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Alessio Larocchi – Nelle pieghe del visibile. Eterotopie
Nell’ambito della Rassegna ‘Novecento Italiano’ promossa dal Comune di Milano-Casva e del progetto ‘I Fantasmi del ‘900’ a cura di Eleonora Fiorani l’artista presenta una serie di dipinti tondi di paesaggi accostati a due a due come inquadrature di binocolo a lenti indipendenti.
Comunicato stampa
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Comunicato stampa 12.10.2018
Che cosa alberga nelle pieghe del visibile tra apparizioni e evanescenze nelle Eterotopie di Alessio Larocchi? A un primo sguardo rammemorano i suoi Paesaggi poco romantici e le Tavole a scomparsa e ci appaiono come dei paesaggi s-definiti, in trasformazione, in bilico tra apparire e scomparire, che assomigliano ai fasmidi, le strane creature che si mimetizzano con l’ambiente diventando l’ambiente stesso.
È appunto ciò che avviene nelle Eterotopie in cui le forme informi appaiono, ad una certa distanza, come valli, colline, monti, pianure, boschi mentre a uno sguardo ravvicinato si rivelano trame di pieni e di vuoti e giochi di chiaroscuro, di macchie e di ombre. Sono in Larocchi modi di fare arte che producono immagini incompiute, di forme non formate che, per il loro essere vaghe e fugaci, mettono in moto il pensiero e danno origine a costellazioni concettuali e memoriali in grado di mettere in moto l’immaginazione di paesaggi dell’origine o di mondi altri del passato o del futuro.
E dunque, mentre a un primo sguardo ci appaiono come iscritte nella lunga tradizione della pittura di paesaggio a cominciare dal loro essere racchiuse nel divino cerchio, la forma perfetta, la metafora del cosmo, l’archetipo dell’eden, del labirinto, del paesaggio e della città ideale, a un secondo sguardo si rivelano come riflessione sul potere del mimetismo, sulla metamorfosi delle forme e quindi anche sul vedere e sullo sguardo e sui loro inganni.
Sono anche un ricercare la riduzione visiva, una fuoruscita dall’estetismo diffuso e uno scardinamento delle regole andando oltre la Reflexionbildung dell’arte contemporanea, che si impone nei linguaggi delle avanguardie fin dal primo Novecento, con la sua vocazione all’immateriale, alla scomparsa e al grado zero. Lo stesso prevalere degli effetti di chiaroscuro e di pieni e di vuoti acquista allora la valenza di sottolineare la condizione interiore di rifiuto a inventare nuovi modi di comunicare con l’immagine nella convinzione che non è di questo che abbiamo bisogno ma di un approccio conoscitivo, che già con Benjamin si muove seguendo le tracce dei detriti e delle sopravvivenze e ora convive con i fantasmi della modernità da cui ripartire in un’epoca come quella che stiamo attraversando in cui è venuto meno o ha cambiato senso tutto ciò che avevamo pensato e immaginato di essere.
È da questa condizione esistenziale che ci appaiono nate le Eterotopie di Larocchi che vivono in una temporalità sospesa e sono poesia della mente e del concetto che vive nel silenzio delle ombre e nelle sinfonie dei grigi e dei chiaroscuri.
Eleonora Fiorani
Che cosa alberga nelle pieghe del visibile tra apparizioni e evanescenze nelle Eterotopie di Alessio Larocchi? A un primo sguardo rammemorano i suoi Paesaggi poco romantici e le Tavole a scomparsa e ci appaiono come dei paesaggi s-definiti, in trasformazione, in bilico tra apparire e scomparire, che assomigliano ai fasmidi, le strane creature che si mimetizzano con l’ambiente diventando l’ambiente stesso.
È appunto ciò che avviene nelle Eterotopie in cui le forme informi appaiono, ad una certa distanza, come valli, colline, monti, pianure, boschi mentre a uno sguardo ravvicinato si rivelano trame di pieni e di vuoti e giochi di chiaroscuro, di macchie e di ombre. Sono in Larocchi modi di fare arte che producono immagini incompiute, di forme non formate che, per il loro essere vaghe e fugaci, mettono in moto il pensiero e danno origine a costellazioni concettuali e memoriali in grado di mettere in moto l’immaginazione di paesaggi dell’origine o di mondi altri del passato o del futuro.
E dunque, mentre a un primo sguardo ci appaiono come iscritte nella lunga tradizione della pittura di paesaggio a cominciare dal loro essere racchiuse nel divino cerchio, la forma perfetta, la metafora del cosmo, l’archetipo dell’eden, del labirinto, del paesaggio e della città ideale, a un secondo sguardo si rivelano come riflessione sul potere del mimetismo, sulla metamorfosi delle forme e quindi anche sul vedere e sullo sguardo e sui loro inganni.
Sono anche un ricercare la riduzione visiva, una fuoruscita dall’estetismo diffuso e uno scardinamento delle regole andando oltre la Reflexionbildung dell’arte contemporanea, che si impone nei linguaggi delle avanguardie fin dal primo Novecento, con la sua vocazione all’immateriale, alla scomparsa e al grado zero. Lo stesso prevalere degli effetti di chiaroscuro e di pieni e di vuoti acquista allora la valenza di sottolineare la condizione interiore di rifiuto a inventare nuovi modi di comunicare con l’immagine nella convinzione che non è di questo che abbiamo bisogno ma di un approccio conoscitivo, che già con Benjamin si muove seguendo le tracce dei detriti e delle sopravvivenze e ora convive con i fantasmi della modernità da cui ripartire in un’epoca come quella che stiamo attraversando in cui è venuto meno o ha cambiato senso tutto ciò che avevamo pensato e immaginato di essere.
È da questa condizione esistenziale che ci appaiono nate le Eterotopie di Larocchi che vivono in una temporalità sospesa e sono poesia della mente e del concetto che vive nel silenzio delle ombre e nelle sinfonie dei grigi e dei chiaroscuri.
Eleonora Fiorani
07
novembre 2018
Alessio Larocchi – Nelle pieghe del visibile. Eterotopie
Dal 07 al 21 novembre 2018
arte contemporanea
Location
QUINTOCORTILE
Milano, Viale Bligny, 42, (Milano)
Milano, Viale Bligny, 42, (Milano)
Orario di apertura
da martedì a venerdì ore 17-19 e su appuntamento
Vernissage
7 Novembre 2018, h 18,30
Autore
Curatore