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La Bellezza Ferisce
Mostra collettiva della Factory della TAG – Tevere Art Gallery.
“La vera Bellezza mette a disagio, è qualcosa che fa male; ma non per quello bisogna evitarla, anzi. Siamo un po’ tutti masochisti, in fondo, e l’atto più bello del masochismo è amare la Bellezza. […]” – Mustafa Sabbagh
Comunicato stampa
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“La vera Bellezza ferisce. La vera Bellezza mette a disagio, è qualcosa che fa male; ma non per quello bisogna evitarla, anzi. Siamo un po’ tutti masochisti, in fondo, e l’atto più bello del masochismo è amare la Bellezza. Un sadico non può amare la Bellezza.”
In questa massima è racchiusa tutta la tensione poetica di Mustafa Sabbagh, recentemente riconosciuto come uno dei 100 fotografi più influenti al mondo ed uno dei più significativi artisti contemporanei.
Una riflessione dunque che mette insieme due concetti quasi antitetici ingenerando un’estetica del contro-canone.
La bellezza nell’arte è sempre stata motore di molte opere e riflessioni da parte degli artisti di tutti i tempi, concetto che si è evoluto e modificato nelle varie epoche storiche tanto nelle arti quanto all’interno della società.
Dall’ideale greco che gli Elleni sintetizzavano con l’espressione καλὸς καὶ ἀγαθός, bello e buono, principio che coinvolge le sfere dell’estetica e dell’etica, alla grazia ed eleganza del Rinascimento, allo stravolgimento del canone estetico dell’inizio del Novecento con il Cubismo, le Avanguardie, fino alla Body Art e alle performances, per arrivare all’arte contemporanea che torna ad esaltare la suprema bellezza se pur a volte attraverso corpi esasperati, maltrattati, distrutti.
Eppure la bellezza non è da intendersi solo fisica, ma anche intellettuale: “la bellezza in senso lato di una società, la sua apertura, mette a disagio perché è contaminazione, aggregazione, avventura, attrito, scambiarsi odori e sudori. È questa la bellezza, e per questo dico che la bellezza ferisce: perché disturba.”
Questa per un artista la vera sfida, la vera ricerca della bellezza oggi: saper riconoscere il bello prima ancora di catturarlo o interpretarlo. Perché, come diceva Einstein, “il mistero più grande è la nostra capacità di conoscere l’universo, di afferrarne la misteriosa semplicità e bellezza.”
Viviamo in tempi di valori alterati, spesso sovvertiti. Siamo figli minori di quella Grande Bellezza che Sorrentino trova ancora nell’arte, seppur risorsa ormai degradata, sminuita e ridicolizzata, di una società prosaica e decadente.
E probabilmente la “ferita” di cui parla Sabbagh altro non è che il segno, potente, del potere salvifico della bellezza. Uno scossone da questo torpore, una lacerazione, un atto vivifico, “qualcosa che ti fa sentire vivo e non vuol dire sentirsi bene, perché si può stare anche male a volte di fronte alla bellezza”. Come una feritoia che similmente a quanto accadeva per i tagli sulle tele di Lucio Fontana si affaccia sull'infinito e sull'eterno, sull'assoluto, sul mistero, sul divino, a prescindere dalla fede o meno dell'artista. Una voce che grida rivolta a un’umanità dimentica di se stessa, della sua bellezza, delle sue urgenze, dei propri vizi e virtù. Una ricerca della verità, dell’armonia racchiusa, anzi celata, nell’imperfezione, nell’indagine su un’oscura bellezza omni-comprensiva che riesca a sintetizzare sacro e profano, morale e immorale.
“La bellezza salverà il mondo” diceva Dostoevskij attraverso il suo principe Mishkin.
Sicuramente il mondo non può essere salvato da un ideale, perché qualunque ideale trasportato nella realtà è destinato a spirare nel caos. Allora non rimane che salvarsi da soli o da soli soccombere, ma lasciamo almeno che la Bellezza sia la nostra consolazione, il senso ultimo di tutto, anche dei lividi e delle cicatrici che pagheremo. Perché, quale che sia l’ipotesi di finale possibile, “da queste profonde ferite usciranno farfalle libere”. Libere finalmente.
__
Durata della mostra:
dal 9 al 13 Giugno
Orari:
L M M : h. 17,30 – 19,30 oppure vedi Eventi TAG
Giorno di Chiusura: Domenica
In questa massima è racchiusa tutta la tensione poetica di Mustafa Sabbagh, recentemente riconosciuto come uno dei 100 fotografi più influenti al mondo ed uno dei più significativi artisti contemporanei.
Una riflessione dunque che mette insieme due concetti quasi antitetici ingenerando un’estetica del contro-canone.
La bellezza nell’arte è sempre stata motore di molte opere e riflessioni da parte degli artisti di tutti i tempi, concetto che si è evoluto e modificato nelle varie epoche storiche tanto nelle arti quanto all’interno della società.
Dall’ideale greco che gli Elleni sintetizzavano con l’espressione καλὸς καὶ ἀγαθός, bello e buono, principio che coinvolge le sfere dell’estetica e dell’etica, alla grazia ed eleganza del Rinascimento, allo stravolgimento del canone estetico dell’inizio del Novecento con il Cubismo, le Avanguardie, fino alla Body Art e alle performances, per arrivare all’arte contemporanea che torna ad esaltare la suprema bellezza se pur a volte attraverso corpi esasperati, maltrattati, distrutti.
Eppure la bellezza non è da intendersi solo fisica, ma anche intellettuale: “la bellezza in senso lato di una società, la sua apertura, mette a disagio perché è contaminazione, aggregazione, avventura, attrito, scambiarsi odori e sudori. È questa la bellezza, e per questo dico che la bellezza ferisce: perché disturba.”
Questa per un artista la vera sfida, la vera ricerca della bellezza oggi: saper riconoscere il bello prima ancora di catturarlo o interpretarlo. Perché, come diceva Einstein, “il mistero più grande è la nostra capacità di conoscere l’universo, di afferrarne la misteriosa semplicità e bellezza.”
Viviamo in tempi di valori alterati, spesso sovvertiti. Siamo figli minori di quella Grande Bellezza che Sorrentino trova ancora nell’arte, seppur risorsa ormai degradata, sminuita e ridicolizzata, di una società prosaica e decadente.
E probabilmente la “ferita” di cui parla Sabbagh altro non è che il segno, potente, del potere salvifico della bellezza. Uno scossone da questo torpore, una lacerazione, un atto vivifico, “qualcosa che ti fa sentire vivo e non vuol dire sentirsi bene, perché si può stare anche male a volte di fronte alla bellezza”. Come una feritoia che similmente a quanto accadeva per i tagli sulle tele di Lucio Fontana si affaccia sull'infinito e sull'eterno, sull'assoluto, sul mistero, sul divino, a prescindere dalla fede o meno dell'artista. Una voce che grida rivolta a un’umanità dimentica di se stessa, della sua bellezza, delle sue urgenze, dei propri vizi e virtù. Una ricerca della verità, dell’armonia racchiusa, anzi celata, nell’imperfezione, nell’indagine su un’oscura bellezza omni-comprensiva che riesca a sintetizzare sacro e profano, morale e immorale.
“La bellezza salverà il mondo” diceva Dostoevskij attraverso il suo principe Mishkin.
Sicuramente il mondo non può essere salvato da un ideale, perché qualunque ideale trasportato nella realtà è destinato a spirare nel caos. Allora non rimane che salvarsi da soli o da soli soccombere, ma lasciamo almeno che la Bellezza sia la nostra consolazione, il senso ultimo di tutto, anche dei lividi e delle cicatrici che pagheremo. Perché, quale che sia l’ipotesi di finale possibile, “da queste profonde ferite usciranno farfalle libere”. Libere finalmente.
__
Durata della mostra:
dal 9 al 13 Giugno
Orari:
L M M : h. 17,30 – 19,30 oppure vedi Eventi TAG
Giorno di Chiusura: Domenica
09
giugno 2018
La Bellezza Ferisce
Dal 09 al 13 giugno 2018
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
TEVERE ART GALLERY
Roma, Via Di Santa Passera, 25, (Roma)
Roma, Via Di Santa Passera, 25, (Roma)
Orario di apertura
L M M : h. 17,30 – 19,30 oppure vedi Eventi TAG
Giorno di Chiusura: Domenica
Vernissage
9 Giugno 2018, h. 19.30
Autore
Curatore