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Onze – Alte vette
La pittura “manifesta” nell’opera di Onze si esprime e si svolge con i tratti decisi,di una materialità pop-espressionista, attraverso tecniche raffinate e composite con stratificazioni e sovrapposizioni di mosaici cartacei, in una rilettura originaria della tecnica del collage (Franz Prati)
Comunicato stampa
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ALTE VETTE | Onze
Duello al sole
“ Nivasio per sua natura dovrebbe sedere sulla vetta, respirare la solitudine suprema,
contemplare l’ultimo silenzio. Ma chi riconosce a Nivasio Dolcemare questi diritti ottici, questi privilegi di respirazione? “
Alberto Savinio, in “Infanzia di Nivasio Dolcemare”, dato alle stampe nel 1941, nel descrivere la figura del giovane protagonista di quell’ineffabile autoritratto delineato tra le pagine del più iconico dei suoi romanzi, individua nell’archetipo della cima del monte il luogo prediletto ed esclusivo dove gli squilibri tra la sovranità della mente e l’universo corporeo si stemperano in un’atmosfera rarefatta.
Romain Gary, altra figura rilevante della cultura cosmopolita novecentesca, giovane eroe della guerra resistenziale, diplomatico, scrittore, regista cinematografico e protagonista di spicco del milieu intellettuale della nouvelle vague parigina, in uno strano e intrigante romanzo, pubblicato nel 1965, torna, a sua volta, tra le vette.
E’ lì che Lenny, ventenne americano di rara bellezza, veleggia con i suoi inseparabili sci sulle cime delle alpi svizzere per assaporare i luoghi della più algida alienazione.
“ Alle tre del pomeriggio, tutto il circo della Jungfrau diventa viola in un colpo solo, con delle colate verdi e rosa, e il freddo si faceva così puro che a un tratto sembrava essere arrivati a destinazione. Niente sporcizia. E La notte scendeva velocissima… la neve continuava a luccicare, e appena la luna e le stelle entravano in gioco si stava davvero bene. E’ molto semplice: non c’è più traccia di psicologia. Non bisogna coprirsi troppo, anzi bisogna cominciare a congelare un po’, per sentirsi davvero a due passi dalla purezza.”
Lenny, vagabondo della neve e autentico avventuriero dello spirito, vive un’intrinseca contraddizione. Conserva una fotografia di Gary Cooper che spesso riguarda, con una certa sacralità. L’immaginario cinematografico rappresentato dal Divo, Eroe solitario, Star tra le stelle, si coniuga ambiguamente con la ricerca della totale assenza del pensiero contingente e delle elaborazioni intellettuali che lo alimentano, prerogativa imprescindibile, quest’ultima, di chi aspira ai luoghi apicali. “Addio Gary Cooper” è il titolo perfetto per questo singolare romanzo, finalmente tradotto e dato alle stampe quest’anno..
“Alte vette” ultima personale di Onze che ha, in modo quasi istantaneo, sollecitato il gioco delle analogie nelle mie escursioni letterarie, è un titolo altrettanto bello e assai rivelatore.
La pittura, per cosi dire, “manifesta” nell’opera di Onze si esprime e si svolge con i tratti decisi, di una materialità pop-espressionista, attraverso tecniche raffinate e composite con stratificazioni e sovrapposizioni di mosaici cartacei, sapientemente allestite su supporti ordinari, in una rilettura originale della tecnica consolidata del collage.
Il dittico duellante che Onze mette in scena tra corpi e vette, tra mente e roccia evoca, nell’espressione sgargiante delle opere esposte, il ricordo e la fascinazione narrativa dei manifesti cinematografici, che ci hanno così misteriosamente ammaliato alla metà del secolo scorso. Jennifer Jones e Gregory Peck, belli si cercano, tra le rocce, arrancando sanguinanti e bellissimi verso l’apoteosi definitiva del doppio suicidio. Corpi destinati al personale Calvario. Il lato oscuro di Giulietta e Romeo. La catarsi delle identità. Nel pieno sole del technicolor.
Tutto raccontato in una sola immagine.
Anche questi e altri scenari ancora possibili suggestionano le ultime opere di Onze. Da questo punto di vista “ Addio Gary Cooper “ e “Alte vette” dicono, in modi diversi, delle inquietudini e delle contraddizioni che hanno ampliamente connotato la modernità nelle sue diverse forme espressive e nel suo tormentato tragitto verso il contemporaneo.
Onze lavora, con le sue alchimie metamorfiche, in quel territorio vago, dall’instabile equilibrio, in cui si traccia il confine tra l’estensione del modello pop e la sua traduzione nel linguaggio peculiare alle arti cosiddette consolidate.
Sotto questo profilo è un artista contemporaneo, nell’accezione più peculiare del termine.
I Nuovi Anacoreti sulla vetta innevata e il Divo sulla cima di una qualsiasi classifica generano un corto circuito che riverbera dalle opere esposte in questa illuminante personale.
Se dessimo per note e acquisite le autorevoli interpretazioni che si sono susseguite nel tempo a proposito della Pop Art ,che indubbiamente Onze conosce molto bene, e riconsiderassimo, da questo punto di vista, l’ormai centenario e mitico logo della Paramount Pictures e
“ Vesuvius by Warhol” nelle versioni rosse e nere del 1985, avremo ora una mano così ferma nel delineare, nell’ambito delle forme delle arti, il confine che li separa?
La ricerca di Onze si alimenta delle contraddizioni che abitano la frattura implicita nella domanda appena posta, iscrivendosi con lo sguardo del testimone consapevole , in quella corrente dalla creatività inquieta che ha attraversato tra ottocento e novecento i territori dell’arte, alla ricerca della propria identità. Delle anatomiche nature morte di Gèricault all’origine del mondo di Courbet, da Munch alla Nuova Oggettività, dalla troppo dimenticata architettura del frammento erotico che si insinua negli inquietanti collage di Karel Teige, a Savinio e Scipione, da Sutherland a Bacon, da Rotella a De Kooning e fino alla Pop Art più ortodossa, la vibrante deriva cerca approdi imprevedibili..
Abitano le recenti opere di Onze, enigmatiche tarsie cartacee. Lungo i solchi di questa mappatura la fisicità delle figure ostentate si decostruisce per generarne un’ulteriore, innervata sulla precedente ma deviata verso un’identità altra.
L’anatomia deformata dei corpi e la dissoluzione della natura minerale nell’archetipo del monte conducono alla reciproca perdita del modello identitario, in un intrigante processo di dissoluzione, dal genere al generico, dove natura e corporalità si confondono in un paesaggio dall’orizzonte tendenzialmente astratto. Sullo sfondo, la pur densa materia pittorica, si stempera nei velari volatili dei foulard, siglando, con elegante leggerezza, il racconto di un percorso artistico di rara intensità.
Franz Prati
Duello al sole
“ Nivasio per sua natura dovrebbe sedere sulla vetta, respirare la solitudine suprema,
contemplare l’ultimo silenzio. Ma chi riconosce a Nivasio Dolcemare questi diritti ottici, questi privilegi di respirazione? “
Alberto Savinio, in “Infanzia di Nivasio Dolcemare”, dato alle stampe nel 1941, nel descrivere la figura del giovane protagonista di quell’ineffabile autoritratto delineato tra le pagine del più iconico dei suoi romanzi, individua nell’archetipo della cima del monte il luogo prediletto ed esclusivo dove gli squilibri tra la sovranità della mente e l’universo corporeo si stemperano in un’atmosfera rarefatta.
Romain Gary, altra figura rilevante della cultura cosmopolita novecentesca, giovane eroe della guerra resistenziale, diplomatico, scrittore, regista cinematografico e protagonista di spicco del milieu intellettuale della nouvelle vague parigina, in uno strano e intrigante romanzo, pubblicato nel 1965, torna, a sua volta, tra le vette.
E’ lì che Lenny, ventenne americano di rara bellezza, veleggia con i suoi inseparabili sci sulle cime delle alpi svizzere per assaporare i luoghi della più algida alienazione.
“ Alle tre del pomeriggio, tutto il circo della Jungfrau diventa viola in un colpo solo, con delle colate verdi e rosa, e il freddo si faceva così puro che a un tratto sembrava essere arrivati a destinazione. Niente sporcizia. E La notte scendeva velocissima… la neve continuava a luccicare, e appena la luna e le stelle entravano in gioco si stava davvero bene. E’ molto semplice: non c’è più traccia di psicologia. Non bisogna coprirsi troppo, anzi bisogna cominciare a congelare un po’, per sentirsi davvero a due passi dalla purezza.”
Lenny, vagabondo della neve e autentico avventuriero dello spirito, vive un’intrinseca contraddizione. Conserva una fotografia di Gary Cooper che spesso riguarda, con una certa sacralità. L’immaginario cinematografico rappresentato dal Divo, Eroe solitario, Star tra le stelle, si coniuga ambiguamente con la ricerca della totale assenza del pensiero contingente e delle elaborazioni intellettuali che lo alimentano, prerogativa imprescindibile, quest’ultima, di chi aspira ai luoghi apicali. “Addio Gary Cooper” è il titolo perfetto per questo singolare romanzo, finalmente tradotto e dato alle stampe quest’anno..
“Alte vette” ultima personale di Onze che ha, in modo quasi istantaneo, sollecitato il gioco delle analogie nelle mie escursioni letterarie, è un titolo altrettanto bello e assai rivelatore.
La pittura, per cosi dire, “manifesta” nell’opera di Onze si esprime e si svolge con i tratti decisi, di una materialità pop-espressionista, attraverso tecniche raffinate e composite con stratificazioni e sovrapposizioni di mosaici cartacei, sapientemente allestite su supporti ordinari, in una rilettura originale della tecnica consolidata del collage.
Il dittico duellante che Onze mette in scena tra corpi e vette, tra mente e roccia evoca, nell’espressione sgargiante delle opere esposte, il ricordo e la fascinazione narrativa dei manifesti cinematografici, che ci hanno così misteriosamente ammaliato alla metà del secolo scorso. Jennifer Jones e Gregory Peck, belli si cercano, tra le rocce, arrancando sanguinanti e bellissimi verso l’apoteosi definitiva del doppio suicidio. Corpi destinati al personale Calvario. Il lato oscuro di Giulietta e Romeo. La catarsi delle identità. Nel pieno sole del technicolor.
Tutto raccontato in una sola immagine.
Anche questi e altri scenari ancora possibili suggestionano le ultime opere di Onze. Da questo punto di vista “ Addio Gary Cooper “ e “Alte vette” dicono, in modi diversi, delle inquietudini e delle contraddizioni che hanno ampliamente connotato la modernità nelle sue diverse forme espressive e nel suo tormentato tragitto verso il contemporaneo.
Onze lavora, con le sue alchimie metamorfiche, in quel territorio vago, dall’instabile equilibrio, in cui si traccia il confine tra l’estensione del modello pop e la sua traduzione nel linguaggio peculiare alle arti cosiddette consolidate.
Sotto questo profilo è un artista contemporaneo, nell’accezione più peculiare del termine.
I Nuovi Anacoreti sulla vetta innevata e il Divo sulla cima di una qualsiasi classifica generano un corto circuito che riverbera dalle opere esposte in questa illuminante personale.
Se dessimo per note e acquisite le autorevoli interpretazioni che si sono susseguite nel tempo a proposito della Pop Art ,che indubbiamente Onze conosce molto bene, e riconsiderassimo, da questo punto di vista, l’ormai centenario e mitico logo della Paramount Pictures e
“ Vesuvius by Warhol” nelle versioni rosse e nere del 1985, avremo ora una mano così ferma nel delineare, nell’ambito delle forme delle arti, il confine che li separa?
La ricerca di Onze si alimenta delle contraddizioni che abitano la frattura implicita nella domanda appena posta, iscrivendosi con lo sguardo del testimone consapevole , in quella corrente dalla creatività inquieta che ha attraversato tra ottocento e novecento i territori dell’arte, alla ricerca della propria identità. Delle anatomiche nature morte di Gèricault all’origine del mondo di Courbet, da Munch alla Nuova Oggettività, dalla troppo dimenticata architettura del frammento erotico che si insinua negli inquietanti collage di Karel Teige, a Savinio e Scipione, da Sutherland a Bacon, da Rotella a De Kooning e fino alla Pop Art più ortodossa, la vibrante deriva cerca approdi imprevedibili..
Abitano le recenti opere di Onze, enigmatiche tarsie cartacee. Lungo i solchi di questa mappatura la fisicità delle figure ostentate si decostruisce per generarne un’ulteriore, innervata sulla precedente ma deviata verso un’identità altra.
L’anatomia deformata dei corpi e la dissoluzione della natura minerale nell’archetipo del monte conducono alla reciproca perdita del modello identitario, in un intrigante processo di dissoluzione, dal genere al generico, dove natura e corporalità si confondono in un paesaggio dall’orizzonte tendenzialmente astratto. Sullo sfondo, la pur densa materia pittorica, si stempera nei velari volatili dei foulard, siglando, con elegante leggerezza, il racconto di un percorso artistico di rara intensità.
Franz Prati
21
settembre 2018
Onze – Alte vette
Dal 21 settembre al 13 ottobre 2018
arte contemporanea
Location
GALLA
Roma, Via Degli Zingari, 28, (Roma)
Roma, Via Degli Zingari, 28, (Roma)
Orario di apertura
Da martedì a sabato dalle 14.00 alle 20.00. Per altri orari contattare la galleria
Vernissage
21 Settembre 2018, Dalle 18.00 alle 22.00
Sito web
www.Onze111.com
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