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Bizhan Bassiri (Teheran, 1954; vive a San Casciano dei Bagni, Siena) è un artista poli-materico che si muove sulla base di un saldo credo ideologico, legato alla teoria del pensiero magmatico. Secondo tale teoria, “l’esistenza dell’opera d’arte nel mondo è meteorite proveniente dal cosmo, non appartiene alla terra ma le appare”, così come “la luce proviene dall’interno dell’opera”.
Nella sua arte prevale sicuramente l’utilizzo di diversi materiali e superfici: cartapesta, alluminio, ferro e bronzo, elementi lavici ed elaborazioni fotografiche. Tutto quanto per rendere il fluire magmatico della materia sempre presente e per metterlo costantemente in relazione con l’architettura ospitante. Infatti, secondo l’artista iraniano “il tessuto dell’opera d’arte magmatica è un tessuto organico. La minima parte contiene la stessa qualità ed energia dell’opera nella sua totalità”. Egli si muove, pertanto, in una direzione onnicomprensiva, che coniuga sapientemente l’arte e la poesia, il teatro e la musica.
Relazioni che trovano il loro fondamento nel più celebre Manifesto del Pensiero Magmatico: “Tutti i nostri cinque sensi anticipano il pensiero. L’opera non può nascere come illustrazione o realizzazione di un progetto. Ciò significherebbe entrare per ultima nella scala degli eventi”. L’opera d’arte che nasce non appartiene al mondo terreno e la sua presenza è soltanto apparizione, come nel caso di un meteorite.
Mercuriale evoca concetti molto profondi, che vanno a toccare anche la comunicazione ermetica tra le divinità; così l’artista, ponendo una scultura al centro della sala, la contorna di ben 51 ritratti (altrimenti noti come i “volti della sorte”) che le fanno da astanti o referenti simbolici. Il suo operare richiama molto da vicino i termini di una liturgia artistica, che vede l’opera d’arte confusa nella quotidianità e nel suo dramma perenne.
In quest’occasione, poi, l’artista esemplifica visivamente uno dei suoi temi più cari, quello dei dadi della sorte, precedentemente teorizzato nel manifesto succitato. “I dadi da gioco vanno da 1 a 6, su 6 lati. La combinazione tra di loro stabilisce una quota di fortuna, le parti mancanti restano come invase dalla vita mortale e destinate alla caduta. Tra due contendenti vince chi ha la combinazione più alta. Più alta è la combinazione più pura appare la fortuna, fino al numero 6-6”. Ma “i dadi della sorte portano il 6 su 6 lati e aprono la partita a una combinazione immutabile, come l’arte e le sue regole fondamentali che non cambiano mai, da sempre”.
Il gesto artistico si assume così la responsabilità perenne di essere portatore di una gravità consapevole e implicita, come dire che “gli artisti restano nel cielo dell’umanità, come gli astri, a orientare chi ha il desiderio di alzare la testa”. Così, se l’arte obbliga a un rischio permanente, è pur vero che l’artista ha sempre la capacità di intervenire in ogni momento, ponendosi come l’unico essere in grado di chiudere il cerchio delle proprie imprevedibili esperienze.
Nella sua arte prevale sicuramente l’utilizzo di diversi materiali e superfici: cartapesta, alluminio, ferro e bronzo, elementi lavici ed elaborazioni fotografiche. Tutto quanto per rendere il fluire magmatico della materia sempre presente e per metterlo costantemente in relazione con l’architettura ospitante. Infatti, secondo l’artista iraniano “il tessuto dell’opera d’arte magmatica è un tessuto organico. La minima parte contiene la stessa qualità ed energia dell’opera nella sua totalità”. Egli si muove, pertanto, in una direzione onnicomprensiva, che coniuga sapientemente l’arte e la poesia, il teatro e la musica.
Relazioni che trovano il loro fondamento nel più celebre Manifesto del Pensiero Magmatico: “Tutti i nostri cinque sensi anticipano il pensiero. L’opera non può nascere come illustrazione o realizzazione di un progetto. Ciò significherebbe entrare per ultima nella scala degli eventi”. L’opera d’arte che nasce non appartiene al mondo terreno e la sua presenza è soltanto apparizione, come nel caso di un meteorite.
Mercuriale evoca concetti molto profondi, che vanno a toccare anche la comunicazione ermetica tra le divinità; così l’artista, ponendo una scultura al centro della sala, la contorna di ben 51 ritratti (altrimenti noti come i “volti della sorte”) che le fanno da astanti o referenti simbolici. Il suo operare richiama molto da vicino i termini di una liturgia artistica, che vede l’opera d’arte confusa nella quotidianità e nel suo dramma perenne.
In quest’occasione, poi, l’artista esemplifica visivamente uno dei suoi temi più cari, quello dei dadi della sorte, precedentemente teorizzato nel manifesto succitato. “I dadi da gioco vanno da 1 a 6, su 6 lati. La combinazione tra di loro stabilisce una quota di fortuna, le parti mancanti restano come invase dalla vita mortale e destinate alla caduta. Tra due contendenti vince chi ha la combinazione più alta. Più alta è la combinazione più pura appare la fortuna, fino al numero 6-6”. Ma “i dadi della sorte portano il 6 su 6 lati e aprono la partita a una combinazione immutabile, come l’arte e le sue regole fondamentali che non cambiano mai, da sempre”.
Il gesto artistico si assume così la responsabilità perenne di essere portatore di una gravità consapevole e implicita, come dire che “gli artisti restano nel cielo dell’umanità, come gli astri, a orientare chi ha il desiderio di alzare la testa”. Così, se l’arte obbliga a un rischio permanente, è pur vero che l’artista ha sempre la capacità di intervenire in ogni momento, ponendosi come l’unico essere in grado di chiudere il cerchio delle proprie imprevedibili esperienze.
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mostra visitata il 4 giugno 2008
dal 26 maggio al 20 settembre 2008
Bizhan Bassiri – Mercuriale
a cura di Bruno Corà
Gallerja
Via della Lupa, 24 (zona Fontanella Borghese) – 00186 Roma
Orario: da martedì a sabato ore 11-13.30 e 15-19.30
Ingresso libero
Info: tel. +39 0668801662; info@gallerja.it; www.gallerja.it
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