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Solo: Piero Manzoni
Nel percorso espositivo – che offre una panoramica delle principali tappe delle ricerche manzoniane – vi sarà anche un’appendice dedicata alla mostra “Monocromo”, esposizione collettiva tenutasi alla Galleria Il Fiore di Firenze nel gennaio 1963, che costituisce, molto probabilmente, l’ultima mostra italiana alla quale partecipa Manzoni prima della sua prematura scomparsa avvenuta a Milano per infarto il 6 febbraio di quello stesso anno.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
È dedicata a Piero Manzoni (Soncino, 13
luglio 1933 – Milano, 6 febbraio 1963) la seconda mostra del ciclo
espositivo Solo, ideato dal direttore artistico del Museo Novecento
Sergio Risaliti, e immaginato per offrire di volta in volta un breve
ritratto di alcuni grandi maestri del Novecento. Alternando mostre che
attingano dalle raccolte civiche ad altre organizzate per ospitare
personalità non presenti in collezione, il progetto risponde alla duplice
necessità di costruire nuove narrazioni attorno agli artisti conservati
nel museo e di integrare il percorso espositivo colmando le lacune che
caratterizzano la collezione del museo.
Dopo un primo focus su Emilio Vedova (artista presente nella
collezione Alberto Della Ragione), adesso è la volta di Piero Manzoni
(dal 18 settembre al 13 dicembre 2018), artista che invece non rientra
nel patrimonio delle collezioni civiche fiorentine. L’esposizione, a cura
di Gaspare Luigi Marcone è realizzata in collaborazione con la
Fondazione Piero Manzoni di Milano.
“Con cadenze regolari, il Museo Novecento si concentra sulla figura di
un singolo artista, scegliendo di raccontare un aspetto peculiare della
sua carriera grazie all’esposizione di una o più opere presenti nelle
raccolte del Comune di Firenze o concesse in prestito da altre collezioni
pubbliche o private – ha spiegato Sergio Risaliti -. Si tratta di “assoli”
espositivi in cui la selezione delle opere scelte risponde a un taglio
critico innovativo, frutto di un lavoro di ricerca e di riflessione che vede
impegnati alcuni dei migliori storici dell’arte e curatori di nuova
generazione. Dopo quello su Emilio Vedova siamo orgogliosi di
inaugurare il primo ‘progetto monografico’ su Piero Manzoni in uno
spazio museale a Firenze focalizzato sugli ‘oggetti’ – o meglio i
‘concetti-oggetti’ – che l’artista produce dal 1959 al 1962. Artista puro
e teorico puro – di stampo fisico/comportamentale e mentale/filosofico
– come testimoniano i suoi molti scritti apparsi sotto forma di diari,
manifesti e articoli, con le sue azioni, le sue sperimentazioni, tecniche
comunicative e di riproduzione, Manzoni ha spostato in un inedito
futuro la storia dell’arte che, dopo le sue invenzioni e incursioni, non è
più stata quella di prima”.
“Tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta, durante il
cosiddetto miracolo economico Manzoni compie i suoi miracoli
sperimentali – ha detto il curatore Gaspare Luigi Marcone - Un artista
‘inclassificabile’ che offre continuamente stimoli critici e ipotesi di
ricerca. Una ricerca scandita da polarità dialettiche: concetto/oggetto,
materiale/immateriale, interno/esterno, ironia/rigore, magia/scienza,
finito/infinito, tutto/niente. Dalle Linee alle opere ‘corporali’ come i
Corpi d’aria, le Uova scultura e la Merda d’artista, Manzoni ha
ridefinito l’idea del ‘fare arte’; il suo percorso è scandito da questi
‘concetti-oggetti’, opere ‘inscatolate’, misteriose e ironiche ma di
assoluta profondità; non sono solo ‘semplici provocazioni’, l’artista ha
sempre operato in modo più assoluto e totalizzante. Insieme a una
costante attività teoretica le sue operazioni hanno aperto la strada a
molte sperimentazioni degli anni successivi a livello nazionale e
internazionale”.
Parallelamente agli Achromes, realizzati da Manzoni dal 1957 fino alla
fine del suo percorso, l’artista concepisce sin dal 1959 opere che
sfuggono a qualsiasi categoria tradizionale (pittorica o scultorea). Nella
primavera del 1959 Manzoni realizza le prime Linee; inizialmente
un’unica linea orizzontale di inchiostro scuro è tracciata su un foglio di
carta verticale da allestire a parete. Dall’estate dello stesso anno però
l’artista traccia le sue linee su rotoli di carta di lunghezza variabile poi
racchiusi in cilindri di varia natura dove un’etichetta riporta lunghezza,
data e firma. La linea più lunga è la Linea di 7.200 metri realizzata in
circa tre ore il 4 luglio 1960 a Herning in Danimarca. La linea più
radicalmente “concettuale” è invece la Linea di lunghezza infinita
(realizzata in vari esemplari nel 1960): un semplice cilindro di legno
dove è solo l’etichetta che “in-forma” dell’“in-finito”. Sul finire del
1959 prende sempre più “corpo” l’indagine “fisiologica”, o appunto
“corporale”, con la nuova serie dei 45 Corpi d’aria: in una scatola di
legno vi sono un foglio di istruzioni, un palloncino bianco da gonfiare
con un tubicino e un treppiede dove poggiare la “scultura gonfiata”.
Dopo questa serie l’artista realizza anche Fiato d’artista (vari esemplari
del 1960) dove il palloncino gonfiato è semplicemente apposto su una
base quadrangolare di legno. Dal 1960 le sperimentazioni manzoniane
diventano sempre più radicali: l’ultima mostra alla Galleria Azimut
(spazio autogestito fondato da Manzoni con Enrico Castellani nel
dicembre 1959) è l’“atto performativo” Consumazione dell’arte
Dinamica del pubblico Divorare l’arte avvenuto il 21 luglio 1960.
L’artista – quasi nelle vesti di sacerdote – offre da mangiare al pubblico
uova sode con la sua impronta digitale concretizzando un atto di
“comunione” tra autore, opera e pubblico. Parallelamente vi è la
produzione delle Uova scultura, uova sode complete di guscio e
impronta digitale conservate in piccole scatole di legno firmate e
numerate. Il ciclo corporale-biologico-fisiologico culmina l’anno
successivo, nel maggio 1961, quando l’artista produce le celeberrime
90 scatole di Merda d’artista da vendersi al prezzo corrente dell’oro
per grammo. Nello stesso anno Manzoni realizza le Basi magiche, in
più versioni, con le quali qualsiasi persona o oggetto può diventare
opera d’arte fino all’estrema radicalità totalizzante del Socle su monde,
la base del mondo, con la quale tutta la Terra è trasformata in opera
d’arte. Gli atti demiurgici manzoniani, che aprono la strada alle future
ricerche concettuali e performative, si concretizzano anche nel “ciclo”
delle Sculture viventi: dal gennaio del 1961 l’artista inizia a firmare le
persone come opere d’arte rilasciando un relativo “certificato di
autenticità”. L’idea della “certificazione” è ulteriormente sviluppata, su
un piano diverso, con le fotolitografie delle Tavole di accertamento
edite nel 1962 da Vanni Scheiwiller con prefazione di Vincenzo Agnetti.
Nel percorso espositivo – che offre una panoramica delle principali
tappe delle ricerche manzoniane – vi sarà anche un’appendice
dedicata alla mostra “Monocromo”, esposizione collettiva tenutasi alla
Galleria Il Fiore di Firenze nel gennaio 1963, che costituisce, molto
probabilmente, l’ultima mostra italiana alla quale partecipa Manzoni
prima della sua prematura scomparsa avvenuta a Milano per infarto il
6 febbraio di quello stesso anno.
luglio 1933 – Milano, 6 febbraio 1963) la seconda mostra del ciclo
espositivo Solo, ideato dal direttore artistico del Museo Novecento
Sergio Risaliti, e immaginato per offrire di volta in volta un breve
ritratto di alcuni grandi maestri del Novecento. Alternando mostre che
attingano dalle raccolte civiche ad altre organizzate per ospitare
personalità non presenti in collezione, il progetto risponde alla duplice
necessità di costruire nuove narrazioni attorno agli artisti conservati
nel museo e di integrare il percorso espositivo colmando le lacune che
caratterizzano la collezione del museo.
Dopo un primo focus su Emilio Vedova (artista presente nella
collezione Alberto Della Ragione), adesso è la volta di Piero Manzoni
(dal 18 settembre al 13 dicembre 2018), artista che invece non rientra
nel patrimonio delle collezioni civiche fiorentine. L’esposizione, a cura
di Gaspare Luigi Marcone è realizzata in collaborazione con la
Fondazione Piero Manzoni di Milano.
“Con cadenze regolari, il Museo Novecento si concentra sulla figura di
un singolo artista, scegliendo di raccontare un aspetto peculiare della
sua carriera grazie all’esposizione di una o più opere presenti nelle
raccolte del Comune di Firenze o concesse in prestito da altre collezioni
pubbliche o private – ha spiegato Sergio Risaliti -. Si tratta di “assoli”
espositivi in cui la selezione delle opere scelte risponde a un taglio
critico innovativo, frutto di un lavoro di ricerca e di riflessione che vede
impegnati alcuni dei migliori storici dell’arte e curatori di nuova
generazione. Dopo quello su Emilio Vedova siamo orgogliosi di
inaugurare il primo ‘progetto monografico’ su Piero Manzoni in uno
spazio museale a Firenze focalizzato sugli ‘oggetti’ – o meglio i
‘concetti-oggetti’ – che l’artista produce dal 1959 al 1962. Artista puro
e teorico puro – di stampo fisico/comportamentale e mentale/filosofico
– come testimoniano i suoi molti scritti apparsi sotto forma di diari,
manifesti e articoli, con le sue azioni, le sue sperimentazioni, tecniche
comunicative e di riproduzione, Manzoni ha spostato in un inedito
futuro la storia dell’arte che, dopo le sue invenzioni e incursioni, non è
più stata quella di prima”.
“Tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta, durante il
cosiddetto miracolo economico Manzoni compie i suoi miracoli
sperimentali – ha detto il curatore Gaspare Luigi Marcone - Un artista
‘inclassificabile’ che offre continuamente stimoli critici e ipotesi di
ricerca. Una ricerca scandita da polarità dialettiche: concetto/oggetto,
materiale/immateriale, interno/esterno, ironia/rigore, magia/scienza,
finito/infinito, tutto/niente. Dalle Linee alle opere ‘corporali’ come i
Corpi d’aria, le Uova scultura e la Merda d’artista, Manzoni ha
ridefinito l’idea del ‘fare arte’; il suo percorso è scandito da questi
‘concetti-oggetti’, opere ‘inscatolate’, misteriose e ironiche ma di
assoluta profondità; non sono solo ‘semplici provocazioni’, l’artista ha
sempre operato in modo più assoluto e totalizzante. Insieme a una
costante attività teoretica le sue operazioni hanno aperto la strada a
molte sperimentazioni degli anni successivi a livello nazionale e
internazionale”.
Parallelamente agli Achromes, realizzati da Manzoni dal 1957 fino alla
fine del suo percorso, l’artista concepisce sin dal 1959 opere che
sfuggono a qualsiasi categoria tradizionale (pittorica o scultorea). Nella
primavera del 1959 Manzoni realizza le prime Linee; inizialmente
un’unica linea orizzontale di inchiostro scuro è tracciata su un foglio di
carta verticale da allestire a parete. Dall’estate dello stesso anno però
l’artista traccia le sue linee su rotoli di carta di lunghezza variabile poi
racchiusi in cilindri di varia natura dove un’etichetta riporta lunghezza,
data e firma. La linea più lunga è la Linea di 7.200 metri realizzata in
circa tre ore il 4 luglio 1960 a Herning in Danimarca. La linea più
radicalmente “concettuale” è invece la Linea di lunghezza infinita
(realizzata in vari esemplari nel 1960): un semplice cilindro di legno
dove è solo l’etichetta che “in-forma” dell’“in-finito”. Sul finire del
1959 prende sempre più “corpo” l’indagine “fisiologica”, o appunto
“corporale”, con la nuova serie dei 45 Corpi d’aria: in una scatola di
legno vi sono un foglio di istruzioni, un palloncino bianco da gonfiare
con un tubicino e un treppiede dove poggiare la “scultura gonfiata”.
Dopo questa serie l’artista realizza anche Fiato d’artista (vari esemplari
del 1960) dove il palloncino gonfiato è semplicemente apposto su una
base quadrangolare di legno. Dal 1960 le sperimentazioni manzoniane
diventano sempre più radicali: l’ultima mostra alla Galleria Azimut
(spazio autogestito fondato da Manzoni con Enrico Castellani nel
dicembre 1959) è l’“atto performativo” Consumazione dell’arte
Dinamica del pubblico Divorare l’arte avvenuto il 21 luglio 1960.
L’artista – quasi nelle vesti di sacerdote – offre da mangiare al pubblico
uova sode con la sua impronta digitale concretizzando un atto di
“comunione” tra autore, opera e pubblico. Parallelamente vi è la
produzione delle Uova scultura, uova sode complete di guscio e
impronta digitale conservate in piccole scatole di legno firmate e
numerate. Il ciclo corporale-biologico-fisiologico culmina l’anno
successivo, nel maggio 1961, quando l’artista produce le celeberrime
90 scatole di Merda d’artista da vendersi al prezzo corrente dell’oro
per grammo. Nello stesso anno Manzoni realizza le Basi magiche, in
più versioni, con le quali qualsiasi persona o oggetto può diventare
opera d’arte fino all’estrema radicalità totalizzante del Socle su monde,
la base del mondo, con la quale tutta la Terra è trasformata in opera
d’arte. Gli atti demiurgici manzoniani, che aprono la strada alle future
ricerche concettuali e performative, si concretizzano anche nel “ciclo”
delle Sculture viventi: dal gennaio del 1961 l’artista inizia a firmare le
persone come opere d’arte rilasciando un relativo “certificato di
autenticità”. L’idea della “certificazione” è ulteriormente sviluppata, su
un piano diverso, con le fotolitografie delle Tavole di accertamento
edite nel 1962 da Vanni Scheiwiller con prefazione di Vincenzo Agnetti.
Nel percorso espositivo – che offre una panoramica delle principali
tappe delle ricerche manzoniane – vi sarà anche un’appendice
dedicata alla mostra “Monocromo”, esposizione collettiva tenutasi alla
Galleria Il Fiore di Firenze nel gennaio 1963, che costituisce, molto
probabilmente, l’ultima mostra italiana alla quale partecipa Manzoni
prima della sua prematura scomparsa avvenuta a Milano per infarto il
6 febbraio di quello stesso anno.
17
settembre 2018
Solo: Piero Manzoni
Dal 17 settembre al 13 dicembre 2018
arte moderna e contemporanea
Location
MUSEO NOVECENTO
Firenze, Piazza Di Santa Maria Novella, 10, (Firenze)
Firenze, Piazza Di Santa Maria Novella, 10, (Firenze)
Biglietti
intero €8,50
ridotto €5,00
Orario di apertura
Lun - Mar - Mer - Sab - Dom | 11:00 - 20:00
Giovedì| 11:00 - 14:00
Venerdì | 11:00 - 23:00
Ultimo ingresso un'ora prima della chiusura
Vernissage
17 Settembre 2018, h 18 su invito
Autore
Curatore