolo, che ospita l’archivio/museo dell’ex ospedale psichiatrico, realtà intorno a cui è urgente costruire un progetto di
recupero e valorizzazione. Al centro ci sono gli sguardi di alcuni tra i tanti artisti, fotografi, cronisti, registi, che
guardando alla sfida basagliana portarono o ancora portano avanti indagini e ricerche sul tema. Nomi storici, insieme
ad affermati esponenti delle ultime generazioni.
Per l’inaugurazione andrà in scena “Le sette lettere”, riduzione dello spettacolo “I discorsi dell’anima” della
Compagnia Instabile, nata nell’ambito del laboratorio Teatro IN-azione, con i pazienti e il personale della Comunità
Terapeutica Assistita “Lares”, e con gli operatori delle Associazioni di volontariato MenteLibera, fondata da Sebastiano
Catalano, e Pensiamo In Positivo Palermo. Gli attori – con la regia di Annamaria Parissi e Roberta Zottino – leggeranno
le drammatiche lettere scritte dagli internati di un tempo, recuperate dagli archivi dell’ex manicomio di Palermo.
Si ringraziano ASP Palermo e il Dipartimento di Salute Mentale, Fondazione Tommasini (Parma), CSAC – Centro Studi
e Archivio della Comunicazione (Università di Parma), Rai Teche, Biblioteca centrale della Regione siciliana, ERSU
Palermo, Accademia di Belle Arti di Palermo, Associazione Flavio Beninati, Edizioni alphabeta Verlag (Merano),
Fondazione Forma per la fotografia (Milano), le gallerie e i collezionisti.
“Questa mostra segna una bella continuità: in quelle stesse sale che hanno accolto una delle sezioni principali di
Manifesta arriva subito dopo un nuovo progetto d’arte contemporanea - afferma l’Assessore dei Beni Culturali
Sebastiano Tusa.“La missione della valorizzazione non smette di coinvolgere i tanti soggetti istituzionali in campo e i
moltissimi spazimonumentali dell’Isola. La mostra, a partire dallo sguardo di autori diversi, affronta un argomento difficile,
ancora attuale. E potremmo forse parlare di una forma di “archeologia”: frammenti e reperti di vite vissute al margine,
nell’isolamento e nel dolore, vengono recuperati grazie a un esercito di talenti che incontrano le battaglie di medici,
infermieri, operatori sanitari. Ricordare la lotta di Basaglia, a 40 anni dall’approvazione delle legge che chiuse i manicomi-
lager, è per noi un fatto doveroso, in senso culturale, politico, umano”.
“Un progetto fortemente sostenuto dal Dipartimento dei Beni Culturali – aggiunge il Dirigente Generale Sergio
Alessandro – nato da un percorso di ricerca sul tema complesso del disagio psichico e degli istituti manicomiali. Una
nuova produzione, in termini di ideazione, cura, collaborazioni, che conferma la volontà dell’Assessorato e del
Dipartimento: offrire sempre più spazio ai contenuti, alle idee, alle riflessioni originali, con un’ottica internazionale e con
l'intenzione di lasciare al passato l'importazione di iniziative pensate e prodotte da altri, le mostre didascaliche o i progetti
rivolti alle mera conservazione. La cultura – conclude - dall’archeologia fino al contemporaneo, dev’essere occasione di
crescita, approfondimento e scoperta, ma anche di dialogo tra diversi campi del sapere: in questo caso le arti visive e il
mondo della psichiatria”.
“Dalla Real Casa dei Matti, fondata da Pietro Pisani nel 1824, fino alla Vignicella dei Gesuiti e al vicino complesso
dell’Ospedale psichiatrico costruito da Francesco Paolo Palazzotto nel 1885 – dichiara l’Architetto Lina Bellanca,
Soprintendente di Palermo – la città testimonia anche attraverso l’architettura l’evoluzione dei trattamenti sanitari
rispetto alla malattia mentale. È rimasto per me sconvolgente e indelebile il ricordo della visita all’Ospedale di via
Pindemonte, nell’ambito di un corso universitario, poco prima dell’approvazione della legge Basaglia. La condizione di
vita dei ricoverati mi era apparsa inaccettabile. La proposta di Helga Marsala di dedicare al 40° anniversario dalla legge
180 una mostra a Palazzo Ajutamicristo è stata accolta e sostenuta dalla Soprintendenza, per il ruolo fondamentale che
questa riforma ha avuto nella società italiana, pur fra le molteplici difficoltà applicative. L’abolizione dei manicomi ha
riscattato anni di prevaricazione e di annullamento della personalità dei ricoverati, sottolineando il rispetto della persona
umana. Mi piace rilevare che, al piano terra dello stesso Palazzo, dove è allestita un’esposizione permanente, sono
visibili materiali scultorei provenienti proprio dalla Vignicella dei Gesuiti, recuperati durante un cantiere di restauro
condotto negli anni Novanta dalla Soprintendenza di Palermo. La mostra rinvia ad altre iniziative promosse
dall’Assessorato alla Sanità negli spazi della Vignicella, per ricordare la legge Basaglia”.
LA FOLLIA COME ‘CONDIZIONE UMANA’
In un testo del 1975, “Crimini di pace”, Franco Basaglia e Franca Ongaro scrivevano:
“Ciò che deve mutare per poter trasformare praticamente le istituzioni e i servizi psichiatrici (come del resto tutte le
istituzioni sociali) è il rapporto fra cittadino e società, nel quale si inserisce il rapporto fra salute e malattia. Cioè
riconoscere come primo atto che la strategia, la finalità prima di ogni azione è l’uomo (non l’uomo astratto, ma tutti gli
uomini), i suoi bisogni, la sua vita […]. Quando il valore è l’uomo, la salute non può rappresentare la norma se la
condizione umana è di essere costantemente fra salute e malattia”. La ‘follia’, dunque, come condizione propria
dell’umanità, non come catastrofe da contenere, rinnegare, violentare.
Continuamente Basaglia sottolineò la fragilità dell’ipotetica linea di separazione tra normalità e patologia psichica. Tutti,
indiscriminatamente, siamo esposti al disagio. Spiegò in una delle sue conferenze brasiliane, nel ‘79:
“Io ho detto che non so che cosa sia la follia. Può essere tutto o niente. È una condizione umana. In noi la follia esiste ed
è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto
la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha
qui la sua ragion d'essere, perché fa diventare razionale l'irrazionale. Quando qualcuno è folle ed entra in un manicomio,
smette di essere folle per trasformarsi in malato. Diventa razionale in quanto malato. Il problema è come sciogliere
questo nodo, superare la follia istituzionale e riconoscere la follia là dove essa ha origine, come dire, nella vita”.
LA MOSTRA
“La legge che mise fine all’esistenza dei manicomi nasceva da una rivoluzione che fu anche e soprattutto politica e
filosofica - spiega Helga Marsala - dal momento che provò a ridefinirei concetti di marginalità e differenza, a spezzare la
logica dell’emarginazione di classe, a mutare la percezione che la società aveva dei pazienti e la natura dei luoghi in cui
questi venivano confinati. È lì che la ‘malattia’, al centro di un sistema di controllo e di potere, si ripiegava su stessa,
autoalimentandosi. L’essere border-line, o semplicemente disobbedienti, equivaleva a un destino di sedazione e
riduzione all’ordine. Spogliati di sé, ridotti a numeri di matricola e foto segnaletiche, sovente sottoposti a trattamenti feroci
(dall’elettroshock alla lobotomia), i ricoverati perdevano lo status di ‘persone’. Una comunità informe, confinata in uno
spazio totalizzante: qui la follia era indotta, esasperata, circoscritta. Impressa a fuoco sulla carne”.
Così, lentamente, mutarono gli approcci terapeutici, l’idea stessa di malattia mentale, il ruolo delle istituzioni nella presa
in carico del paziente, il rapporto tra sistema dominante e margine sociale. Fondamentali furono i libri, gli studi di medici
pionieri e audaci intellettuali, le conferenze, gli articoli di denuncia, ma anche le fotografie, i documentari, le opere
d’arte, che contribuirono a spalancare quell’inferno e a innescare riflessioni importanti. Un SOS fu lanciato agli artisti
dallo stesso Basaglia, nel tentativo di accendere i riflettori su una realtà sconosciuta ai più: bisognava entrare nei
manicomi e immortalarli, abbattere i muri, svelarne l’invisibile e l’indicibile.
Da qui parte la mostra, cercando esperienze, storie, visioni, e rintracciando i progetti installativi tra le immagini pittoriche
o fotografiche, i film, gli archivi, progetti installativi: dalla parola scritta (la poesia, gli studi psichiatrici, l’inchiesta
giornalistica, le testimonianze biografiche), fino al teatro, come spazio ancestrale del gioco, della festa, della libertà e
della rigenerazione identitaria.
ribattezzata col nome dell’uomo che ne aveva ispirato i principi, conducendo una strenua battaglia per la chiusura dei
manicomi e promuovendo una nuova concezione della disciplina psichiatrica, a partire dal ruolo alternativo delle
istituzioni e da una diversa considerazione delle persone con disagio mentale. Quell’uomo era Franco Basaglia
(Venezia, 1924-1980), psichiatra, neurologo, saggista, direttore degli ospedali psichiatrici di Gorizia, Colorno, Trieste,
affiancato nel suo percorso professionale dalla moglie Franca Ongaro (Venezia, 1928-2005). Relatore della legge fu lo
psichiatra e politico democristiano Bruno Orsini, ma le fondamenta erano tutte in quella rivoluzione che Basaglia
condusse per anni, nella cornice di un movimento dalla portata internazionale, alimentando un dibattito pubblico acceso e
animando realtà feconde, come il gruppo Psichiatria Democratica, da lui fondato nel '73.
In occasione del suo quarantennale la storica legge è stata celebrata in varie forme. Ed è in questo contesto che nasce il
progetto espositivo “La condizione umana”, promosso dell’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana e
realizzato della Soprintendenza di Palermo.
Ideata e curata da Helga Marsala, la mostra è ospitata nel quattrocentesco Palazzo Ajutamicristo, sede della
Soprintendenza. La grande ala dall’aspetto consunto richiama l’estetica dei molti manicomi italiani dismessi, imponenti
reperti di archeologia sanitaria: tra questi la stessa Vignicella di Palermo, sede estiva di campagna dei Gesuiti nel XVI
secolo, che ospita l’archivio/museo dell’ex ospedale psichiatrico, realtà intorno a cui è urgente costruire un progetto di
recupero e valorizzazione. Al centro ci sono gli sguardi di alcuni tra i tanti artisti, fotografi, cronisti, registi, che
guardando alla sfida basagliana portarono o ancora portano avanti indagini e ricerche sul tema. Nomi storici, insieme
ad affermati esponenti delle ultime generazioni.
Per l’inaugurazione andrà in scena “Le sette lettere”, riduzione dello spettacolo “I discorsi dell’anima” della
Compagnia Instabile, nata nell’ambito del laboratorio Teatro IN-azione, con i pazienti e il personale della Comunità
Terapeutica Assistita “Lares”, e con gli operatori delle Associazioni di volontariato MenteLibera, fondata da Sebastiano
Catalano, e Pensiamo In Positivo Palermo. Gli attori – con la regia di Annamaria Parissi e Roberta Zottino – leggeranno
le drammatiche lettere scritte dagli internati di un tempo, recuperate dagli archivi dell’ex manicomio di Palermo.
Si ringraziano ASP Palermo e il Dipartimento di Salute Mentale, Fondazione Tommasini (Parma), CSAC – Centro Studi
e Archivio della Comunicazione (Università di Parma), Rai Teche, Biblioteca centrale della Regione siciliana, ERSU
Palermo, Accademia di Belle Arti di Palermo, Associazione Flavio Beninati, Edizioni alphabeta Verlag (Merano),
Fondazione Forma per la fotografia (Milano), le gallerie e i collezionisti.
“Questa mostra segna una bella continuità: in quelle stesse sale che hanno accolto una delle sezioni principali di
Manifesta arriva subito dopo un nuovo progetto d’arte contemporanea - afferma l’Assessore dei Beni Culturali
Sebastiano Tusa.“La missione della valorizzazione non smette di coinvolgere i tanti soggetti istituzionali in campo e i
moltissimi spazimonumentali dell’Isola. La mostra, a partire dallo sguardo di autori diversi, affronta un argomento difficile,
ancora attuale. E potremmo forse parlare di una forma di “archeologia”: frammenti e reperti di vite vissute al margine,
nell’isolamento e nel dolore, vengono recuperati grazie a un esercito di talenti che incontrano le battaglie di medici,
infermieri, operatori sanitari. Ricordare la lotta di Basaglia, a 40 anni dall’approvazione delle legge che chiuse i manicomi-
lager, è per noi un fatto doveroso, in senso culturale, politico, umano”.
“Un progetto fortemente sostenuto dal Dipartimento dei Beni Culturali – aggiunge il Dirigente Generale Sergio
Alessandro – nato da un percorso di ricerca sul tema complesso del disagio psichico e degli istituti manicomiali. Una
nuova produzione, in termini di ideazione, cura, collaborazioni, che conferma la volontà dell’Assessorato e del
Dipartimento: offrire sempre più spazio ai contenuti, alle idee, alle riflessioni originali, con un’ottica internazionale e con
l'intenzione di lasciare al passato l'importazione di iniziative pensate e prodotte da altri, le mostre didascaliche o i progetti
rivolti alle mera conservazione. La cultura – conclude - dall’archeologia fino al contemporaneo, dev’essere occasione di
crescita, approfondimento e scoperta, ma anche di dialogo tra diversi campi del sapere: in questo caso le arti visive e il
mondo della psichiatria”.
“Dalla Real Casa dei Matti, fondata da Pietro Pisani nel 1824, fino alla Vignicella dei Gesuiti e al vicino complesso
dell’Ospedale psichiatrico costruito da Francesco Paolo Palazzotto nel 1885 – dichiara l’Architetto Lina Bellanca,
Soprintendente di Palermo – la città testimonia anche attraverso l’architettura l’evoluzione dei trattamenti sanitari
rispetto alla malattia mentale. È rimasto per me sconvolgente e indelebile il ricordo della visita all’Ospedale di via
Pindemonte, nell’ambito di un corso universitario, poco prima dell’approvazione della legge Basaglia. La condizione di
vita dei ricoverati mi era apparsa inaccettabile. La proposta di Helga Marsala di dedicare al 40° anniversario dalla legge
180 una mostra a Palazzo Ajutamicristo è stata accolta e sostenuta dalla Soprintendenza, per il ruolo fondamentale che
questa riforma ha avuto nella società italiana, pur fra le molteplici difficoltà applicative. L’abolizione dei manicomi ha
riscattato anni di prevaricazione e di annullamento della personalità dei ricoverati, sottolineando il rispetto della persona
umana. Mi piace rilevare che, al piano terra dello stesso Palazzo, dove è allestita un’esposizione permanente, sono
visibili materiali scultorei provenienti proprio dalla Vignicella dei Gesuiti, recuperati durante un cantiere di restauro
condotto negli anni Novanta dalla Soprintendenza di Palermo. La mostra rinvia ad altre iniziative promosse
dall’Assessorato alla Sanità negli spazi della Vignicella, per ricordare la legge Basaglia”.
LA FOLLIA COME ‘CONDIZIONE UMANA’
In un testo del 1975, “Crimini di pace”, Franco Basaglia e Franca Ongaro scrivevano:
“Ciò che deve mutare per poter trasformare praticamente le istituzioni e i servizi psichiatrici (come del resto tutte le
istituzioni sociali) è il rapporto fra cittadino e società, nel quale si inserisce il rapporto fra salute e malattia. Cioè
riconoscere come primo atto che la strategia, la finalità prima di ogni azione è l’uomo (non l’uomo astratto, ma tutti gli
uomini), i suoi bisogni, la sua vita […]. Quando il valore è l’uomo, la salute non può rappresentare la norma se la
condizione umana è di essere costantemente fra salute e malattia”. La ‘follia’, dunque, come condizione propria
dell’umanità, non come catastrofe da contenere, rinnegare, violentare.
Continuamente Basaglia sottolineò la fragilità dell’ipotetica linea di separazione tra normalità e patologia psichica. Tutti,
indiscriminatamente, siamo esposti al disagio. Spiegò in una delle sue conferenze brasiliane, nel ‘79:
“Io ho detto che non so che cosa sia la follia. Può essere tutto o niente. È una condizione umana. In noi la follia esiste ed
è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto
la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha
qui la sua ragion d'essere, perché fa diventare razionale l'irrazionale. Quando qualcuno è folle ed entra in un manicomio,
smette di essere folle per trasformarsi in malato. Diventa razionale in quanto malato. Il problema è come sciogliere
questo nodo, superare la follia istituzionale e riconoscere la follia là dove essa ha origine, come dire, nella vita”.
LA MOSTRA
“La legge che mise fine all’esistenza dei manicomi nasceva da una rivoluzione che fu anche e soprattutto politica e
filosofica - spiega Helga Marsala - dal momento che provò a ridefinirei concetti di marginalità e differenza, a spezzare la
logica dell’emarginazione di classe, a mutare la percezione che la società aveva dei pazienti e la natura dei luoghi in cui
questi venivano confinati. È lì che la ‘malattia’, al centro di un sistema di controllo e di potere, si ripiegava su stessa,
autoalimentandosi. L’essere border-line, o semplicemente disobbedienti, equivaleva a un destino di sedazione e
riduzione all’ordine. Spogliati di sé, ridotti a numeri di matricola e foto segnaletiche, sovente sottoposti a trattamenti feroci
(dall’elettroshock alla lobotomia), i ricoverati perdevano lo status di ‘persone’. Una comunità informe, confinata in uno
spazio totalizzante: qui la follia era indotta, esasperata, circoscritta. Impressa a fuoco sulla carne”.
Così, lentamente, mutarono gli approcci terapeutici, l’idea stessa di malattia mentale, il ruolo delle istituzioni nella presa
in carico del paziente, il rapporto tra sistema dominante e margine sociale. Fondamentali furono i libri, gli studi di medici
pionieri e audaci intellettuali, le conferenze, gli articoli di denuncia, ma anche le fotografie, i documentari, le opere
d’arte, che contribuirono a spalancare quell’inferno e a innescare riflessioni importanti. Un SOS fu lanciato agli artisti
dallo stesso Basaglia, nel tentativo di accendere i riflettori su una realtà sconosciuta ai più: bisognava entrare nei
manicomi e immortalarli, abbattere i muri, svelarne l’invisibile e l’indicibile.
Da qui parte la mostra, cercando esperienze, storie, visioni, e rintracciando i progetti installativi tra le immagini pittoriche
o fotografiche, i film, gli archivi, progetti installativi: dalla parola scritta (la poesia, gli studi psichiatrici, l’inchiesta
giornalistica, le testimonianze biografiche), fino al teatro, come spazio ancestrale del gioco, della festa, della libertà e
della rigenerazione identitaria.
22
dicembre 2018
La condizione umana. Oltre l’istituzione totale
Dal 22 dicembre 2018 al 31 marzo 2019
arte contemporanea
Location
PALAZZO AJUTAMICRISTO
Palermo, Via Giuseppe Garibaldi, 41, (Palermo)
Palermo, Via Giuseppe Garibaldi, 41, (Palermo)
Orario di apertura
Tutti i giorni (inclusi festivi e domeniche fino al 31 dicembre), 9.00-13.30; mar 9.00-18.30
Vernissage
22 Dicembre 2018, h 19
Autore
Curatore