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exibinterviste – la giovane arte Giuliano Lombardo
parola d'artista
Costruire macchine relazionali, dispositivi per intrecciare contingenza e condivisione. Fruizione creativa, approccio multitasking e un’intervista a cuore aperto. Si dichiara un inguaribile curioso ma non tralascia di raccontare se stesso...
Difficile rispondere senza essere scontato. Direi il dna e l’ambiente in cui sono cresciuto, più o meno al 50%. Calcola che disegnavo in braccio a mia madre quando ancora non avevo cominciato a parlare, e a quanto mi dicono ho cominciato a parlare molto presto… Le prime immagini che ricordo sono di mio padre con i suoi quadri giganteschi, di mia madre che cantava e degli studi delle sue amiche pittrici. I miei sono separati da quando avevo sei mesi. Vivevano su piani diversi dello stesso palazzo: mio padre abitava da solo, mia madre invece divideva l’appartamento con altre donne, quasi tutte artiste e femministe. In tutto questo i miei genitori erano costantemente in guerra: se uno diceva bianco, l’altra diceva nero, e viceversa, anche sull’argomento più insulso e marginale. L’unica cosa che li accomunava era l’arte. Con mia madre visitavo i musei e lei mi faceva da guida, sapeva tutto della storia dell’arte e io le rivolgevo raffiche di domande finché non la esaurivo completamente. Invece a cena da mio padre [Sergio Lombardo, N.d.R.] era sempre un simposio sulle ultime teorie dell’arte e della conoscenza, con ospiti d’eccezione e discussioni che andavano avanti fino a notte fonda.
A un certo punto hai preso la tua strada…
Sono prevalentemente autodidatta, per me studiare è un bisogno irrefrenabile che non può essere arginato o orientato se non a caro prezzo. Per quanto riguarda l’arte contemporanea, la psicologia dell’arte e l’estetica, ho frequentato seminari e conferenze al centro studi Jartrakor e qualche lezione alla Sapienza. Ciò che so di fotografia l’ho imparato lavorando come assistente per alcuni fotografi, ma principalmente mi sono formato leggendo, sperimentando e lavorando in solitudine. Così per la musica: a parte gli incontri importanti con Mauro Bortolotti e Larry Polansky, ho imparato soprattutto dai dischi, dai concerti e dai libri.
Cosa cerchi di fare nel tuo lavoro?
Cerco di costruire dispositivi, di elaborare dei metodi, inventare o trovare sistemi generativi per produrre arte. Ci sono lavori realizzati con tecniche diverse, basati sullo stesso principio generativo, a cui do uno stesso titolo. Non cerco di mantenere dei punti fermi, preferisco anzi rimanere il più possibile aperto alla contingenza, al cambiamento. Nonostante questo ci sono alcuni temi che sembrano ripetersi: il contrasto, l’equilibrio, l’iterazione, la condivisione, il paradosso… Il fine ultimo è stimolare lo spettatore a una fruizione creativa, non necessariamente in stretta relazione con l’opera. L’opera va utilizzata come trampolino, è solo un punto di partenza.
Due parole per presentarti sul piano caratteriale?
Sono uno che dimentica le cose, i miei pensieri partono troppo spesso per la tangente, mi occupo di troppe cose parallelamente. E credo di essere una persona sincera, più per semplicità che per etica però.
Arte e attualità: quale il tuo punto di vista?
L’attualità è troppo vasta per essere compresa tutta insieme dalla mente umana. Abbiamo bisogno di ridurla, di unirla in forma narrativa, di generalizzare, di trovare nessi causali, prospettive, categorie, di farne un’immagine. Altrimenti non riusciamo a ricordarla e a utilizzarla per prepararci al futuro. Detto questo, arte e politica sono due sistemi che servono a interpretare e cambiare la realtà, ma che devono essere separati per poter dare il meglio. Con questo non voglio dire che l’arte non debba essere politica, o che la politica non abbia una componente estetica, anzi. È solo che una gioca ad alto rischio, mentre l’altra fa il contrario. La politica pensa, diciamo così, giorno per giorno, funziona finché non arriva il grosso cambiamento che sorprende tutti. L’arte, invece, è importante proprio per prevedere o per trovare soluzioni in momenti di crisi. La politica si occupa del probabile, l’arte dell’improbabile. È importante avere una formula che possa funzionare giorno per giorno, ma è altrettanto importante non dimenticare che tutto potrebbe cambiare improvvisamente e che i nostri modelli interpretativi e operativi potrebbero risultare del tutto inadeguati da un momento all’altro.
Soddisfatto di ciò che è stato scritto finora su di te?
Sono sempre soddisfatto delle interpretazioni che riceve il lavoro, me lo fanno vedere sotto una luce nuova e mi danno informazioni importanti su chi lo interpreta… Io sono assolutamente curioso e attratto dalle particolarità, dalla singolarità degli individui. Comincerò a preoccuparmi quando le letture saranno troppo simili fra loro… Detto questo, il rapporto con i critici e la stampa è piuttosto marginale nella mia vita. O meglio: ho rapporti con alcune persone che lavorano come critici o giornalisti, ma per lo più sono di tipo personale, prevalentemente slegati dalla loro attività. Normalmente sono attratto dalla diversità, quindi posso avere simpatia per persone che hanno gusti lontani dai miei, idee dell’arte opposte alle mie…
Il tuo studio riflette questo approccio multitasking?
Tengo molti discorsi aperti contemporaneamente. Questo credo mi stimoli a trovare soluzioni nuove, ma allo stesso tempo crea una quantità sempre maggiore di rumore, quindi ciclicamente bisogna fare ordine, indicizzare, catalogare per ricominciare da capo. Così i tavoli che uso, come tutti gli spazi, si stratificano di appunti, prove, ipotesi, progetti. Il problema è che si aprono sempre più cantieri di quanti se ne chiudano, quindi arriva inevitabilmente un momento in cui non riesco ad avere un’idea chiara di tutti i progetti non terminati. A quel punto non rimane che tagliare via i rami inutili, mettere tutto a posto e ricominciare a mente fresca.
Quanto sei legato a Roma, la tua città?
Credo che Roma influisca nella mia vita in generale. È una città dove basta un po’ di sole a farti dimenticare tutto quello che non funziona. In più hai sempre davanti a te questi contrasti: l’eterno e l’effimero, il potere e l’arte di arrangiarsi, l’internazionalità e il provincialismo…
Quale mostra ricordi con più soddisfazione?
Mi sembra un po’ presto per fare bilanci di questo tipo… Per ora sono particolarmente legato al ricordo di Nomi, Cose, Città, un evento che ho ideato insieme al gruppo Studi e Ricerche Contemporanee, per la mostra Città/Natura al Palazzo delle Esposizioni. Era un vero evento collettivo: abbiamo convocato tutta una serie di conferenze, dibattiti e interventi sui temi più disparati, ognuno all’insaputa dell’altro, il tutto da tenersi nello stesso posto e allo stesso tempo.
exibinterviste – la giovane arte è una rubrica a cura di pericle guaglianone
bio: Giuliano Lombardo è nato a Roma nel 1971; vive a Roma. Personali: 3500 cm², a cura di L. Benedetti, Rialtosantambrogio, Roma 2006; Canone Pitagorico, MLAC – Museo Laboratorio di Arte Contemporanea, a cura di S. Lux e D. Scudero, Roma; Video Viaggi, Open Video Projects, a cura di L. Benedetti e S. Brill, Roma 2005; Video Viaggio, a cura di L. Barreca e L. Negro, Pescara, Ecoteca 2004. Tra le collettive: Progetto 3500 cm² – 24 poster, a cura di L. Benedetti, RAM – radioartemobile, Roma 2008; 27th Biennial of Graphic Arts, Biennial of Graphic Arts, Lubiana; Frail, a cura di M. De Candia e P. Ferri, Hyunnart, Roma; Floods: 10 inondazioni per una città, Porta di Sant’Agostino, a cura di G. Ranzi, Bergamo; 3500 cm² – L’arte contemporanea attraverso i poster, a cura di L. Benedetti, Palazzo Lantieri, Gorizia; Performance Video Performance, a cura di S. Brill, Fondazione Mudima, Milano; Aniconics: icon killers, a cura di C. Boemio, Caffè Letterario/Nessuno TV, Roma; Hai visto mai? , a cura di L. Benedetti, Officina14, Roma; Visual Art Machine, a cura di A. Bonito Oliva, OVP, Playapart, Isola del Cinema, Roma 2007; 3500 cm², Rialtosantambrogio e American Academy, a cura di L. Benedetti, Roma; Raid, BAAN Biennale Adriatica Arti Nuove, a cura di A. Arèvalo, S. Benedetto del Tronto; Videodroma, Open Video Projects, a cura di L. Benedetti e S. Brill, Roma 2006; D.I.Y. Canons, a cura di S. Wickham-Smith, Pogus Production NY, Presentation at MLAC, Roma; Post Human, PEAM 2005, a cura di L. Pagliarini, Pescara (2005); Video Viaggio, in Interventi Ubiqui, Loop House Gallery/Galleria Giovanni Oriolo, a cura di A. Pomarico e L. Negro, Lecce e Brindisi 2004; Eventualismo: oltre l’interazione, a cura di S. Lux, Roma 2000; Città/Natura, Palazzo delle Esposizioni, a cura di C. Christov-Bakargiev, Roma 1997. Discografia: A.A.V.V., D.I.Y. Canons (curator S. Wickham-Smith), Pogus Productions, 2CD; AlienSeduction, Dark Chill, Jaztronix Records, download at www.VJSinc.com; AlienSeduction, Noir, Jaztronix Records, download at www.VJSinc.com; AlienSeduction, Conspiracy Theory, Jaztronix Records, download at www.VJSinc.com; AlienSeduction, Spaced Out, Piratialieni Records, CD; Superlusso, Zero grav love, Piratialieni Records, vynil 12″; Superlusso, Operazione Superlusso, Autori-Messa, mini CD; Douar Djedid, Douar Djedid, Comune di Roma/Scena Aperta, mini CD; A.A.V.V. Dieci mosche di velluto grigio, Cantoberon, CD; A.A.V.V. “Italian Music Office”, Big Square, 2CD; A.A.V.V., Radioira, Il Manifesto, CD; A.A.V.V., Enzimi ’97, Comune di Roma, CD; A.A.V.V., Arezzo Wave ’96, BMG, 2CD.
[exibart]